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R Recensione

10/10

Cephalic Carnage

Lucid Interval

I Cephalic Carnage si sono guadagnati un posto d’onore tra le realtà estreme del nuovo millennio grazie a dischi come “Conforming To Abnormality” ed “Exploiting Dysfunction”, presentando un’interessante commistione di death metal e grindcore, arricchita sovente da inserimenti jazz fusion e riff dissonanti. Non è certamente un caso che il gruppo, formatosi nel 1992 a Denver, Colorado, sia stato messo sotto contratto dalla Relapse Records, che in questi ultimi anni sta sfornando, una dopo l’altra, band di assoluto valore.

Lucid Interval” è il loro terzo album, uscito nel 2002, ed è il disco della loro definitiva consacrazione, dove il gruppo raggiunge il punto massimo di delirio a livello musicale –c’è forse di mezzo qualche “piantina” di troppo? –. Un disco distante sia dal sound massiccio e compatto, tipico del disco d’esordio, sia dalle sonorità psichedeliche e allucinanti del successivo “Exploiting Dysfunction”: lo si può considerare come l’episodio più orientato sul metal, complice anche una produzione notevolmente più nitida e pulita rispetto al passato, con una nuova e maggiore attenzione al rilievo delle chitarre. Dal punto di vista compositivo, i Cephalic Carnage danno sfogo alla loro “valvola” sludge, estremamente cadenzata, che già faceva capolino sul disco precedente. I ritmi, diventando più pesanti e limacciosi, soffocano con decisione le sconnesse dissonanze free jazz.

Dopo un’intro dal nome latineggiante come “Scolopendra Cingolata”, si viene travolti dall’uragano sonoro di “Fortuitous Oddity”, 44 secondi di grindcore violento e seminale. Salvo poi trovarci di fronte al primo vero e proprio brano, “Anthro-Emesis”, un’intensa sequenza, di oltre sei minuti, che si snoda in un territorio di doom metal, misto a segmenti death, scandito vigorosamente da improvvisi e repentini blastbeats. Tutto il disco si sviluppa seguendo questo esempio: pezzi lenti e rilassanti si alternano ad improvvise accelerazioni, tra canzoni di 5-6 minuti e semplici composizioni in blastbeat oscillanti fra i quaranta e i cinquanta secondi (a parte “Friend Of Mine” che ne dura sette). Come avrete inteso, l’imprevedibilità è l’arma migliore del gruppo: pensate semplicemente ad un brano come “Pseudo” (la quinta traccia) che, in pochi istanti, riesce a passare da una sezione schizofrenica di soli assoli, quasi senza senso, ad uno screaming ferocissimo e lacerante, amplificato enormemente da una serie di drumming velocissimi, ad un’atmosfera psichedelica ed astratta, un trip allucinante che, senza preavviso, esplode in un muro di potentissimo noise, per poi concludere con riff dissonanti. Se non vi basta, i Cephalic Carnage vi propongono un amalgama di doom e black metal: è come se gli Immortal ed i Black Sabbath venissero messi dentro un frullatore per far uscire un frappè sonoro che risponde al nome di “Black Metal Sabbath”. Non siete ancora soddisfatti? C’è l’ottima title-track, con il suo incedere psicotico e strampalato, oppure “Cannabism” (titolo geniale), quarantacinque secondi di chitarra acustica con un tizio che canta della sua dipendenza dal fumo per concludere con una voce da chimpmuks.

Chicca dell’album è la bonus track inserita in fondo all’ultima traccia, “Arsonist Saviour”, brano jazz-fusion che farà felici gli amanti della musica più tecnica e di difficile assimilazione.

In conclusione “Lucid Interval” non è un album per tutti, che si assimila dopo ripetuti ascolti e dopo aver compreso l’enorme fondo di ironia che lo pervade sia nella musica che nei testi, che vanno dai falsi valori su cui è costruita la società (“Pseudo”) alle bizzarre tradizioni degli antichi (“Anthro-Emesis”) fino al tema tanto caro al gruppo, quello dell’erba (“Cannabism”, “Lucid Interval”) che, sia ben chiaro, non è l’erba del giardino. Chi ama le sonorità più estreme e la fusion troverà sicuramente pane per i suoi denti, per tutti gli altri c’è sempre Adriano Celentano che canta “Io non so parlar d’amore”…

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Voto degli utenti: 3/10 in media su 1 voto.
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REBBY 3/10

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