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R Recensione

8/10

Fine Before You Came

Ormai

Per parlare di Ormai i nostri redattori Alessandro Pascale e Daniele Mengoli hanno deciso di aiutarsi nel chiarirsi le idee sull'atteso quinto disco dei Fine Before You Came.

A.P. - Per Sfortuna mi ero sbilanciato abbastanza definendo i FBYC “la rivelazione dell'anno”. Posso subito dire che Ormai non mi trasmette le stesse emozioni? Mi spiego meglio: le canzoni ci sono, l'energia è la stessa, lo stile anche. In generale però forse il gruppo si è un po' adagiato sulla formula vincente, non osando avventurarsi “oltre” come aveva invece fatto proficuamente con Sfortuna. Che dici Daniele?

 D.M. - L’impatto è senza dubbio spiazzante, sono d’accordo (o in disaccordo?) con te. Sfortuna possedeva un core più hard-screamo, Ormai resta più puramente emo. Si tratta oltretutto di un emo biascicato, sporco di polvere, non di fango. Se la ribellione privata di Sfortuna si incendiava di rabbia, qui resta sopita in uno stato di catatonico smarrimento appena accennato: senza vie di fuga, per questo più doloroso. D’altronde è sin dal titolo che si percepisce quel senso di ineluttabilità tipico dell’età adulta: è come se dal precedente lavoro fossero trascorsi decenni, non due anni soltanto. In Sfortuna la gola sanguinava urlando “tu di verde vestita sei altrove” o “vorrei che tu tornassi a casa per cena”, oggi quell'altrove non esiste più, e ormai quella cena è stata già consumata centinaia di volte. Se lei è andata via, stavolta pare sia per sempre. Ecco, tutto questo per risponderti che, si, le canzoni ci sono, ma l’energia non mi sembra la stessa, e nemmeno lo stile. Anche la voce di Lietti l’ho trovata irriconoscibile. Se questo è un male? Per me non necessariamente: una svolta che non avrà conservato il furore dei pugni in pieno volto di Sfortuna, ma che continua a graffiarmi subdolamente, come il margine affilato di una pagina tra le dita. Una svolta, appunto, che in quanto tale trovo quantomeno interessante. A quanto mi pare di capire, tu hai invece recepito una continuità ammorbidita, un prodotto senza sapore coltivato in solchi già abbondantemente sfruttati: è così?

 A.P. - A me sembra che il problema principale sia proprio a livello stilistico. Come dici te, Sfortuna era molto più eterogeneo musicalmente, c'erano solide strutture math-core, sfuriate noise e squarci di post-rock alternati in una formula vincente. C'era insomma molta più varietà stilistica al servizio di un rinnovamento dell'emo-core. Questo permetteva anche a Lietti di osare soluzioni vocali molto più variegate, interessanti e, soprattutto, in grado di colpire al cuore. 

Ormai mi sembra ancorato ad una formula molto più standardizzata: intreccio di chitarre in lento crescendo e chiusura in accelerazione. Capire Settembre ne è l'esempio perfetto. Il che non è un male, intendiamoci, perché i sette brani sono tutti solidi e godibili. Soltanto che siamo passati da un livello di genialità ad uno di ottima qualità, ecco. Qualche sprazzo di furore musicale sopravvive invece nei finali di Paese e Per non essere pipistrelli, con dei cambi di ritmo finalmente incisivi e inaspettati. Non credo che questo "appiattimento" (ci tengo a sottolineare le virgolette) sia dovuto tanto al cambio di prospettiva testuale ed emozionale, che pure è presente e che hai messo benissimo in evidenza. Credo più probabile che si tratti semplicemente di un leggero calo di tensione creativa. D'altronde non è che si può ripetere tutti i giorni la perfezione di Sfortuna... 

Una cosa però bisogna sottolinearla: i testi rimangono fenomenali. È incredibile la capacità di condensare immagini con una tale forza emotiva in poche righe. Prendi Sasso (tra l'altro a mio parere il brano migliore del disco): "e non son più sicuro che sia li la soluzione / ma che si trovi in fondo al mare / come le canzoni tristi quando fuori piove / come i pugni chiusi in tasca sui binari vuoti". Incredibile...

 D.M. - Liriche fenomenali, si, grazie per averlo sottolineato. La scrittura di Lietti mi emoziona come poche, e non so se sia per i sentimenti forti che mi legano a questa band, o semplicemente per gli stati d’animo che vivifica miracolosamente. Nessun’acrobazia linguistica, nessuno sproloquiare anthemico, né velleità poetiche o declamazioni da piedistallo (a buon intenditor…): il racconto di un amico può commuoverti senza colpi di scena, sfiorandoti il cuore; il grido di dolore di un fratello ti dilania le viscere come e più di una lama nel petto. E non esiste – almeno tu credi non esista – al mondo empatia più intensa di quella.

Tutto questo per dire che si, era impossibile aspettarsi una replica di Sfortuna, ma pure aspettarsi qualcosa di molto diverso da quanto è stato fatto: istantanee di momenti catturate da una polaroid, e immortalate così, come nella realtà dei fatti. Capire Settembre la detesto, il che è un bene, le curve cieche di Per Non Esser Pipistrelli mi intimoriscono e mi disturbano, Magone è così brutta da ricordarla bella, Dublino e La Domenica c’è il Mercato, subdolamente poste alla fine e all’inizio del disco, mi fanno accapponare la pelle, e non di freddo, perché un po’ parlano di me, Paese l’ho ascoltata per la prima volta in cuffia camminando sotto la neve, sobbalzando su quel “dimmi qualcosa che mi scaldi”, e scaldandomi per davvero.

Uso un tono troppo colloquiale per una recensione, vero? È per questo che lascerei a te l’ingrato compito di trarre una conclusione giornalistica degna, questa volta io non potrei farcela. Un’ultima cosa mi premeva aggiungere: il buon Pilipella alla fine ha imparato a suonare la batteria. Un talento vero, sbocciato in ritardo, adesso che “ormai il tempo non c’è più”.

 A. P. - Bravissimo Pilipella e tutta la sezione ritmica. La conclusione che mi sento di trarre sia per loro che complessivamente per Ormai è che siamo di fronte ad un impatto (emozionale e musicale) assai notevole, dalle dimensioni massicce, corpose, a tratti monumentali. Il disco è, rispetto al precedente, meno vario e brillante a livello stilistico, ma in grado forse di colpire ancora meglio nello stomaco. Inoltre ha il vantaggio di crescere enormemente con gli ascolti, tanto da creare quasi una dipendenza fisica. Insomma direi che tutto sommato non ci si può proprio lamentare, anzi... In questo fottuto inverno pieno di neve e Monti è una delle poche cose che riesca a scaldare davvero.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 4 voti.
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Cas 7/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 12:02 del 16 febbraio 2012 ha scritto:

La recensione è veramente bella! Bravi ragazzi, mi è piaciuta e piaciuta molto. Con il gruppo ho il canonico problema che si ripresenta, ciclicamente, ad ogni uscita emo. Ossia, buono l'apparato strumentale, a tratti ottimo ("Magone" e "Paese" su tutte), ma i nodi vengono al pettine con un aspetto che qui, al contrario, viene molto decantato: i testi. Non entreranno nella mia sensibilità o non saranno strutturati, diciamo così, nella maniera in cui vorrei fossero, ma a tratti ("Per non essere pipistrelli" su tutte) mi sembrano davvero pensierini da Comix delle medie appiccicati su di una base Sunny Day Real Estate anni '90. La voce di Lietti poi non mi è mai piaciuta, con quella vena di "patetismo" (lo metto tra virgolette, per capirci meglio) che toglie - a mio giudizio - tantissimo dinamismo ai brani. Fosse stato un disco strumentale il mio voto si sarebbe alzato di una stella e anche qualcosa di più, forse. Così, invece, rimangono un gruppetto da cantina, lontano anni luce dal tecnico divertimento provinciale dei Gazebo Penguins. Senza offesa per nessuno, sia chiaro... Lodevole l'iniziativa, a margine, di rendere disponibili i propri dischi in free download sul web, considerato anche che loro sono in giro da una decina d'anni e più, ormai.

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 12:00 del 18 febbraio 2012 ha scritto:

personalmente non ho recepito tutte queste divergenze stilistiche rispetto allo scorso lavoro. credo piuttosto che questa volta ci sia stata una maggiore consapevolezza nella creazione dei pezzi capace di rendere tutto più omogeneo. vista la fortuna si sfortuna (eheh) non restava che continuare sulla stessa strada. e così si è fatto, con risultati buoni. ci sono i pezzoni (sasso, magone, capire settembre), c'è la giusta dose "-core" (che sia hard o emo), c'è una minore qualità della produzione, forse. però siam lì. insomma, bel disco, a tratti commovente, conferma di una bella realtà italiana che non vedo l'ora di godermi live

bargeld, autore, alle 20:21 del 8 marzo 2012 ha scritto:

Non so se l'avete visto, qui c'è il video di Capire Settembre, una genialata che non so come altro definire: Che grandi!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 17:15 del 21 marzo 2012 ha scritto:

ormai è rituale: "sasso", "dublino" o "capire settembre" almeno una volta al giorno. fantastici i fine before you came: l'impatto coi testi è stato, per me, intenso e straniante, anche da ristrutturazione mentale ("sasso", in resa nitida in un solo colpo); a livello musicale, i pezzi sono sempre tiratissimi e emotivamente laceranti - anche nella loro 'semplicità': qui ne esce (ancora una volta) un ottimo mix (anche se, è vero, la produzione pare più frettolosa). conversazione a due puntualissima, la vostra; al disco, 7,5