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R Recensione

7/10

Mastodon

The Hunter

Oggetto: un comunissimo pannello di legno. L’ordinario al potere. L’artigiano fa, disfa, briga, sgrossa, lima, taglia, si distrugge di lavoro. Il ciocco passa attraverso la sega, la smerigliatrice, il sudore umano. Ciò che rimane è marmoreo nella sua semplicità: un bulbo oculare. Perfetto fuori, levigato a regola d’arte, spennellato di un azzurro glaciale: su di esso si danno appuntamento la ferocia perforante dei trapani e la fantasia sconfinata del decoratore, la forza bruta ed il gusto per il dettaglio. È il primo passo, classico topolino partorito dalla montagna, verso il completamento di un altro progetto, ben più ambizioso: un cervo, o forse un ariete? no!, certamente un cavallo, Cerbero tecnologico che rinuncia a due teste per triplicare zanne, lingue e mascelle, Minotauro informatico che avanza pesantemente sulle proprie gambe salvo accelerare, improvvisamente, di gran carriera. Defilati, ai bordi della cervice, proprio quegli occhi spiritati, magnetici.

L’ambientazione di “Black Tongue” è curiosa, ma non per questo campata in aria e, lungi dal restringersi ad un laboratorio d’invenzioni di un signor qualunque, parla a lettere cubitali di un gruppo in perpetua, deformante metamorfosi. Impossibile tenere conto di quante volte i Mastodon, portabandiera non più wannabe della migliore ed entusiastica creatività metal del Nuovo Millennio, abbiano cambiato pelle negli ultimi anni, non a caso teatro scenografico del passaggio ad una major prima (“Blood Mountain”), di una trionfale e titanica apertura verso progressive costruzioni psichedeliche poi (“Crack The Skye”). Da tempo il batterista Brann Dailor annunciava l’ennesima svolta, quantificandola in nuovo materiale “con un groove alla John Bonham”. Tenete l’incredulità nel cassetto e scatenate, piuttosto, la curiosità: “The Hunter”, quinto disco in studio, primo direttamente seguito e prodotto dal controverso Mike Elizondo (non servirà specificare divenuto famoso grazie a chi…), devia il corso del fiume verso un’ulteriore ansa, quella dell’immediata fruibilità, e ad essa sacrifica l’intero impianto di base, per la prima volta, dagli esordi, finalmente sciolto dagli impegnativi lacci del concept album.

Come e quanto si sia resa necessaria una discontinuità rispetto al recente passato risulta evidente da subito, proprio con l’apparire di quella “Black Tongue” che sceglie la via delle clean vocals, azzanna alla giugulare l’hard rock grungeizzato dei Soundgarden e rievoca, tutt’al più, il respiro tremulo e stordito dei primi Sabbath (poco meno che tangibili, qualche minuto dopo, nel massiccio riff portante di “Curl Of The Burl”, polvere stoner che insudicia una vigorosa tamarrata sudista sulla scia dei Black Stone Cherry). Lasciate ogni speranza di sludge, o voi che entrate, perché sareste destinati – in caso contrario – a rimanere fortemente delusi: paradossalmente, nulla di animalesco, in senso stretto, ha fornito l’ispirazione per questi brani, se si eccettuano i sordi strepiti dell’immancabile Scott Kelly nel notevole, per quanto vecchia scuola, post-core di “Spectrelight”, unico vago richiamo ai tempi belluini di “Remission” che ora, concettualmente ancor prima che cronologicamente, sono stati messi definitivamente fuori gioco.

Meno ambizione abbassa la soglie d’errore, lasciando maggior spazio al flusso disordinato delle note e dei pensieri. Poco da fare: “The Hunter” diverte. Spiazzando sulle prime, lasciando anche sconcertati per alcuni scivoloni finanche troppo votati all’autoindulgenza – “Octopus Has No Friends”, per citarne una, mette James Hetfield al servizio di sterili funambolismi chitarristici vicini alle ouverture di Emerson, Lake & Palmer –, ma facendosi comunque ammirare per la naturalezza con cui il processo di ricombinazione viene portato a termine. Uno stile graffiante, particolarmente diretto, incisivo nonostante tutto: impossibile non riparlare di Elizondo e delle patinature che riverniciano d’estetica l’istinto primordiale dei Mastodon, addolcendo l’assalto di “Blasteroid” con ghirigori vicini agli ultimi Torche, portando all’estremo l’epicità tonitruante di “All The Heavy Lifting” e creando il micidiale ibrido barrettiano di “Creature Lives”, stravagante allucinazione che, sullo stilema della ballata, innesta cigolii spacedelici, animo da torch song e glassa di fuzz.

La relativa validità di “The Hunter” si misura anche sulle piccole invenzioni di cui ogni brano è costellato: un’attenzione alla didascalia, a dire il vero, da sempre presente nella musica dei quattro di Atlanta, messa un po’ in sofferenza dall’inevitabile rigidità tematica di “Crack The Skye” e qui, senza più vincoli, in procinto di vivere una seconda giovinezza. Merita un approfondimento a parte la sperimentazione di nuova strumentazione, veicolo di future, probabili invenzioni. “Bedazzled Fingernails” scarica un attorcigliato rifferama math in controtempo, su cui si abbarbicano nel bridge gelide sciabolate di theremin, con un effetto che più cinematografico non si potrebbe (forse che il gruppo non è a conoscenza della profonda repulsione di Jimmy Page verso lo strumento?). Il trucchetto orrorifico non è però un unicum e, anzi, viene messo a macerare, appeso agli arpeggi cosmici di “Stargasm” – petto in fuori come da tradizione e fluttuazioni psicotrope tutt’attorno – o sollevato sulle ali della tempesta di “Thickening”, con riff strappati a forza dalle chitarre e divagazioni semi-acustiche su pentatonica alla “Pendelous Skin”, sino a rispecchiarsi negli algidi riflessi della conclusiva “The Sparrow”.

Non è il “black album” di turno, non è un capolavoro, non è un disastro inenarrabile. “The Hunter” è, molto più semplicemente, la voce di un gruppo che ha deciso di scrivere autonomamente, un passo alla volta, il proprio destino, senza affidarsi a previsioni terze. In attesa di ulteriori nuove, ci sembra sia il miglior complimento pronosticabile in circolazione.

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Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 11 voti.
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Sidney 7/10
Lelling 7,5/10
luca.r 5/10

C Commenti

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ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 14:25 del 6 ottobre 2011 ha scritto:

seee, gle piaceresse fare qualcosa come il black album!!!

NathanAdler77 (ha votato 7 questo disco) alle 18:30 del 6 ottobre 2011 ha scritto:

Creature Lives

A tratti sembrano uno strambo ibrido space\stoner tra Hawkwind e QOTSA, poteva andare peggio visti i presupposti..."Thickening" e "Stargasm" valgono mezza stellina in più, e comunque sono riusciti ancora una volta a cambiar pelle. Dailor sempre spettacolare.

TheRock alle 9:30 del 7 ottobre 2011 ha scritto:

il mio preferito resta Leviathan. questo l'ho ascoltato poco. Questo l'ho ascoltato ancora troppo poco, ripasserò per votarlo quando ne avrò un'opinione più scicura

Dr.Paul alle 15:45 del 7 ottobre 2011 ha scritto:

ieri erano ospiti al Letterman show (rai5)...hanno fatto un casino della madonna e basta ahahah

Marco_Biasio, autore, alle 16:21 del 7 ottobre 2011 ha scritto:

RE:

Davvero? Che cazzo, ho perso proprio la puntata del Letterman che meritava! Erano già stati suoi ospiti un paio di anni fa, in quell'occasione avevano suonato "Oblivion" dal precedente "Crack The Skye": performance terrificante a livello vocale!

NathanAdler77 (ha votato 7 questo disco) alle 18:43 del 7 ottobre 2011 ha scritto:

RE: ieri erano ospiti al Letterman show

Hanno suonato dopo Clooney, una "Curl Of The Burl" in versione heavy-pub-rock... )

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 1:53 del 8 ottobre 2011 ha scritto:

tra poco li passeranno su radio digei altro che letterman show ghghgh

bill_carson alle 22:20 del 9 ottobre 2011 ha scritto:

gran bel disco

altro centro. sarebbero una grande band se sapessero anche cantare dal vivo

Totalblamblam alle 19:52 del 19 ottobre 2011 ha scritto:

RE: gran bel disco

ma come dal vivo lui canta alla grande buahahhah

ieri da holland dopo essersi ben lavati li capiddi

fosse solo quello il problema ...inoltre troppi cloni della insipida calvi: in due puntate ne sono spuntate già cinque! ecco perché i giovani d'oggi non producono più sperma

Sidney (ha votato 7 questo disco) alle 1:41 del 20 ottobre 2011 ha scritto:

sono dei grandi. oh questo confrontato al black album se lo mangia in un sol boccone pur non essendo il miglior disco dei mastodon

bill_carson alle 16:42 del 20 ottobre 2011 ha scritto:

no, che poi...

da Letterman invece han cantato bene. Oblivion la stonarono tutta, dall'inizio alla fine.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 16:49 del 20 ottobre 2011 ha scritto:

confrontato a quale black album? quello di prince? allora sì, è decisamente meglio questo.

Marco_Biasio, autore, alle 18:30 del 20 ottobre 2011 ha scritto:

RE:

Sorry Gull, ma pendo decisamente dalla parte di Sidney! Anche perché non ho mai amato troppo il black album.

Sidney (ha votato 7 questo disco) alle 21:18 del 20 ottobre 2011 ha scritto:

il black album è tra le cose più pacchiane e ruffiane mai prodotte da un gruppo rock (non si può parlare di metal in quel caso). questo è invece è album molto più valido, vario e originale (pur senza inventare nulla) di una band che prosegue il suo persorso modificando rotta forse ma senza snaturarsi. il marchio mastodon rimane solido e si sente. long live.

Mushu289 (ha votato 8 questo disco) alle 15:08 del 8 settembre 2015 ha scritto:

i Mastodon nella scena post hanno partorito 3 capolavori del genere senza se e senza ma, quest'album è comunque un'ottima prova del loro valore e della loro versatilità come band, se avessero evitate tracce come Creature Lives e the Sparrow che sono riempitivi inutili avrei dato un 9 senza pensarci