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R Recensione

9/10

Entombed

Clandestine

Grezzi, barbari, violenti, crudi e sinistri: quale migliore aggettivo per descrivere gli Entombed della prima fase della loro carriera, quella che li ha resi famosi in tutto il mondo grazie al loro death metal scarno e fragoroso? Pochi gruppi, nel loro genere, sono riusciti a dare luce ad una discografia tanto variegata e sempre di alta qualità come la loro, e persino nei periodi "di transizione" (dove, in genere, la qualità compositiva tende a calare in mancanza di una strada musicale ben definita), il gruppo svedese è sempre riuscito a regalarci pezzi di ottima qualità. Dischi come "Same Difference" ne sono un perfetto esempio: pur non essendo l'album maggiormente apprezzato dai fans e uno dei loro più sperimentali della loro carriera, conteneva brani davvero notevoli e degni del loro nome.

Ma torniamo al primo periodo degli Entombed. Se il primo "Left Hand Path" (1990) non aveva una produzione all'altezza e mostrava una strumentazione piuttosto grezza ed il terzo "Wolverine Blues" (1993) rallentava un po' i ritmi mostrando l'influenza di mostri sacri quali i Black Sabbath, il qui recensito "Clandestine" (rilasciato nel 1991, nonchè il secondo album della loro carriera) si presenta come il disco più equilibrato e maturo del trittico, perfetto compendio delle loro molteplici influenze ed anche il loro picco compositivo.

In questo secondo episodio della band di Stoccolma troviamo tutti gli elementi che hanno fatto la loro fortuna: il loro thrash/death è abrasivo, barbaro, quasi come se i musicisti stessero suonando con delle motoseghe anzichè con delle chitarre elettriche. E nonostante la violenza del loro suono, che è impressionante ancora oggi, le composizioni si basano sempre su una linea melodica ben definita, al contrario dei gruppi brutal americani che tendono a sacrificare la melodia a favore di un maggiore apporto di tecnicismi, spesso eccessivi e fini a se stessi. E a proposito di tecnicismi: benchè si tratti di un disco death metal, "Clandestine" non presenta particolari virtuosismi nè i passaggi articolatissimi e slegati tipici della scuola americana; al contrario, i brani sono piuttosto diretti e lineari, benchè i costrutti ritmici e chitarristici siano tutt'altro che banali, anzi, dimostrano tutta la maestria dei nostri nel creare pezzi da 4-5 minuti mantenendo la tensione sempre a livelli elevati senza strafare. In ogni caso, l'album viaggia su ritmiche piuttosto veloci ed adrenaliniche, come dimostrano l'opener "Living Dead", "Chaos Breed" e "Severe Burns", ma non mancano mid-tempos groovy ed incalzanti come "Sinners Bleed" o "Evelyn".

Notevole anche "Crawl", una cavalcata heavy metal di 6 minuti, epica ed orrorifica al tempo stesso. Per darvi un'idea, immaginate gli Iron Maiden che tutt'a un tratto si mettono a suonare death metal. La conclusiva "Through the Collonades" risente di echi gothic, grazie ad un'introduzione adatta per un film horror vampiresco (sembra quasi di sentire i Cradle of Filth dei tempi migliori) e alle accelerazioni quasi black metal che fanno capolino in qua e là.

Il growl non è cupo, profondo e catacombale come nella corrente americana, ma è possente e dai toni alti, il che dona quel tocco di originalità che in un genere tanto rigido e codificato come il death metal è davvero difficile trovare.

Menzione a parte per i testi, volti a trattare temi piuttosto consueti nel genere quali l'occulto, la morte e la religione.

Ad ogni modo, "Clandestine" è una vera pietra miliare del metal degli anni '90, un disco che ha posto le basi dell'odierno death melodico svedese, ma la sua influenza si è estesa anche più in là, fino a toccare certe branchie dell'heavy metal più estremo ed esasperato, come il grind-core (sentite gruppi come Nasum o i più recenti Trap Them e ditemi se non riconoscete passaggi degni di "Clandestine"). Un album che suona potente, fresco ed attuale a distanza di 20 anni dalla sua pubblicazione, ponendo degli standards qualitativi difficilmente raggiungibili per le altezzose nuove leve della nostra decade.

In una parola: storico. Imperdibile per ogni amante del genere.

V Voti

Voto degli utenti: 8,4/10 in media su 7 voti.
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Lelling 8,5/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 17:22 del 19 luglio 2010 ha scritto:

Preferisco "Wolverine Blues", ma anche questo è uno dei pesi massimi del genere...

ProgHardHeavy (ha votato 8,5 questo disco) alle 22:47 del 9 settembre 2014 ha scritto:

Se confrontato con il precedente "Left Hand Path", uno dei migliori dischi metal, e a mio parere che può bene entrare tra i 50 migliori album di sempre, scompare. Ma resta un gran bell'album, con un paglio di difetti qua e la ma non troppo pesanti.

Paolo Nuzzi (ha votato 9,5 questo disco) alle 12:14 del 4 dicembre 2014 ha scritto:

Favoloso. Gli preferisco di un pelo "Left Hand Path", ma di un pelo. Gruppo immenso. E tu sei uno dei miei recensori preferiti, insieme a Buffoli. Jazz e Metal, miei amori fondamentali ed importantissimi. Grazie per aver recensito questo disco