Rob Zombie
Venomous Rat Regeneration Vendor
Lo strano caso del Dr. Rob e di Mr. Zombie. Il musicista e il cineasta. Personalità che sono luna la logica prosecuzione, il prevedibile sviluppo dellaltra. Ma che, nel tempo, hanno assunto peso e popolarità diversi, inversamente proporzionali. Fino a quando la seconda ha preso decisamente il sopravvento sulla prima. Relegandola progressivamente sullo sfondo, confinata allinterno di un target molto basso per genere/età di riferimento. Oppure, a seconda dei punti di vista, sublimandola e salvandola (in parte) dal vieto cliché del metallaro ormai quasi cinquantenne che continua imperterrito a suonare musica per ragazzini. Comunque la si voglia vedere, una cosa è praticamente assodata: nellultimo decennio la carriera del Zombie autore cinematografico ha rivelato uno spessore e un talento (e, direi quasi, una sensibilità) infinitamente superiori a quella del Rob musicista, guadagnandosi lammirazione e il culto anche di chi, come il sottoscritto, da ragazzetto non è che avesse questa gran passione nei confronti di White Zombie et similia. Il che dovrebbe servire anche a rispondere allinevitabile domanda sul perché, con tutta la buona musica che esce ogni santo giorno del mese, stiamo qui perdere tempo col nuovo album del pluricitato Rob Zombie.
Per rinfrescarci un po la memoria, va detto che il vecchio Rob, almeno nei suoi lavori più significativi come La Sexorcisto (1993) o Hellbilly Deluxe (1998), è stato per un po una specie di anello di congiunzione fra i Metallica e i NIN - via Black Sabbath inevitabilmente - nonché il padre putativo di personaggi magari musicalmente discutibili ma dallinnegabile capacità di penetrazione nellimmaginario mediatico collettivo come Marylin Manson e buona parte del variopinto e artificioso carrozzone nu-metal dinizio millennio. E fedele a quello stile, caratterizzato da influenze elettroniche, goth e horror-core, è rimasto nel corso degli ultimi anni come testimoniano le colonne sonore dei suoi film e luscita, pochi giorni dopo Le Streghe di Salem, di Venomous Rat Regeneration Vendor. Unopera che risente, come e più che in passato, del taglio cinematico e citazionista impresso dal suo autore: le canzoni sono paragonabili a una sequenza di videoclip o di cortometraggi, una rassegna di Halloween presentata da Zio Tibia o dalla popputa Vampira (Maila Nurmi) di Channel 7 intercalata dai teleschermi anni 70 allinizio di La Casa dei Mille Corpi, che toccano vari generi dallerotico-horror (Teenage Nosferatu Pussy), al lovecraftiano (Dead City Radio And The New Gods Supertown), dalla fantascienza pulp anni 50 (Behold, The Pretty Filthy Creatures) allo slasher movie in salsa western (Trade In Your Guns For A Coffin).
Il divertimento adolescenziale, un po' weird e trash (oltre che thrash) è innegabile e lumorismo tarantiniano che Zombie sa snocciolare nei testi, così come nei dialoghi dei suoi film migliori, lo mantengono una spanna sopra la maggior parte dei suoi epigoni o dei tanti dinosauri hard-rock e metal degli anni 80 e 90 che tentano di riciclarsi fra un Gods Of Metal e laltro. Dal punto di vista della scrittura, tuttavia, lalbum non mantiene le flebili speranze che la title-track, col suo main-theme strumentale acido e orientaleggiante anni 60, potevano indurre in chi come me non ascoltava un suo disco per intero da diverso tempo. Nonostante lesecuzione di buon livello, che vede Zombie accompagnato da veterani del genere come John 5 (chitarra) e Ginger Fish (batteria), già nella band di Marylin Manson, Piggy D (Alice Cooper) e un tastierista-produttore di lungo corso come Bob Marlette, e un discreto lavoro assemblaggio sonoro, Venomous Rat Regeneration Vendor risulta, a conti fatti, tonitruante, tutto muscolare e ripetitivo, dopo l'impatto iniziale abbastanza positivo. Merito, questultimo, soprattutto dei contorsionismi porno-horror ad altissimo voltaggio di Teenage Nosferatu Pussy e della cavalcata bluesy e ribassata di Dead City Radio And The . Poi Zombie cerca come può dinsaporire la solita minestra riuscendovi solo in parte fra industrial-gotici che innestano sample elettronici e brani di sonoro cinematografico sulla struttura chitarristica metal: il dancefloor per headbangers e freakettoni di Rock And Roll (In A Black Hole) e Ging Gang Gong De Do Gong De Laga Raga), ad esempio, ha il suo perché, come pure lincipit electro della martellante The Girl Who Love The Monsters, le chitarre sgargianti e quasi power di Revelation Revolution un po meno, ma fanno comunque parte del gioco. Altrove la band si limita completare un quadro, già ben chiaro e familiare allascoltatore, con puntate street metal (Behold, The Pretty Filthy Creatures) o stoner (Lucifer Rising, Trade In Your Guns For A Coffin) e una cover un po tamarra della già parecchio tamarra di suo Were An American Band dei Grand Funk Railroad (il gruppo preferito da Homer Simpson) .
Un discreto divertissement per gli appassionati zombiani più devoti e per chi ha letà giusta per apprezzarlo senza troppi complessi di colpa. Come direbbe Scaruffi, buy it only if youre a fan.
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