Led Zeppelin
Houses Of The Holy
Il quinto album del Dirigibile vede un rallentamento della sua incredibile ascesa. Nel senso che questa raccolta di canzoni è di qualità eccelsa ma stavolta non cè da rimanerne stupefatti, come puntualmente era successo per ognuno dei dischi precedenti. Per la prima volta la sensazione è ottima ma non eccezionale, con un mantenimento delle irraggiungibili posizioni di vertice nel campo dellhard e del folk rock, mentre la fase blues viene qui messa in temporanea stasi.
Pareri personali chiaramente, seppure largamente condivisi. Ciò non toglie che, fra le legioni di ammiratori degli Zeppelin, un robusto manipolo di essi trovi questalbum semplicemente il migliore. E perché no poi, si tratta di bellissima musica dopotutto, di un disco comunque epocale e influente, passaggio obbligato per qualunque appassionato di musica rock.
The Song Remains The Same che inaugura lalbum era allorigine solo strumentale e si sente, perché le strofe di Robert Plant paiono attaccate con lo scotch, suonando forzate e poco incisive. Peccato, perché la solare cavalcata sulla dodici corde elettrica di Jimmy Page, supportata dalla inevitabilmente tonica pacca ritmica di John Bonham, è trascinante e brillantissima. Il batterista costringe Page e il bassista John Paul Jones a tutta una serie di break e di stop&go mozzafiato, Jimmy alterna accordi pieni, arpeggi e assoli in una vorticosa dimostrazione di creatività e senso armonico. Un grande brano a cui manca, ripeto, la giusta ispirazione nelle linee vocali per entrare fra i capolavori zeppeliniani.
Capolavoro è invece The Rain Song, la romantica ballata che segue a ruota, con un passaggio a contrasto così riuscito che il gruppo penserà bene di mantenerlo anche dal vivo, suonando questi due pezzi sempre uno dopo laltro. Page riesuma e sublima qui i suoi studi sulle inusuali accordature folk, apprese dai grandi suoi maestri Bert Jansch e John Reinbourn, sfornando una successione di accordi acustici ad altissimo grado evocativo. Per ricrearli, bisogna tirare la prima, seconda, terza e sesta corda della chitarra su di un tono rispetto allaccordatura normale, dopodiché le posizioni da prendere con le dita risultano molto semplici. Jimmy Page è tra i tre, quattro chitarristi rock più famosi e rispettati di ogni tempo, e qui se ne ascolta uno dei motivi: la successione armonica è pura magia, la squisitezza del suo lavoro per tutti i sette abbondanti minuti del brano è una gioia per le orecchie. Il compare John Paul Jones ci aggiunge molto del suo, smanettando pesantemente col mellotron sì da rendere la faccenda molto sinfonica e progressive, allo stesso tempo struggente e barocca, forse compromettendo un poco le cose, forse no.
Over The Hills And Far Away è lennesimo mirabile capitolo di una fra le più tipiche e trascinanti situazioni zeppeliniane: Page e Plant cominciano da soli, uno allacustica e laltro al canto tranquillo e serafico, poi cala la mazzata di Bonham, più che mai terremotante, e salta tutto per aria. Plant passa a cantare due ottave sopra, Page imbraccia lelettrica, Jones cuce il tutto col suo sapiente basso e, fra strappi e stacchi, si va verso una stranissima e lunga sfumata del pezzo.
La parte centrale del disco è quella più disimpegnata e superficiale: The Crunge è una cosa molto alla James Brown che lo stile di Bonham impedisce di essere solo funky, Dancing Days si regge su poche cose, un riffotto di Page e le bordate di Bonham, DYer Maker è un omaggio allallora nascente affermazione internazionale del reggae. Quando sembra che gli Zeppelin vogliano cazzeggiare fino alla fine arriva la botta straniante di No Quarter: tutto si può dire di questo brano meno che possa passare inosservato, è talmente unico e diverso nella discografia degli Zeppelin che non può essere omesso quando si sottolinea la fenomenale ecletticità e multifunzionalità della loro musica. Il riservato e genialoide John Paul Jones si inventa una cosa al pianoforte elettrico che è quanto di più fangoso e darkeggiante ci possa essere. Inserita poi in un disco decisamente solare, sin dalla copertina, quale è in effetti Houses Of The Holy, essa riesce a rappresentare e smuovere con ancora più efficacia il lato oscuro delle cose e di ciascuno di noi. Page si adegua alla grande alle voglie del suo bassista/tastierista, manovrando la Gibson su sentieri acid jazz e Plant si fa aiutare da filtri e leslie per straniare adeguatamente il suo pulito timbro vocale, abbastanza per star dietro ai suoi compagni in momentaneo e profondo darkeggiamento. Un pezzo della madonna, che piaccia o non piaccia il genere, una suprema dimostrazione di forza, di evoluzione, di apertura mental/musicale. Lepilogo dellalbum è affidato al bel riff in tempo dispari di The Ocean, una composizione a cui Page non è stato capace di trovare un ponte ed infatti sfuma mentre Plant si chiede scherzosamente quando arriva sto benedetto bridge.
Uno dei tanti riti del super patito degli Zeppelin è quello di andare a visitare le Giant Causeway, un tratto delle coste nordirlandesi dove è stata scattata la foto, poi pesantemente trattata e rifinita dal celebre studio fotografico Hipgnosys, che costituisce la magnifica copertina di questo magnifico disco di questo magnifico gruppo. A risentirci per Physical Graffiti.
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