Today Is The Day
Sadness Will Prevail
Siamo di fronte ad una delle band underground più influenti e, ingiustamente, più sottovalutate degli anni 90: i Today Is The Day. Formatosi a Nashville, Tennessee, nel lontano 1991, il gruppo diede vita ad uninteressante e spaventosa commistione di death metal, hardcore, math core e sfumature industriali, influenzando in sordina decine e decine di gruppi post hardcore a venire. Solitamente vengono considerati i precursori del genere assieme ai Neurosis ma, mentre questi ultimi sono influenzati prevalentemente dal doom ed hanno unattitudine più sofferta e malinconica, i Today Is The Day giocano un po il ruolo del fratello indemoniato, psicopatico e, in un certo senso, sudicio.
Dopo tre lavori pubblicati per lAmphetamine Reptile (Supernova, Willpower e il disco omonimo), i nostri approdarono su Relapse nel 1997 con Temple Of The Morning Star considerato da molti il loro picco e lanno successivo In The Eyes Of God, dove i nostri decisero di sperimentare, introducendo, nei loro brani, elementi grindcore. Dopo 4 anni di inattività, i nostri ritornarono nel settembre 2002, pubblicando Sadness Will Prevail, sicuramente il lavoro più contorto, ambizioso e pesante della loro intera discografia. Il lavoro si presenta come un vero e proprio monolite sonoro: suddiviso in 2 cd della durata di oltre 70 minuti ciascuno, esso consta di 30 tracce al limite dellaccettabile, 30 schegge sonore che sinfilano nel cervello dellascoltatore, danneggiandolo violentemente. La prima cosa, che subito salta alle orecchie, è la voce di Steve Austin: il suo è uno screaming perforante ed acuto, come un alieno urlante, che in tracce come Criminal è davvero capace di far rabbrividire.
La produzione è, rispetto al passato, più lo-fi, fischiante e soffocante, e contribuisce a dare un senso di paranoica claustrofobia a tutto il lavoro intero, in linea con il suono metallico ed aspro delle chitarre. Il disco si rivela essere, musicalmente parlando, molto vario: stilisticamente, lo si potrebbe considerare come un riassunto di tutte le sperimentazioni passate del gruppo.
Si va dallo sludge metal, molto cadenzato, dellopener Maggots And Riots, alle sfuriate grind schizofreniche della già citata Criminal e di Crooked, dalle distorsioni noise di The Descent allandatura quasi progressive di Invincible, per finire col doom ritmato e acido della title track, contenuta nella prima parte dellopera. Parecchie sono le tracce strumentali: basti pensare a Control The Media, Unearthed (uno dei migliori pezzi dellintero lavoro) o alla mastodontica Never Answer The Phone, una suite di ben 23 minuti che, ripetendo spesso gli stessi riff, cresce progressivamente di intensità, quasi a volersi insinuare nellinconscio dellascoltatore, per poi esplodere nel finale in un muro di cacofonico noise, il preludio ad un inquietante dialogo finale.
Uno dei marchi di fabbrica dei Today Is The Day è sempre stato luso di campionamenti tratti da film (musiche o dialoghi), usati sovente come introduzioni per le canzoni: in questo lavoro, questa particolarità, ancora più che in passato, viene accentuata. Innumerevoli, poi, gli intermezzi strumentali accompagnati dal pianoforte (Voice Of Reason: Vicious Barker, Friend), oppure ambient (la bellissima Aurora), arpeggi di chitarra sbilenchi ed alienanti (Miasma) e addirittura lutilizzo di una voce femminile, che aggiunge un altro tocco di profonda desolazione al lavoro (vedi Vivicide). Forse, è proprio questo lunico difetto del lavoro: la presenza di troppi intervalli che sanno di riempitivo, come nel caso di Butterflies, dove Steve Austin, per tre minuti, si cimenta in growl ed acuti talmente estremi da risultare proibitivi per ogni normale giugulare, sotto un tappeto di drumming sconnessi.
Ai Nostri la tecnica, in ogni caso, non manca di certo: il batterista, Marshall Kilpatric, riesce a fare davvero di tutto e non fa rimpiangere il precedente, altrettanto bravo, Brann Dailor (che ora milita negli ottimi Mastodon, insieme al chitarrista Bill Kelliher), grazie ai suoi tempi (e controtempi) vari ed imprevedibili. Le chitarre tirano fuori dei bei riffoni pesanti e degli assoli deformi e schizofrenici che, ad un primo ascolto, paiono essere senza senso ma che, in realtà, si comprendono solamente grazie ad un ascolto attento ed unassimilazione completa.
Il basso, con la sua cupezza, si muove su linee tipicamente grind, stordenti e ferruginose. Su tutta lopera regna unatmosfera degna del più terrificante film dellorrore mai girato, con temi che esplorano i lati più nascosti e segreti dellessere umano, analizzato nelle sue passioni, perversioni, nei suoi sentimenti e nelle sue paure. Lalbum sa essere vario persino nelle ambientazioni: i toni decadenti di Death Requiem (una ballata, sorretta da un piano), lapparente quiete della title-track (nel cd X) e la drammaticità della corrispondente title-track nel cd Y sono alternate ad unoscurità, pesante e soprattutto percepibile (niente a che vedere con le atmosfere falsamente sataniche, tipiche di tanti gruppi black metal, come i Cradle Of Filth), che difficilmente si riscontra in altre uscite.
Tirando le somme, siamo di fronte ad un doppio CD affascinante, certamente ostico, data la sua natura contorta e la tanta carne messa al fuoco (2 LP per 145 minuti di musica del genere rappresentano unesperienza ultraterrena, il sottoscritto lo garantisce), minato forse da alcuni difetti che, in ogni caso, non ne sminuiscono il valore complessivo.
Consigliato a chiunque voglia provare qualcosa di veramente complicato da ascoltare, molto personale, nonché a tutti quelli che vogliono provare un nuovo, perverso gusto sadomaso. Un altro bersaglio centrato da casa Relapse.
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