Jü
Summa
Ecco un disco che mi ha dato del filo da torcere per cercare di ricondurre ad una descrizione il suo contenuto: sfuggente e inafferrabile, pronto in ogni istante a smentire radicalmente la direzione appena intrapresa, dichiaratamente alieno alle convenzioni di genere, tempo, ed a modalità espressive vagamente riconducibili ad una qualsivoglia categoria. Messa da parte la surreale idea che RareNoise le studi tutte per complicare la vita ai malcapitati recensori, producendo opere sempre più distanti da una minima possibilità di classificazione, e con una ratio che rimane rigorosamente circoscritta allintelletto dei suoi creatori, il primo tentativo è quindi quello di stare sulle generali.
In Summa sfilano vortici di bucoliche percussioni metalliche alternate a chitarre acidissime e roboanti riff psycho - heavy, trovano spazio momenti free e noise così come spazi ambient popolati da suoni e rumori difficilmente riconducibili ad un singolo strumento fra quelli suonati dai tre ungheresi - il chitarrista Ádám Mészáros, il bassista Ernö Hock ed il batterista András Halmos - o dai loro ospiti, il sassofonista norvegese Kjetil Møster ed il manipolatore di elettronica Balint Bolso.
Quello che sfugge totalmente, però, è il perché le cose si susseguano nella sequenza proposta.
Chiediamo quindi un aiuto allinterpretazione autentica fornita dalle parole del batterista Andras Halmos : Ascoltiamo molti generi di musica tradizionale e ci piace pensare a noi stessi come a musicisti folk. La musica tradizionale, in particolare quella molto antica, suona davvero grezza e semplice, anche se in realtà è complessa e viene tenuta insieme in modo diverso che nella musica suonata su criteri metronomici. Diventa molto più una questione di saper stare nel flusso, vivere il momento e lasciarsi andare invece che voler avere ogni parte sotto controllo. Per me non è mai stato un processo consapevole quello di essere in grado di suonare differenti stili musicali. Non preferisco nessun genere, voglio solo scoprire musica che mi piace e suonare ispirato da quella. Mi piacerebbe che Jü non venissero etichettati in alcun modo, mentre in genere siamo catalogati come una band noise-punk.
Tutto chiaro? Sembrerebbe un manifesto a favore della libera e radicale improvvisazione. In realtà le cose sono un po più complicate, come si evince dallesame dettagliato del programma.
Lady Klimax parte con un tribale riff condotto dalle percussioni che avvolge tutti gli strumenti per poi assumere le sembianze di un ciclopico tour de force chitarristico.
Quindi Socotra, piccola porzione a base di suggestive acustiche percussioni e kalimba, ed a seguire la title track Summa, una torcida psycho -heavy che periodicamente si cristallizza in stasi elettriche dominate dalle percussioni metalliche e degenera nel finale in una bolgia free.
Dopo il breve interludio di Keltnera base di acida chitarra e piatti, lesteso sviluppo di Partir si avvia su un ripetuto fraseggio di sax e chitarre che può richiamare i Morphine, per sfociare in una noise zone e poi dare spazio, di ritorno sulle cadenze iniziali, al tormentato solo di sax di Moster.
My heart is somewhere else anima di furia punk un riff che parrebbe accattivante, quasi pop: poi annulla tutto in una devastante appendice noise.
La struttura di Jimma blue evolve lentamente da una meditativa sezione iniziale ambient ad atmosfere psichedeliche nutrite dal dialogo fra chitarra e percussioni tribali, per acquistare consistenza con lingresso del perentorio riff kraut del basso.
Mongerl Mangrove è un macigno hard core affogato nella distorsione e Sinus Begena chiude il tutto con il basso di Hock che suona come uno strumento a corde tribale.
Tutto qui. Io non sono riuscito a venirne a capo.
Salvo divertirmi, qua e là, con laria smarrita di chi non capisce bene in quale gioco sia stato coinvolto.
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