R Recensione

9/10

Refused

The Shape of Punk to Come

Sarà un mio limite, ma non sono mai stato uno sfegatato fan di gruppi provenienti dalle regioni scandinave. A parte l’indubbio talento per la scelta dei nomi (Turbonegro, Hellacopters, Gluecifer, e compagnia cantando) le proposte musicali, chiassose, non proprio originalissime e spesso ripetitive, finivano molto presto con l’annoiarmi – ma questo, ovviamente, è un parere del tutto personale. Piuttosto che gli sbilanciamenti verso il glam-metal, meglio allora il garage-punk super accelerato degli Hives, anch’esso canonico ma molto più divertente.

Tutto questo per dire che quando ho ascoltato per la prima volta questo disco dei Refused, ho stentato a credere che potesse trattarsi del lavoro di un combo svedese. Eppure gli anni sono proprio quelli degli altri gruppi citati, ovvero la fine dei ’90.

Quali sono allora gli elementi di differenza tra i Refused ed i loro conterranei? Beh, tanto per cominciare questi ragazzi affondano le proprie radici nell’hardcore e nel post-hardcore americano più nobile, traendo innumerevoli spunti da gruppi come Nation of Ulysses, Fugazi, Sick of it all, Rage Against the Machine, Helmet, Jesus Lizard, Deftones ed altri. Ad alcuni di essi sono anche accomunati dall’impegno politico-militante in senso straight-edge e vegan. Tuttavia i Refused amalgamano tutti gli elementi in loro possesso creando una miscela davvero personale nella quale confluiscono anche componenti inusuali quali fraseggi jazz, partiture tecno, assaggi di elettronica e di ambient. Le canzoni riescono quindi a stupire perché prendono delle pieghe che non ci si aspetta, mantenendo in tal modo sempre viva l’attenzione di chi ascolta. La potenza e l’emozione dei fraseggi più duri è altamente coinvolgente. È una catarsi liberatoria di chi ha veramente qualcosa da dire, e lo dice a squarciagola.

Il cantante Dennis Lyxzén è un incrocio tra Ian Svenonius (NoU), Guy Picciotto (Fugazi) e Zack De La Rocha (RATM). Le sue urla bestiali trovano degno supporto sia nelle affilatissime chitarre che nella rombante sezione ritmica. I musicisti peraltro suonano benissimo, ma non in modo particolarmente spigoloso o contorto, cioè non propendono verso il math-rock alla Dillinger Escape Plan. I suoni sono poi molto compatti e la produzione è decisamente ottima.

Certo, il “purista” del punk, attratto magari dal titolo dell’album, potrebbe rimanere spiazzato al primo ascolto. Ma Lyxzén dice: “Abbiamo realizzato questo disco come una sfida verso i pregiudizi della gente circa cosa deve essere un gruppo punk e che cosa deve suonare, in quanto il punk è il genere musicale più conservatore che ci sia. Anche nell’hardcore ci sono tantissime regole circa quello che è da considerarsi accettabile e quello che invece non lo è, e questo annulla completamente l’intero significato dell’idea originaria”.

Partendo da questa riflessione mi sembra inutile stare ad elencare uno per uno i brani che compongono questa monumentale opera che, a prescindere dal genere, è probabilmente uno dei migliori album europei mai registrati (ed è anche, ahinoi, il capitolo finale della band, scioltasi di lì a poco). Comunque sia ed a mero titolo di esempio basti ascoltare “New noise”, il brano forse più noto, con il suo inizio in sordina che sembra proprio voler preparare alla successiva deflagrazione (di “noise” appunto) e che, nel suo momento centrale rende questo “rumore” addirittura melodico ed incredibilmente trascinante. Oppure “Liberation frequency”, un brano che passa dal semiacustico all’ipersaturo come se l’intenzione fosse quella di darti una bella sveglia (in tutti i sensi). O ancora la saltellante ed orecchiabile “Summerholidays vs. Punkroutine” o la potente “Refused are fucking dead” (un epitaffio?), con il suo fraseggio chitarristico medio-orientale impossibile da dimenticare.

La cosa forse più incredibile è che un disco del genere sembra godere della giusta considerazione soltanto all’interno di una non troppo vasta cerchia di estimatori, mentre chiunque creda che il rock’n’roll sia il sale della vita dovrebbe quantomeno ascoltarlo, rimanendone, io credo, inevitabilmente affascinato.

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 11 voti.
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IcnarF 7/10
Noi! 8/10
LucaP 8/10

C Commenti

Ci sono 8 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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jonfrog alle 19:41 del 6 agosto 2009 ha scritto:

un album stratosferico...

al tempo mi ricordo che l'album passò un pò in sordina, ora invece leggo nei vari magazine un ripescaggio dei refused che vengono tirati in ballo nelle recensioni delle nuove leve HC e POSTHC...

fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 19:15 del 15 agosto 2009 ha scritto:

Nel genere, uno dei miei preferiti di sempre. Discone stratosferico. A partire dalla intelligente (e colta) citazione del titolo e dalle bordate atomiche di "New Noise". Giustissimo ripescaggio, bravo Marco.

IcnarF (ha votato 7 questo disco) alle 14:36 del 21 agosto 2009 ha scritto:

Stesse cose che facevano i Nation of Ulysses qualche anno prima (l'album riprende il nome di una loro canzone che, a sua volta, riprende l'Ornette. Ok.), ma divertente e un po' spettacolare (spettacolare come lo possono essere i giocolieri).

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 12:05 del 16 giugno 2011 ha scritto:

Can I scream?

Disco spettacolare. Fantasia tecnica e spericolatezza intergenere giocata sul filo di un'abrasione continua. Purtroppo ancora poco considerato, e meno di quanto meriterebbe. Per me è a un pelo dall'essere praticamente perfetto. "Tannhauser" e "Summerholiday Vs. Punkroutine" sopra a tutto.

stefabeca666 (ha votato 8 questo disco) alle 12:13 del 16 giugno 2011 ha scritto:

MAMMAMIA

gabrisimpson (ha votato 9 questo disco) alle 10:09 del 28 maggio 2013 ha scritto:

Capolavoro, pochi cazzi!

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 11:51 del 29 maggio 2013 ha scritto:

Il titolo è meraviglioso, il disco molto buono, anche se - pur essendo un fanatico del rock alternativo radicato nella tradizione USA, e pure se esportato - non mi smuove oltre un certo limite. A volte mi sembra che si preoccupino troppo di stupire, e non riescono a farti a brandelli sul serio. Tecnicamente comunque nulla da ridire, si accostano ai maestri del genere post.

maracio, autore, alle 11:05 del 3 giugno 2013 ha scritto:

Intervengo brevemente perché anche io mi ritengo un fanatico del rock alternativo USA. Sinceramente non mi va di fare un paragone tra questo disco ed i capolavori (nel genere) dei Maestri americani. Gli europei escono praticamente sempre perdenti, per una ragione o per l’altra. Accetto le notazioni di Julian e di IcnarF sul carattere a volte “funambolico” dei Refused, tratto che apparentemente potrebbe nascondere una certa mancanza di sostanza (sostanza e non tecnica).

Credo tuttavia che in questo caso ci si trovi di fronte ad un’opera che potrebbe aver lasciato un segno, anche oltreoceano. E vado a dimostrare questo assunto con un esempio (ne avrei più di uno, ma questo è il primo che mi viene in mente): vi invito ad ascoltare il brano “Distance and meaning” dei Converge, dall’album “Jane Doe”. Per quanto mi riguarda, ho pensato: “beh, in questo brano si sentono proprio i Refused”. Di solito comunque quando succedono queste cose significa che un po’ di sostanza esiste, che non vuol dire che si stia parlando di puro genio.