Dephosphorus
Impossible Orbits
Dura poco più di ventiquattro minuti, il nuovo disco dei Dephosphorus: ventiquattro minuti di furia chirurgica, precisione balistica, fantasia pirotecnica. Nessun effetto speciale, nessun trucco da avanspettacolo: solo sangue, ingiurie e sudore, tutto catturato in tempo reale e fissato, per sempre, in unistantanea di potenza sovrumana. Immaginate i movimenti di Impossible Orbits come piccoli e compatti corpi celesti che ruotano sul loro asse sempre più vorticosamente, fino a sbilanciarsi ed essere risucchiati rovinosamente in uno spazio saturo di scorie metalliche: paralipomeni essenziali in ambo i sensi ai magniloquenti e grandguignoleschi affreschi del precedente Ravenous Solemnity (uno degli squilli più perentori e perforanti dellextreme metal contemporaneo). Né death, né grind, né thrash, né black, né post-core, né psichedelia ipermassiccia (i Dephosphorus come dei Gigan in uno squat sullAcropoli? Possibilissimo), né chissà cosaltro: ogni singolo reagente messo a contatto col vicino e lasciato libero di trasformarsi in una miscela di soverchiante esplosività. Chiamasi, niente più, che coraggio delle proprie idee.
Dura poco più di ventiquattro minuti, il nuovo disco dei Dephosphorus: segno che di tempo da perdere non ce nè e che bisogna arrivare dritti al punto. Oddio, dritti al punto ci si può arrivare anche per vie traverse, a zig zag, di corsa, in uno slancio erculeo: limportante non è il tragitto, ma la meta. Quindi la title track è un lampo grind dai riflessi astrali, come alcuni esercizi degli ultimi, sontuosi Napalm Death: Rational Reappraisal si gioca la carta dello sludge metafisico, prima di prendere velocità in uno stritolante sirtaki danzato a velocità sempre più elevate; The Light Of Ancient Mistakes (ispirata dal romanzo di Iain Banks Look To Windward, nella traduzione italiana Volgi lo sguardo al vento) evoca accecanti bagliori di black sinfonico su tempi dispari, scegliendo poi di ripiegare su un rifferama hc old school di superba fattura. A tal proposito, Impossible Orbits non sarebbe così efficace se, accanto al latrato di Panos Agoros (la voce delloltretomba di un paese lasciato andare allo scatafascio), non ci fossero il gran gusto e labile mano di Thanos Mantas: un chitarrista di assoluta versatilità, capace di accostare Cenotaph e Slayer in Above The Threshold (splendido riff dapertura), di cangiare lacida narrazione cadenzata di Micro-Aeons Of Torment in un mattatoio death-grind, di spremere ogni briciolo di dinamismo dalle sincopi di Αστερόσκονη (Asteroskoni) e di comprimere ogni fibra muscolare nel micidiale montante conclusivo di Blessed In A Hail.
Dura poco più di ventiquattro minuti, il nuovo disco dei Dephosphorus. Ventiquattro minuti che valgono unintera carriera.
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