Satellite Party
Ultra Payloaded
Nuovo atto nella saga infinita di figli e figliastri di Jane Tossica, la telenovela più accattivante del rock alternativo da 20 anni a questa parte. Dopo la reunion di qualche anno fa ( conclusa con l’inevitabile scioglimento, ammesso che sia definitivo…), era stato Dave Navarro il primo a mettersi in gioco: cooptando la sezione ritmica dell’ultima incarnazione dei Jane’s Addiction, i suoi Panic Channel non hanno però lasciato traccia più di tanto. Nonostante un discreto album in dispensa, capace di riaffermare le indiscusse doti dell’axe-man in ambito hard, si avvertiva l’assenza di un performer in grado di sprigionare un quid artistico significativo. Tocca adesso a Perry Farrell tornare in pista, col suo progetto Satellite Party.
Il moniker lascia già intuire parecchio sul sound della band: un clima da festa all’alba sulla spiaggia di Malibu, tra attempati reduci di gloriose stagioni in acido, ora propensi ad ammaliarci con le loro “good vibrations”. E Farrell è uno sciamano intimista e sognante, forte di intense ed evocative architetture elettro-acustiche, sprigionate da fantasie e aromi lisergici.
I pezzi migliori sono quelli recanti le stimmate del “vizio di Jane”, inevitabilmente. Se l’ex chitarrista degli ExtremeNuno Bettencourt per buona parte del lavoro scimmiotta Navarro, in alcuni brani è presente il bassista Peter Hook dei New Order, ossia l’ispiratore del membro fondatore dei Jane’s Addiction, Eric Avery. Pezzi come “Wish upon a dog star” e “Kinky” si basano su quell’inconfondibile basso ipnotico e turbinoso, per svilupparsi su lussureggianti clangori della sei corde, il tutto plasmato dalle luciferine grida di Farrell. I Porno For Pyros più pacati e esotici sono invece evocati nelle morbide e visionarie narcosi di “Milky Ave”, o nell’insinuante andamento di “Mr.Sunshine”, mentre il Farrell più rozzo e stradaiolo si esalta negli spasmi mozzafiato di “Insanity rains”.
Troppi déjà vu? Può essere, ma dopo aver ascoltato le scorciatoie peppersiane di “ Hard life easy” ( garantiscono i sempre più imbolsiti Flea e Frusciante in persona), il manierato dub da dancefloor di “The solutionists”, l’involuto pasticcio Morrissey-orchestrale di “Awesome” ( quanta magniloquenza Perry, proprio tu che su “Then she did “ e “Of course” ci avevi commosso senza risultare minimamente barocco…), oppure l’inutile campionamento di Jim Morrison presente nell’insipida “Woman in the window”, non possiamo non pensare che l’apice dell’album sia proprio la title-track. Un onirico passaggio introduttivo, arrangiamenti sofisticati ed echi tzigani squarciati da fiammeggianti partiture chitarristiche à la Navarro, con Farrell che gioca magistralmente coi rimandi armonici del suo inimitabile timbro vocale. Certamente “Three days” i Jane’s Addiction l’hanno già scolpita nella storia, ma almeno con questa composizione potrete far rifiatare la vostra, esausta copia di “Ritual De Lo Habitual”.
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