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R Recensione

7/10

Jane's Addiction

Strays

Breve ma intensa l’epopea dei Jane’s Addiction: una cosettina a base di spogliarelliste, eroina, furia tribale e mistica incontrollata per la mistura rock più sofistica e pericolosa in circolazione a fine anni 80. Scioltisi acrimoniosamente nel 1991 al termine del trionfale Lollapalooza e dopo aver spianato la strada ai Nirvana e alla “alternative nation”, per i gloriosi membri dei Jane’s Addiction gli anni 90 passarono tra luci e ombre.

Perry Farrell e Stephen Perkins nei Porno for Pyros oscillarono tra un debutto zoppicante e un secondo album di rock esotico (il magnifico “Good God’s Urge” ) incompreso e fuori da ogni moda, che li spinse verso un inesorabile oblio. Dave Navarro, dopo l’abbacinante delirio psichedelico dei Deconstruction, lasciò il sodale Eric Avery per restare al centro dei riflettori unendosi ai Red Hot Chili Peppers per il controverso “One hot minute”: di fatto facendosi sfruttare da Kiedis e Flea, ai quali all’epoca serviva un chitarrista di grana grossa per cavalcare l’onda grunge-crossover dilagante su MTV.

Navarro fece in quell’album un lavoro splendido, che però mal si amalgamava con la crescente omologazione e perdita di freschezza dei Peperoncini,che lo avrebbero scaricato di lì a breve per sancire col ritorno di Frusciante la definitiva deriva mainstream della band di “Blood Sugar sex Magik”. Fedeli al motto “L’unione fa la forza”, Navarro e Farrell iniziarono prudentemente a rimettere insieme i cocci del vizio di Jane con la prima reunion live del 1997: tutti i membri originari tranne Eric Avery, il quale non volle rovinare il lascito di Jane con la solita reunion di vecchie glorie.

Dopo che Navarro e Farrell pubblicarono nell’indifferenza generale i rispettivi debutti solisti nel 2001, i Jane’s Addiction entrarono in studio col leggendario produttore Bob Ezrin e con l’ex bassista di Rob Zombie Chris Chaney in formazione. “Strays” arriva nei negozi nel luglio 2003, segue un Tour ma una rondine non fa primavera notoriamente e pochi mesi dopo gli ego di Navarro e Farrell sono già ai ferri corti e le catene di Jane si spezzano per la seconda ( e definitiva, anche se mai dire mai) separazione. Benché non sia chiaramente accostabile ai capolavori “Nothing’s shocking” e “Ritual de lo habitual”, pena il delitto di lesa maiestatits, riascoltato oggi “Strays” rimane un album tosto, lungi dall’essere quel lavoro scialbo e stantio di cui riferirono recensioni troppo frettolosamente redatte.

Purtroppo si nota l’assenza di Eric Avery e dei suoi ipnotici giri di basso à la Peter Hook, l’anima wave dei primi Jane’s: Chaney si limita a fornire banali scansioni ritmiche di matrice crossover cui manca il quid dato precedentemente da Avery. I primi due brani in scaletta sono “True Nature” e “Strays”, due anfetaminiche cavalcate che consegnano una sintesi impeccabile del rock articolato e complesso dei nostri, con Farrell che salmodia da par suo e Navarro che alterna riff, bridge e assoli vertiginosi con quel suo inimitabile stile da Hendrix imbottito di anabolizzanti targati Cure.

Ancora più devastante è “Hypersonic”, in cui Farrell declama un promettente “You thought we were fast before, but we are going faster, fasteeerrr”, e dietro le pelli Perkins scandisce i giri di un motore truccato come ai vecchi tempi nelle polverose strade californiane, per poi refrigerarsi con le squisite armonie estive di una “The Riches” dal sapore quasi Pixies. Non tutto l’album è a questi livelli purtroppo, ma l’ascolto rimane esperienza godibilissima nel proprio autocitazionismo: il singolone “ Just Because” e “Suffer some” sono i classici assalti p- funk alla “Ocean size” mentre le fluttuazioni hard-lisergiche di “Price I pay” si snodano sui lussureggianti declivi di Malibu, con Farrell a piedi nudi che sorseggia un bicchiere di vino.

Lodevole è poi il tentativo della conclusiva “To match the sun” di condensare in 5 minuti l’epica dell’inarrivabile “Three days” . Purtroppo, non è inferiore solo il minutaggio, ma anche l’ispirazione: del resto, ciò lo si intuisce riascoltando il nitore acustico di “Everybody’ s friend”, nemmeno paragonabile alle varie “Jane Says” o “Classic girl”, mentre nelle stentoree “Wrong girl” e “Super hero” il funambolico Navarro per una volta fossilizza il proprio stile anziché farlo vibrare come ai bei tempi.

In fondo, ricordate la chiosa di Perry nell’ultimo pezzo di “Ritual de lo habitual”, mentre Dave gli disegnava un infuocato tramonto californiano attorno? “You know for us, there are the days!”. Appunto.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 10 voti.
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brian 8/10
Dengler 6,5/10

C Commenti

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Alessandro Pascale (ha votato 6 questo disco) alle 19:59 del 7 agosto 2008 ha scritto:

me lo ricordo sto disco quando uscì. Fu anche un pò pompato da mtv. Nel complesso non mi disse molto comunque. Senza esaltare ma nemmeno deprecabile. Sufficienza per il disco ma elogi per un gruppo che comunque resta un piccolo mido.

ThirdEye (ha votato 4 questo disco) alle 1:40 del 8 agosto 2008 ha scritto:

Nulla a che vedere con Nothing's shocking e Ritual de lo habitual

NathanAdler77 (ha votato 5 questo disco) alle 18:01 del 8 febbraio 2011 ha scritto:

Delusione del decennio, la versione "light" e radio-friendly della gloria che fu...Salvo le prime quattro tracce, impari qualsiasi paragone con i pilastri del passato: è come stabilire una discendenza genetica tra Megan Fox e una patata. E la produzione tamarra di Bob Ezrin non aiuta. Speriamo che il prossimo, con David Sitek dei TVOTR al basso (in uscita quest'estate), sia degno di Farrell e soci.