V Video

R Recensione

6,5/10

Giraffe Tongue Orchestra

Broken Lines

Quante forme può prendere, oggi, un disco rock? La risposta più semplice – ma non semplicistica – sarebbe: tutte quelle che i suoi artefici vogliono prenda. Tutto formalmente ineccepibile, se non fosse che, nell’era mediatica del rinascimento black e del poptimism, continuare a credere nella forza comunicativa del genere (quale genere, poi?) sta diventando arduo. Ebbene, per chi ritiene che, con l’esaurirsi della stagione delle sperimentazioni e dei crossover selvaggi, sia venuta meno ogni possibilità di dire ancora qualcosa di interessante in ambito rock, è giunto il momento di prendere un lungo respiro e drizzare le antenne. Il nome da appuntarsi sul celeberrimo taccuino è quello dei Giraffe Tongue Orchestra. Non una new sensation sorta sul passaparola di quelli che ne sanno, ma un’accolita di vecchie volpi riunite per il bene della causa: Ben Weinman (Dillinger Escape Plan) e Brent Hinds (Mastodon) alle chitarre, Pete Griffin (Dethclok, Zappa Plays Zappa) al basso, Thomas Pridgen (ex Mars Volta) dietro alle pelli e, dulcis in fundo, la voce caratteristica di William DuVall (anima, non particolarmente appariscente, degli Alice In Chains 2.0).

Quello che, sulla carta, si subodora essere il solito guazzabuglio senza capo né coda, nella pratica si struttura come un dinamico laboratorio di codifica e rielaborazione, una catena di montaggio ipercinetica. Sono dieci, le canzoni di “Broken Lines” (lavoro assemblato a singhiozzo lungo quattro anni), ma se ne percepiscono ben di più: merito di una scrittura densa, anarcoide, spesso imprevedibile ed in ogni caso attenta al dettaglio. Se per neoprog intendiamo, tra le altre cose, una certa tendenza contemporanea a costruire organismi complessi servendosi di basilari unità autosufficienti sempre diverse fra loro, “Broken Lines” può essere addirittura considerato un disco neoprog (pur con tutti i limiti di una definizione fuorviante). “Fragments & Ashes”, nel suo volteggiare tra mioclonie prog-core, spianate post-grunge e conclusioni romantiche, brucia di un inestinguibile fuoco marsvoltiano: “Thieves And Whores” è un maestoso paso doble contaminato da percolati elettronici; la title track conclusiva trasporta “Crack The Skye” nell’iperuranio dell’opera rock. Ogni pezzo, tuttavia (con l’eccezione della classicissima ballata “All We Have Is Now”, un po’ ridondante), si lascia facilmente scomporre in più strati. Basti prendere la struttura di una tirata hard rock apparentemente semplice quale “Crucifixion”: strofe in 7/8 grondanti umori soul, fiammate Faith No More in retroguardia e un inusitato, onirico rallentamento centrale quasi buckleyiano (prova maiuscola di tutta la band, DuVall in testa). Ancora, di “Adapt Or Die” si apprezza il leggero, straniante scollamento armonico tra linee vocali e strumentali del chorus: “Blood Moon” e “Everyone Gets Everything They Really Want”, poi, sono i funk velenosi carichi di groove assassino, con il secondo che si regala addirittura un breakdown su Hammond.

Profetico che un gruppo come Giraffe Tongue Orchestra si erga all’orizzonte alla vigilia della dipartita di Chris Cornell: come a rimarcare che nulla davvero nasce e muore, ma tutto si trasforma. “Broken Lines” è sicuramente un disco demodé, come se ne facevano vent’anni fa, destinato a soccombere sin dalla sua genesi (e difatti, nemmeno a farlo apposta, ha riscosso un successo di pubblico ben inferiore a quello che avrebbe dovuto preventivare la somma delle parti): eppure il fascino di certe trame rimane, aldilà della loro usura, innegabile. Aspettiamo il seguito.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.