Incite/
Dare To Dance
“Dare To Dance” è ritmo, headbanging obliquo, spappolamento cerebrale. Ma anche adrenalina, pressione accelerata, breakbeat cardiaco. “Dare To Dance” è, semplicemente, quello che trasmette: il “coraggio di ballare”.
Accantonata del tutto la riflessività elettroacustica dei lavori solisti, Kera Nagel (axiomatic integration) e André Aspeilmer (GradCom) evolvono il suono della loro creatura Incite/ verso trame dancefloor assassine. Principalmente autori di live sets audiovisivi frutto di una perfetta alchimia tra musica e immagini tridimensionali in scala di grigi (di cui gli ultimi lavori “Dualicities” e “Zoom Studies”, comprendenti materiale della loro ultima fatica su album, ne sono un esempio), con “Dare To Dance” giungono al loro secondo album e centrano l'obbiettivo.
L'esplorazione musicale disturbata del passato è un vago ricordo. Qualcosa doveva esplodere e fuoriscire, troppa era l'energia trattenuta dal noise deviato e introverso e il debutto su Hands Production (“Mindpiercing”, 2009), con i suoi rari picchi ritmici, era il segnale di un possibile cambio di rotta. “Dare To Dance” ne è infatti la naturale conseguenza, con le sue tempeste di noise frizzante, glitch con le bollicine e breakcore scevro delle sue poliritmie drum'n'bass. Composizioni bastarde figlie illegittime dell'industrial, composte da bordate di synth adrenalinici (“Glass”), distorsioni tirate al limite (“Urban City”) e accenni idm psicotici (“City Secret”). Ritmi netti e precisi dalle gambine spezzate, attacchi electroclash made in Fischerspooner grattuggiati e sfibrati (“Body”) e remix del nuovo corso anticipato all'interno della compilation Hands Production dell'anno appena trascorso (“Under Costruction”). L'industrial prende le vesti di archetipo in grado di filtrare e interpretare le più inebrianti movenze da dancefloor, capace di coniugare frequenze moleste con synth fuori di senno (“Dare To Dance”) e mitraglie impazzite con pattern ritmici infuocati (“Fire”) e incazzati (“Cycle”).
“Dare To Dance” mostra l'affiatamento invidiabile raggiunto dalla coppia di Amburgo. Una produzione coesa ed accattivante, originale e creativa, che utilizza l'esteriorità percettiva delle sonorità industriali allontanandosi dalla sua confusa alienazione o forzata aggressione sonica. Il mattatoio di macchine diviene così solo un pretesto per creare estasi ritmica (“The Avatars”). Un suono con le molle, che balza e rimbalza, prima trattenuto e poi lasciato schizzar via. Scuote, sorprende, coinvolge l'ascoltatore, e, se l'impatto con la musica degli Incite/ è stimolante, un piccolo consiglio per bearsene appieno è quello di godersi un assaggio della potenza espressiva dei live sets per cui i due tedeschi sono rinomati (spezzoni di questi sono scaricabili dal sito internet qui a fianco), perché la loro musica è fondamentalmente concepita per una fruizione accompagnata da immagini. E poi, il coraggio di ballare, o almeno di muoversi verso lo “Psycho Path”, non tarderà a salirvi in groppa.
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