The Dead Weather
Horehound
Basta citare Jack White per capire di trovarsi di fronte ad un progetto ambizioso e accattivante che porta il nome di Dead Weather. Il nuovo supergruppo statunitense porta la firma della cantante Alison Mosshart (The Kills), del bassista Jack Lawrence (The Raconteurs), del chitarrista e tastierista Dean Fertita (QOTSA) oltre al già citato Jack White (The White Stripes), qui in veste di batterista, ritrovando il suo primo amor strumentale.
Horehound produce all'ascolto una sbornia di blues explosion con netti tagli funk-rock a contornare e caratterizzare il tutto così come ci appare: un album terribilmente sporco e brutale. L'immediatezza e velocità del suono scorre in pezzi come Treat Me Like Your Mother, secondo singolo del disco e nata in un giorno appena, in cui è l'hard rock a farla da padrone, con una serie di sbizzarrite schitarrate zeppeliniane ad accompagnare altrettanti indomabili rullate di batteria. Il country rock apre il disco con 60 Feet Tall, in cui la voce di Alison Mosshart produce un andamento black che affonda nel paludoso finale in cui i quattro musicisti mettono alla prova la cattiveria di fondo che regna nell'album.
Hang You From The Heavens, primo singolo lanciato, è una schizofrenica visione gotica dell'hard rock, e qui la chitarra di Fertita è più minacciosa e rabbiosa che mai, taglia, incide il brano in modo compulsivo e razionale al tempo stesso. Il dub abbraccia I Cut Like A Buffalo in cui l'improvvisazione dei ragazzi regala una simpatica e riuscita versione lenta dei Rage Against The Machine. L'anima black del gruppo ritorna in So Far From Your Weapon e Rocking Horse con andamento rigorosamente western, soprattutto in quest ultima, in cui le voci di Mosshart e White s'intrecciano in modo lisergico e sofferente.
New Pony (pezzo di Bob Dylan totalmente trasfigurato) e Bone House producono uno strano effetto: è come se i Wolfmother si fossero trasferiti a Nashville e ne abbiano subito l'influenza country della capitale.
La calda e intensa voce di White nel blues vellutato di Will There Be Enough Water? chiude l'album di questo, seppur improvvisato, supergruppo, un album che lascia aperto un taglio netto, profondo, che difficilmente si rimarginerà.
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