Minutemen
Double Nickels On The Dime
Curre curre guagliò. Il giorno in cui D. Boon venne sbalzato fuori dal suo furgoncino dormiva, influenzato, sul sedile posteriore. Persino lArizona, a tre giorni da Natale, si stava arrendendo alla morsa del freddo. Limpatto fu fin troppo violento, dicono. Quel che è certo è che sia il pick up che la sua faccia, ognuno a suo modo, si ritrovarono fracassati a due lati opposti della strada. Non avrebbe più potuto imbracciare la propria Stratocaster e suonare il punk come se fosse funk, il funk come se fosse jazz, il jazz come se fosse hardcore. Uningiustizia. Era la fine dei Minutemen, la conclusione di una delle più belle favole della West Coast americana rivoltata dal fermento anarchico-politicizzato delle nuove generazioni. Non andavano ancora di moda, come oggi, le reunion a suon di milioni, anche alla faccia di chi non cè più ed esprimerebbe, in modo forte e chiaro, il proprio dissenso. Altre storie, altri tempi, sicuramente altri uomini. Eppure D. Boon, nella sua vis oratoria, era rimasto fedele sino allultimo a ciò che andava predicando. Nessun rimpianto, solo un sorriso stampato in volto, un piede a muoversi a tempo e una birra in mano. Cantava di impiccagioni, Bob Dylan, rivolte suburbane, pogo e stile do it yourself, ma sempre double nickels on the dime, a cinquantacinque allora. Mai un eccesso di velocità, mai uno scomporsi senza motivo. Niente istrionismi alla Henry Rollins, per capirci, e sì che Minutemen e Black Flag erano legati da un rapporto fraterno. Anche questo, oggi, suona incomprensibile.
Parlare di Double Nickels On The Dime, terza prova studio degli uomini milizia da un minuto, è cosa che imbarazza me ed imbarazzerebbe chiunque, in qualsiasi era geologica. Ricorriamo ad una buona analogia, evitando barbosi paragoni intertestuali. Presente gli scambi di figurine dei calciatori che facevate quando eravate piccolini? Album in una mano, lista dei giocatori mancanti nellaltra, amichetto stronzo e un po ciccione davanti a voi, con un mazzo di doppioni da denuncia al fisco, che per il vostro obiettivo, inevitabilmente, vuole un conguaglio esageratamente sproporzionato. Celo, celo, celo, celo... Celo, celo, celo manca! Lo stesso principio funziona qui. Per ogni genere presente, spuntate una casella. Celo, celo, celo, celo. Manca? Ah, no, celo pure questo. La sola cosa da poter imputare allincredibile, duplice corpus (quarantatrè avete capito bene pezzi) è di non aver ficcato dentro lelettronica. Ma con che coraggio? Avessero avuto un sintetizzatore, lavrebbero sicuramente fatto. Cosa, altrimenti, un po difficile da fare con sola chitarra, basso e batteria. Lunica, peraltro. Per il resto: punk, hardcore, funk, jazz, bossa, crossover, pop, hard rock, ballate acustiche, spanish guitars, cover, scontrino di ricevuta. Immaginate tutto quello che volete, e anche quello che non volete. Probabilmente, tra queste pieghe, lo troverete.
Guardare dentro lo specchietto retrovisore, in cui sono riflessi gli occhi guizzanti di D. Boon, significa boccheggiare dallo sforzo titanico che si deve compiere per non perdercisi dentro. Double Nickels On The Dime è, in primo luogo, lAmerica. Uno di quei libri di testo, di quelle pietre miliari (e il termine, questa volta, è tutto fuorché usato a sproposito!) a cui trentanni di musica, musicisti, compositori si sono abbeverati senza nemmeno lasciare giù la parcella pattuita. Generalizzando, ma non troppo, se riuscite a beccare uninvenzione che vi sembra buona, a partire dal 1985 in poi, in un qualsiasi disco a stelle e strisce, state certi che, quasi certamente, è passato originariamente fra questi solchi. Affermazione forte, ne converrete. Ma a questo si lega la seconda definizione del lavoro: puntando in gran parte sulla sconvolgente quantità di carne al fuoco, e solo sporadicamente anche sulla qualità, la critica si dimentica di dire, quo facto, di quanto sia pioniere ed avanguardista. Interi movimenti bruciati sul nascere dallazione dei Minutemen. In un mondo normale, sarebbe titolone da prima pagina, con strombazzate agli angoli delle strade. I californiani, taking it easy, se ne sono fregati di spazi e tempi, giocando danticipo sin dalla prima nota di D.'s Car Jam/Anxious Mo-Fo sino a chiudere, circolarmente, con Three Car Jam.
E a cosa servono, in concreto, sterili barriere dimensionali? Lhardcore americano, già sconquassato più e più volte dalle vulcaniche delizie di Minor Threat, Bad Brains, Dead Kennedys e, ovviamente, Black Flag, raggiunge qui ed ora, se fosse il caso di ripeterlo, un punto decisivo di non ritorno, proprio perché perde tutte le proprie caratteristiche originarie, in favore di una totale e compenetrata osmosi. Bello, eh? Nessuno più riuscirà a fare come loro, a suonare come loro, nemmeno ad esprimersi, forse. E qui, di modi espressivi, ce nè da enumerare e decantare per un Decameron abbondante. Iniziamo: nessun brano va sopra i tre minuti. Il noise-funk supersonico di The Glory Of Man, con una sezione ritmica acidissima e scartavetrante, è quello che ci va più vicino, 2:57. Londeggiare fisiologico tra il minuto ed il minuto e mezzo non è, però, affatto limitante. Se possibile, anzi, regala ancora più spinta dinamica a brani che volano da ogni parte, saturi di idee ed invenzioni fino al midollo, tali da rendere possibile la costruzione di unintera carriera su un loro buon margine. Rollins, cattivissimo as usual, sputa fuoco e fiamme, come ospite, su Please Don't Be Gentle With Me, dentro di un insieme comunque moderato nei toni, quasi del tutto privo di quellinstabilità psico/fisica portata agli estremi, tipica dei primi (ed unici) Germs. La rabbia cola comunque, nervosa, da ogni poro, ma in altre forme. Vi basteranno il groove assassino di Shit From An Old Notebook, Led Zeppelin rincorsi da Sly e famiglia, le pesanti distonie di God Bows To Math, una sorta di scordato, antesignano math rock, le sincopi infartuanti su The Roar Of The Masses Could Be Farts e la no wave apatica, con iterazioni logoranti, di Jesus And Tequila.
Non avendo senso alcuno linsistere perdurato su ogni singolo brano (si deve invogliare allascolto, oppure no?), mi si permetterà comunque una considerazione conclusiva. Aldilà della fruizione soggettiva, in media comunque molto semplice ed immediata, specialmente per unopera imponente di determinata fatta, Double Nickels On The Dime piace immensamente perché, in ogni sua minima contraddizione, fortemente voluto e portato avanti con tenacia e perizia incrollabili. La soddisfazione dellascolto è così solida e forte, così ben ripagata dallinsieme, che certo non ci si potrebbe mai stancare di contrapporre fra loro i pestoni di Viet Nam con le meravigliose scale acustiche di Cohesion, i bassi profondissimi di Toadies con la cavalcata tex-mex a gambe levate e sombrero in testa di Corona, gli incastri melodici quasi AOR di History Lesson - Part II con le sguaiate strimpellate di Take 5, D., la malinconica, dimessa bossa di There Ain't Shit On T.V. Tonight con i muscoli di Political Song For Michael Jackson To Sing o gli esotismi di Love Dance La sola ampiezza dei paragoni ed i sensi di colpa per aver tralasciato decine di altri esempi ugualmente meritevoli rendono bene lidea della sconfinata grandezza del disco.
Quando laereo su cui viaggiava Buddy Holly si schiantò nelle campagne di Clear Lake, ci si riferì alla tragedia come the day when the Music died. La polvere sulla sei corde di D. Boon, nel frattempo, continuava ad accumularsi. Mi piace pensare, nella mia irresistibile utopia, che il Dio del Rock con una mano dà, con laltra toglie, ma prima o poi equiparerà. Chissà, lambizione di voler andare, sempre e comunque, double nickels on the dime non ha potuto soffocare il vero, tumultuoso temperamento dei due. Che, alla fine, è arrivato.
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