The Atomic Bitchwax
Force Field
Per carità, non che gli Atomic Bitchwax siano mai stati cultori delletichetta, ma sul settimo disco in venticinque anni dellex costola dei Monster Magnet aleggiano unignoranza ed una sfrontatezza quasi parodistiche. Tutto è una tirata, un groove, una corsa frenetica allimpatto: il resto può anche aspettare, o prendere la via delluscita (sua sponte? a calci?). Force Field si apre con lhard-boogie di Hippie Speedball e si chiude con il blues vitaminizzato e stroboscopico di Liv A Little: nel mezzo, una mezzora bruciante di riff scorticanti, assoli a profusione e trucchetti da rocker incalliti. Nientaltro. Una fedeltà a sé stessi e alla propria passione che, per certi versi, è persino commovente: se non fosse che le uniche Lacrime a scorrere, qui dentro, sono quelle di Giuda (esemplare il fraseggio tecnica e potenza di Fried, Dyed And Layin To The Side).
Al di fuori del contesto che gli è congeniale, naturalmente, un disco come Force Field semplicemente non esiste: gli Atomic Bitchwax non hanno né, probabilmente, mai avranno liconicità transgenerazionale dei Motörhead (giusto per citare lesempio massimo), il che consentirebbe loro di sopravvivere ben più agevolmente e di perpetuare ad infinitum il proprio verbo. Questa considerazione, tuttavia, non cambia la realtà dei fatti: il rockabilly a rotta di collo di Alaskan Thunder Fuck, lo sleazy travolgente di Shell Of A Man (con ritornello da numeri uno), lassalto punk di Tits And Bones, gli Spiritual Beggars al doppio della velocità di Crazy e gli Eagles Of Death Metal di Super Highway valgono il prezzo del biglietto. Fossimo ancora negli anni 90, anzi, ogni brano di Force Field potrebbe avere le potenzialità del singolo di mercato, per come impeccabilmente gira il meccanismo: peccato che quei tempi, ahinoi, siano irrimediabilmente passati.
Divertito e divertente: per iniziare il 2018 col passo giusto!
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