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R Recensione

4,5/10

Gridlink

Longhena

Nonostante tutto, ai Dying Fetus dei bei tempi – quelli andati – di scherzare non andava poi molto. Erano seri, un gruppo terribilmente serio, e ne avevano ben donde. Non è da tutti essersi costruiti una buona credibilità oggettiva, fieramente e squisitamente artistica, a dispetto di un nome dall’effetto scenico tranchant come pochi(ssimi): di questo, oltre i gusti personali, ne va dato merito. Volete dunque che ridano i Gridlink?, che si pieghino alla volgare offesa del disarmo sardonico e dell’ironia loro, figli del grind oltranzista, del cerebral-core, della narrazione sconnessa ed astratta, alfieri di un extreme che transustanzia la rivoluzione in un pranzo di gala? No, di certo. Ed avrebbero fatto meglio, invece, a sdrammatizzare: a non caricare di dietrologie e quadruple letture un disco destinato a rimanere ultimo pilastro di una carriera breve ma intensa (il quintetto, capitanato da ex Discordance Axis e Hayaino Daisuki, ha annunciato lo scioglimento al termine delle sessioni di registrazione), a rallentare il flusso dei pensieri e delle note, ad ascoltare invece di essere ascoltati.

È, invece, andata diversamente. “Longhena” suona con il fremito e l’agitazione di una preda braccata da una muta di cani, gettandosi a rotta di collo in un cul de sac sonico, un vicolo cieco che la belluina devastazione dell’atto fisico non serve a divaricare. Dovendo giudicare i grotteschi archi sintetici all’interno dei quali fanno capolino i banali arpeggi crepuscolari di “Thirst Watcher” è, peraltro, meglio così. Le sciabolate apocalittiche di “Island Sun” – Ulcerate meet Pig Destroyer, con una malsana aria di digitalizzazione strumentale – e le storture Converge di “Constant Autumn” (tutta roba già strasentita) si iterano, a variazione minima, anche nel sudore acido – e triggerato – che imperla la fronte di “Taibas”, nel martellante e stucchevole neoclassicismo che fa capolino in “Ketsui” e “Stay Without Me”, sbattendo pesantemente i piedi nell’onanistica “Look To Windward”, nelle progressioni (dis)armoniche di “The Dodonpachi”, nei Dillinger Escape Plan riusciti male di “Wartime Exception Law 205”, in una title-track del tutto sconclusionata.

La stroncatura è netta, ma così austeri, forse, i Gridlink non lo sono: che bella spiritosata, duplicare il disco in versione karaoke! …perché si tratta di una spiritosata, giusto…? 

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