R Recensione

7/10

Grave Digger

Ballads of a Hangman

Un viaggio senza ritorno

Verso una terra che nessuno conosce

La mia Avalon, il mio paradiso

Dove gli angeli osano la mia anima si innalzerà

Heavy metal tedesco al 100%.

Un periodo di totale mediocrità si chiude con questo inizio 2009 e i Grave Digger tentano di riconquistare la fiducia dissipata in questi anni, arginata solo in occasione delle esibizioni dal vivo. Lo fanno recuperando buona parte del loro passato, senza mettersi a ricalcare o fotocopiare.

A una tenera e ingenua età rimasi quasi spaventato da quanto fossero diretti e poco eleganti, nel loro urlare Knights of The Cross ed esaltare l’impresa dei crociati. Solo in un secondo momento si riescono ad apprezzare le opere degli scavatori di fosse, che superano lo scoglio della superficialità per la dedizione con cui si dedicano ai lavori più riusciti. Dispiace si siano persi nel loro continuo sfornare dischi ma fa piacere ritrovarli a questo giro, pronti a riprendere il controllo di un genere che hanno contribuito ad affermare nell’immaginario collettivo di quella parte di pubblico che spesso resta trincerata nel fortino metallaro.

I dischi memorabili, con cui schiacciavano l’ascoltatore tra un riff granitico e un coro assordante, sono ancora all’orizzonte ma la distanza si accorcia di qualche miglio. Il sedicesimo album studio è la prima volta di Thilo Hermann (chitarra ritmica) che conferma di essere un ottimo acquisto, come già aveva dimostrato calcando i palchi diggeriani.

Così, mentre si resta ipnotizzati dall’intro, oscura e di tetro fascino come la copertina, tocca all’epic metal della title-track aprire le danze. La doppia chitarra ritmica fa il suo sporco lavoro, intensificando e compattando il suono d’insieme.

Il graffiare della voce di Chris Boltendahl si impegna a costruire melodie e ritornelli ad hoc per i campi di battaglia che si aprono davanti ai loro concerti. Headbanger assicurato anche con la semplicità di Hell Of Disillusion, che concentra le emozioni più forti in questa coppia d’apertura, a cui risponderanno Into The War e l’unica pausa dai ritmi meno serrati Lonely The Innocence Dies (dove spunta la voce di Veronica Freeman dei Benedictum, nota anche per i futili dibattiti sulla sua natura sessuale).

È terribilmente pacchiano, persino spiazzante in determinati punti. Resta un impianto musicale tra i più imponenti in circolazione, aiutato da una produzione all’altezza dei tempi. Si accoda a quei dischi di buon e classico heavy metal che questi mesi stanno regalando.

L’incessante incalzare del doppio pedale riuscirà a riconquistare non pochi incauti passanti alla causa medievale, portata avanti in modo magistrale dai testi, sempre curati e studiati, nonostante lasciarsi andare alla banalità sia una delle malattie più diffuse del settore. 

Il solito dilemma che accompagna il metallaro non settario, quello che ascolta di tutto ma non ha dubbi dall’incoronare un genere musicale sopra gli altri, è quali dischi passare agli onnivori amici (il metallaro aperto socializza solo con gli onnivori, è matematicamente certo). La sfida è riuscire a convincere il vicino d’ascolto con lavori riusciti e ortodossi, perché prendere Roots dei Sepultura o Kill’Em All sarebbe troppo semplice.

Gennaio 2009 ha già regalato un ottimo lavoro dei Saxon e aggiunge questo ulteriore frutto di terra tedesca all’arsenale di chi “nasce per perdere e lotta per vincere” (tanto per scomodare citazioni d’oltremanica).

Rilassatevi e godetevi l’impiccagione.

Mi sono svegliato nell’inferno dell’Eden

I guardiani si occupano di me

 Fuori dalla nebbia un’ombra si muove

 Un unicorno nero e selvaggio

Apro i miei occhi e mi guardo intorno

 La mia fame è nutrita da un bambino solitario

 Che assomiglia a me quando ero giovane

Sono sepolto vivo la mia vita è conclusa

V Voti

Voto degli utenti: 3/10 in media su 2 voti.
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rael 2/10

C Commenti

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rael (ha votato 2 questo disco) alle 11:40 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

CHE PALLE I METALLARI ''_

SanteCaserio, autore, alle 12:09 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

Invece i tuoi commenti...

swansong alle 16:28 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

Non voto perchè non lo conosco, ma

salve rare eccezioni, l'epic-power metal di stampo teutonico non l'ho mai digerito...i Grave Digger (pur con tutto il rispetto per la loro lunga ed onorevole carriera) non sono un'eccezione. Anche se possono tranquillamente annoverarsi fra i padri fondatori del genere! A te Sante, come al solito, i miei complimenti per la passione e la perizia delle tue recensioni (e questa, nemmeno, fa eccezione!)

SanteCaserio, autore, alle 18:22 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

L'epic power

è cosa che poco sopporto pur io.

Ma i Grave fanno anche heavy. Ci sono alcuni gruppi che, per mia fortuna, non ho conosciuto nell'arco del tempo ma solo in seconda battuta (Whitesnake, Grave Digger e Saxon sono solo tre esempi). Per limiti di età ovvio. Questo mi rende profondamente ignorante (ogni recensione per me è una scommessa) ma al pari credo di aver la fortuna di poter sentire le loro "ultime" opere senza influenze varie.

Knights of the cross ad esempio (che cito qui ed è ritenuto il loro capolavoro) non riesco proprio a farmelo piacere... e in effetti nemmeno la produzione di qualità dei Saxon riesco a tirare troppo bene. Però ne riconosco il valore e non commento nè recensisco.

Anche qui vale il consiglio dato a Pier per i Saxon. Provate ad ascoltarvi questi lavori recenti, senza pensare a chi sono. Secondo me la sufficienza piena la raggiungono Posso anche passarvi i dischi in qualche modo (in maniera legale ovvio :-O), così non rischiate alcunchè!!

(per il resto grazie )

swansong alle 18:59 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

Caro Sante..

ammiro l'umiltà e la sincerità con le quali ti approcci ai nomi importanti che recensisci, ma sai (e forse sei giustificato dalla tua credo giovane età) è difficile per un "vecchiotto" come me ascoltare qualcosa di recente di un determinato gruppo senza avere l'orecchio sintonizzato al passato del medesimo...prendi i Saxon, per esempio, fu uno dei miei primi concerti nell'84 e letteralmente mi fecero impazzire, non sò come potrei mettermi ad ascoltare un loro lavoro di oggi senza fare raffronti col loro passato anche perchè questi, come molti altri gruppi metal "defenders of the faith", per intendersi, non hanno mai dimostrato grossa volontà di innovarsi o sperimentare e questo l'ho sempre trovato come un limite, anche se, magari, è ciò che vogliono i loro attuali fan, io passo!

SanteCaserio, autore, alle 19:08 del 22 gennaio 2009 ha scritto:

'spetta

se li hai amati devi comunque darli una possibilità

Il limite del non sperimentare è ovvio, tanto che se non fosse stato un buon lavoro nemmeno ci avrei provato. Il mio ragionamento non era "non ho mai sentito l'originale, quindi mi vanno bene le copie contemporanee", ma sul fatto che per quanto legati al passato (comunque un sette non è alto come voto) un minimo di novità c'è, soprattutto nel tipo di suono (questione di mezzi in parte).

Qui poi sono i Grave Digger, che ho sempre trovato troppo pacchiani e ad oggi sembrano maturati. Là sono i Saxon, che a quanto dicono loro, si sentono svincolati da qualsiasi cosa e fanno quello che gli piace, inglobando alcune influenze prima assenti...

Insomma, legittimo essere influenzati dalla propria esperienza (io i Guns non riuscirò mai a farmeli digerire, perchè ho conosciuto il loro peggiore)ma io un ascoltatina gliela darei a questi due lavori. Non ti dico che ti piaceranno (metto le mani avanti) ma se non hai grossi pregiudizi verso il genere ci sono alcuni aspetti che riescono a farsi apprezzare.

I voti per me non hanno molto senso, ma diciamo che il sette lo metto quando penso che un disco valga la pena di essere ascoltato almeno un paio di volte, per poi decidere se accantonarlo o appassionarsi (ma per chi ha amato il loro passato dubito ci sia modo).

Riccardo76 alle 11:25 del 31 gennaio 2009 ha scritto:

Una precisazione

Salve,

ascolto i Grave Digger dal 1996, e nonostante li apprezzi molto, riesco anche vederne i limiti. Credo che questo ultimo disco sia una vera toppata, poco incisivo e privo di personalità. In sostanza sulla falsa riga degli ultimi The Last Supper e Liberty Of Death: dischi carini ma che non dicono niente.

Riguardo al loro capolavoro, quello che da tutti è considerato tale è Tunes Of War. Seguono The Reaper e Heart Of Darkness. Knights Of The Cross aveva venduto bene, ma non era un granchè.

Ciao a tutti!

SanteCaserio, autore, alle 11:34 del 31 gennaio 2009 ha scritto:

Riccardo76

Dipende. Concordo sulla scia di mediocrità da te citata, anche se vedo questo disco come punto di rottura. Opinione imho.

Sul lavoro considerato capolavoro c'è una consistente parte che ritiene Knights superiore a Tunes, garantiscono strane litigate a cui ho assistito e vari laceranti dibattiti sulla rete. Forse andava specificato ma per come l'ho vista in giro (anche per quel che vedo nelle vendite dei negozi che frequento) è sicuramente Knight che la spunta...