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R Recensione

6/10

Motörhead

The Wörld Is Yours

Dunque, ricapitolando: un boogie che non sarebbe scorretto definire rock’n’roll vitaminizzato con chitarroni splendidamente distorti (“Born To Lose”), il singolo in cui l’immarcescibile – al netto dei vizi, aggettivo particolarmente azzeccato – Lemmy beve catrame come un assetato biker, prendendo a pugni l’economia mondiale (“Get Back In Line”), una scarica heavy vecchio stile (“Outlaw”), qualche veloce razzia punk dal sapore particolarmente titanico come “I Know How To Die” o “I Know What You Need” – i Motörhead sono ormai attempati signori di andante mezz’età e sanno molte più cose di noi comuni mortali –, un numerone ai limiti del doom che ridicolizza gli steroidi degli High On Fire e ricicla Kilmister in versione Caronte (“Brotherhood Of Man”), più svariate altre canzoni, riuscite o meno, dalle sonorità hard’n’heavy grossomodo intercambiabili. Tutto questo è “The Wörld Is Yours”, ventesimo disco in studio del terzetto britannico e primo per la loro neonata etichetta Motörhead Music, costola indipendente dalla EMI.

Non sono la persona adatta per comporre un’appassionata apologia delle cariatidi, specialmente di quelle che vivacchiano per anni nel metal. In “Rock’N’Roll Music”, modesto midtempo di metà scaletta, c’è però un verso che salta subito all’occhio ed impressiona per la sua efficace semplicità: “Rock’n’roll music is a true religion, never let you down if you dance on the rhythm”. Questa è una frase che potrebbe dire un giovinastro ventenne alle prime esperienze con gli amplificatori. Lemmy ha suonato negli Hawkwind, ha cambiato innumerevoli volte gruppi e formazioni, si è circondato di musicisti ed amici affidabili per dare vita ad uno stile che, lo possiamo dire?, è pienamente e veramente suo. In particolar modo, si accinge a festeggiare i, udite udite, sessantacinque anni. Cosa può spingere un nonnetto di quest’età ed esperienza a lasciarsi ancora andare ad una delle sue dissolutezze predilette di sempre, se non un’incrollabile e tenace passione per il proprio mestiere, assieme a tutto quello che ne deriva? Quale vantaggio avrebbe, il gruppo, di girare l’Europa, impegnarsi in estenuanti tour e poi rinchiudersi in studio per scrivere un altro album, se la fatica non fosse compensata dalla gratificazione madre dell’affetto del pubblico?

Si sente dire in giro che i Motörhead non hanno più nulla da dire, e forse è vero (ma ci sarebbe un recente “Inferno” del 2004 a seminare qualche dubbio aggiuntivo tra i meno integerrimi…). Quando, però, vengono sollecitate delle alternative all’interno della stessa etichetta, si propongono nomi come Trivium o Swords che, mi consentirete l’inciso, non solo sono poco affini con la proposta degli inglesi, ma hanno una caratura qualitativa sostanzialmente inesistente. No heires available: la realtà è una sola. “The Wörld Is Yours” vi farà sorridere per anacronismo, oppure spazientire per la sua granitica, consolidata propensione all’invarianza. Eppure merita rispetto, nonostante la lista dei lapalissiani difetti che potrete trovarvi. Vi sono milioni di epigoni costruiti sul canovaccio di una, diciamo, “Bye Bye Bitch Bye Bye”, ma nessuno ha ancora quel tiro, quella concretezza e quegli assoli (nota a margine: rispetto a “Motörizer”, il chitarrista Phil Campbell si è proprio sbizzarrito…). Semplicemente perché nessuno – e non si tratta di conservatorismo populista, ma di limpida sincerità – si chiama Motörhead.

Messaggio alle nuove leve: il mondo sarà pure vostro, ma prima di scalzare gli eterni maledetti della sporcizia hard dovrete lavorare di mano!

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Emiliano alle 11:04 del 21 dicembre 2010 ha scritto:

Come dice Lemmy quando sale sul palco... We are Motorhead, we're gonna kick your ass!

E anche questo va a far compagnia a una consistente schiera di dischi tutti uguali e tutti bellissimi.

4AS alle 22:35 del 21 dicembre 2010 ha scritto:

Secondo me hanno la creatività di uomini che urlano al mercato del pesce (battuta fantastica copiata a scaruffi) e il disco in questione (ascoltando alcuni singoli qui sopra) suscita in me lo stesso interesse che provo quando vedo una puntata del grande fratello.

bill_carson alle 0:53 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

volevo solo dire che a me gli High On Fire piacciono molto e credo piacciano/potrebbero piacere anche a Lemmy

Marco_Biasio, autore, alle 18:09 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Piacciono discretamente anche a me, se escludiamo l'ultimo "Snakes For The Divine". Ma vorrei capire se arriveranno a 65 anni con il tiro che ha ora Lemmy.