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R Recensione

9/10

Minsk

The Ritual Fires Of Abandonment

C’è poco da obiettare sul fatto che l’attuale scena metal sia una delle più fresche, varie ed interessanti del panorama musicale odierno: basta pensare a realtà come Neurosis, Isis, Cult Of Luna (che l’anno scorso hanno pubblicato il bellissimo “Somewhere Along The Highway”), alfieri del cosiddetto post-core, che altro non è che un doom metal psichedelico che spesso presenta tinte post-rock o addirittura “cosmic” (come nel caso degli Electric Wizard o dei Rosetta).

Per chi segue questo filone i Minsk sono un passaggio obbligatorio: li avevamo lasciati nel 2005 con il sorprendente “Out Of A Center Which Is Neither Dead Nor Alive”, un mattone cosmic-doom dalle forti influenze noise: un album che, pur prendendo spunto dai maestri sopraccitati del genere, riusciva ad essere assolutamente personale e di spessore. Con “The Ritual Fires Of Abandonment”, lavoro uscito a febbraio di quest’anno, i Minsk confermano quanto di buono dimostrato in precedenza, e lo fanno con un album eccezionale acclamato da critica e pubblico e che ha attirato persino l’attenzione di chi non è avvezzo a questo tipo di sonorità.

The Ritual Fires Of Abandonment” è un viaggio di 59 minuti suddivisi in 6 lunghissime tracce che raggiungono vertici di 14-15 minuti, un mondo sonoro in continuo mutamento, un vero e proprio squarcio in una dimensione parallela ed oscura, che va esplorata lentamente e con calma. Il gruppo riprende il discorso da dove si era interrotto con il precedente disco: un ibrido tra progressive metal e psychedelic doom contornato da un’atmosfera dark e sepolcrale; un incrocio tra Neurosis, i Tool del periodo “Ænima”, gli Isis e le atmosfere nebbiose e notturne dei Cure. Il suono è levigato e perfezionato rispetto al passato: vengono ridotte le radiazioni noise, accentuate le percussioni tribali e le aperture ambientali, in modo da creare un perfetto equilibrio tra parti aggressive e parti relativamente quiete.

L’iniziale “Embers” è esplicativa a tal proposito, con il suo inizio affidato ad una progressione tribale ed esoterica (che ricorda molto l’intro di “Through Silver In Blood” dei Neurosis senza tuttavia cadere nel plagio), in un crescendo continuo d’intensità fino ad esplodere in un susseguirsi di riff aggressivi e pesanti che si sciolgono in un finale evocativo e desolante, accompagnato dalle malinconiche note di pianoforte che fanno da preludio ad “Embers”, uno dei brani più corti (5 minuti e mezzo) e forse il più aggressivo del lotto, con le chitarre poste in primo piano, dove distinta è l’influenza che i Tool hanno avuto sui nostri. “Mescaline Sunrise” (gran bel titolo) è un intermezzo ambient sperimentale, ipnotico e suggestivo, da trance ultraterrena, che lascio spazio a quello che secondo me è il miglior brano del disco: “The Orphans Of Piety”. La struttura è simile al brano d’inizio “Embers”, con una maggiore presenza di riffs dissonanti che non la rendono assimilabile ad un primo ascolto, ma che una volta entrati in circolo non si scordano più per la loro intensità ed espressività. Le note di sax poste verso la chiusura del pezzo lo rendono ancora più atmosferico di quanto già non lo sia: una canzone da paesaggio lunare, un pianeta ancora incontaminato.

E dopo “Circle Of Ashes”, altro intermezzo di distorsioni stordenti, arriva il brano conclusivo, la summa dell’LP intero, “Ceremony Ek Stasis”, che con i suoi influssi elettronici e le sue esplosioni di riff catartici ed incontrollati mantiene la tensione alta per tutti i suoi 15 minuti di durata.

Siamo di fronte ad un lavoro di grande qualità, prodotto in maniera perfetta, ricchissimo di sfumature e particolari che si scoprono solo con il proseguire degli ascolti. Una volta inserito nel lettore, difficilmente lo toglierete via. Se volete scoprire cosa c’è oltre ai Tool nel panorama alternative metal (che dopo “10,000 Days” hanno perso la stima di molti loro fan, oltre ad aver perseverato nella commercializzazione del loro sound), questo disco è per voi.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Marco_Biasio alle 16:08 del 7 giugno 2009 ha scritto:

Ho dato un ascolto al nuovo disco, e posso dire che è una grandissima cosa. Ma proprio grande grande. Era dal gennaio scorso, quando ho ascoltato "Transmutations" degli Yakuza, che un disco metal non mi colpiva così (e, d'accordo, in mezzo ci sta anche "Crack The Skye" dei Mastodon, ma in un'altra veste). Sarebbe bello che spendessi due parole, Mattia.

Nucifeno, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 23:14 del 10 giugno 2009 ha scritto:

RE:

Sì ho letto che è uscito il nuovo, vedrò di dargli un ascolto al più presto