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R Recensione

6/10

The Atomic Bitchwax

Force Field

Per carità, non che gli Atomic Bitchwax siano mai stati cultori dell’etichetta, ma sul settimo disco in venticinque anni dell’ex costola dei Monster Magnet aleggiano un’ignoranza ed una sfrontatezza quasi parodistiche. Tutto è una tirata, un groove, una corsa frenetica all’impatto: il resto può anche aspettare, o prendere la via dell’uscita (sua sponte? a calci?). “Force Field” si apre con l’hard-boogie di “Hippie Speedball” e si chiude con il blues vitaminizzato e stroboscopico di “Liv A Little”: nel mezzo, una mezz’ora bruciante di riff scorticanti, assoli a profusione e trucchetti da rocker incalliti. Nient’altro. Una fedeltà a sé stessi e alla propria passione che, per certi versi, è persino commovente: se non fosse che le uniche Lacrime a scorrere, qui dentro, sono quelle di Giuda (esemplare il fraseggio tecnica e potenza di “Fried, Dyed And Layin’ To The Side”).

Al di fuori del contesto che gli è congeniale, naturalmente, un disco come “Force Field” semplicemente non esiste: gli Atomic Bitchwax non hanno né, probabilmente, mai avranno l’iconicità transgenerazionale dei Motörhead (giusto per citare l’esempio massimo), il che consentirebbe loro di sopravvivere ben più agevolmente e di perpetuare ad infinitum il proprio verbo. Questa considerazione, tuttavia, non cambia la realtà dei fatti: il rockabilly a rotta di collo di “Alaskan Thunder Fuck”, lo sleazy travolgente di “Shell Of A Man” (con ritornello da numeri uno), l’assalto punk di “Tits And Bones”, gli Spiritual Beggars al doppio della velocità di “Crazy” e gli Eagles Of Death Metal di “Super Highway” valgono il prezzo del biglietto. Fossimo ancora negli anni ’90, anzi, ogni brano di “Force Field” potrebbe avere le potenzialità del singolo di mercato, per come impeccabilmente gira il meccanismo: peccato che quei tempi, ahinoi, siano irrimediabilmente passati.

Divertito e divertente: per iniziare il 2018 col passo giusto!

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