Rainbow
Rising
Uscito nel 1976, a solo un anno di distanza dall’lp di esordio dei Rainbow, ”Rising” si propone come un album decisamente innovativo, differenziandosi notevolmente dal precedente: il sound e la line-up della band vengono completamente rivoluzionati per mano di Ritchie Blackmore –padre padrone del gruppo – che, insoddisfatto della produzione del primo album (buono a livello di composizione ma povero nella resa finale) si presenta in “Rising” con una nuova formazione; a parte Ronnie James Dio (portentosa voce degli “Elf”), i volti nuovi sono: Cozy Powell (1947-1998) fenomeno della batteria, Jimmy Bain al basso e Tony Carey alle tastiere.
Ed è proprio Tony Carey ad introdurci con “Tarot Woman” in una nuova ed affascinante dimensione, caratterizzata da elementi magici e toni epici, dove la musica svela scenari fino ad allora inesplorati. Chitarra e batteria faranno poi il resto, regalandoci un assaggio di quello che si rivelerà un album capolavoro. Nonostante “Run with the wolf” non rappresenti l’highlight del disco, non appare, comunque, come una nota stonata poichè si inserisce perfettamente nella giusta atmosfera “tolkeniana”, mentre “Starstruck” è senza dubbio la canzone più “purpleiana” di “Rising”, a cui Dio si dimostrerà particolarmente legato riproponendola spesso, dal 1983, nei suoi tour solisti. La prima parte dell’album si chiude con “Do you close your eyes”, brano che anticipa, per alcuni aspetti, quelli che saranno i Rainbow degli anni ’80, sfacciatamente più inclini a corteggiare le tendenze del mercato. Un totale di tre minuti che racchiudono un riff di chitarra il cui impatto è immediato, una sezione ritmica precisa ed affiatata, nella quale la voce di Dio trova terreno fertile per esprimersi ad altissimi livelli. Un “assolo” di batteria magistralmente eseguito da un eccezionale Cozy Powell ci introduce al masterpiece della band : “Stargazer”, precursore di un nuovo genere musicale, ”l’epic metal”.
L’impatto di questa canzone è straordinariamente coinvolgente in ogni più piccola sfumatura; per la prima volta Dio affronta un tema del tutto nuovo, quello “epico-mistica”, che diventerà una costante nel proseguo della sua carriera, soprattutto di quella solista. In “Stargazer” RJDio ci guida in una dimensione surreale, regalandoci un’interpretazione impareggiabile: aggettivi come trascinante, coinvolgente, emozionante, sicuramente non sono sufficienti descriverne la rara e straordinaria intensità.
Assolutamente non da meno la chitarra, che con il suo incedere sempre più incalzante, culmina in un assolo dal tono drammatico, barocco e a tratti orientaleggiante. Pur non essendo il rock un genere in cui la tastiera svolge solitamente un ruolo di primo piano, in “Stargazer”, ne diventa co-protagonista: Tony Carey, con un eccezionale arrangiamento dona al pezzo un fortissimo pathos, un’epopea monumentale, unica ed irripetibile. “Rising” si chiude con “A light in the black”, il brano più oscuro e devastante di tutto l’album: l’impatto sonoro e la performance del gruppo sono apocalittici;qui la voce di RJDio trova la sua massima espressione raggiungendo livelli di “cattiveria” inaudita. Ritchie Blackmore e Cozy Powell (neanche a dirlo) si scatenano in una prestazione superlativa, dimostrando ancora una volta una potenza ed una tecnica a dir poco superiori. Ascoltando “A light in the black”, si ha un’ulteriore conferma dell’eccellente lavoro svolto dal producer Martin Birch. È curioso notare, come in un’intervista rilasciata da RJDio qualche anno fa, egli affermò inspiegabilmente, che di tutta la sua carriera “A light in the black” fu il pezzo da lui assolutamente meno apprezzato (...?!?...) ... Mah ... Sarà ... Resta il fatto che a noi “ci piace”, e a lui “ci ha” portato tanta fortuna!!!
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