Architects
Lost Forever // Lost Together
A due anni dalluscita di Daybreaker, tornano gli Architects, questa volta sotto Epitaph Records, con un prodotto che ha diviso in due le critiche ed i fans. Il quartetto di Brighton sforna così il sesto album studio Lost Forever // Lost Together, disco sudato, sofferto ed emotivo, espressione dellurlo di nuove generazioni di adolescenti rabbiosi ed emarginati, di un completo disgusto verso la religione e la situazione politica mondiale degli ultimi anni; tematiche già presentate in passato anche in altri brani, vedasi These Colours Dont Run: insomma, squadra che vince non si cambia. Questa volta però il messaggio è più potente, si avvicina alla sfera dell'intimità, è intriso di dolore emotivo e di personali vicissitudini (il tastierista/chitarrista Tom Searle scriverà uno dei brani proprio in seguito alla diagnosi di cancro alla pelle).
Lalbum parte così, ferocemente, con la splendida Gravedigger, protagonista della video-release, che prende immediatamente di prepotenza il cuore e le orecchie dellascoltatore, con la violenza di impatto e un chorus tra il pulito e il graffiato, dal facile ascolto e che si imprime nella memoria fin dai primi ascolti. Buon collegamento anche con le successive Naysayere Broken Cross: luna, specchio di una generazione rifiutante, scandita dal futuro inno generazionale You can't stop me giving a fuck. Fuck it, I'm a dreamer and I'm dreaming on ; laltra, un attacco potente alle attuali guerre religiose. Vi è tuttavia il problema di faticare a riconoscere le distinzioni tra alcune canzoni, le ritmiche si assomigliano molto, nonostante il riempimento di sonorità prog/math, addolcite da memorabili tastiere ed effettistiche post-rock malinconiche, alternanze di tempi più ritmati, breakdown e parti pulite in cui la performance vocale di Sam Carter risulta obiettivamente eccezionale, ed indiscussa. Tra i difetti principali sicuramente da riportare il calo dopo lo scatto iniziale dei primi brani, con un assopimento e appiattimento statico, fino allarrivo di C.A.N.C.E.R. e Colony Collapse, pezzi che oltretutto affrontano tematiche forti come il cancro e il disastro di Fukushima, che riportano il giusto sapore al disco, ci risvegliano, per poi farci ricadere nelloblio fino quasi alla fine delle 11 tracce, riuscendo comunque a concludere in bellezza con Distant Blue. Tutto sommato un buon prodotto, che cerca di riprendere le sonorità dei primi Architects, quelli dei più venduti Ruin (2007) e Hollow Crown (2009), pur correndo il rischio di omologarsi e ripetersi, ma rinfrescati con atmosfere buie e introspettive che si avvicinano alle sofferenze, disperazioni e drammi umani: una ricerca forse non solo da marketing spudorato con i suoni delle origini, ma un prodotto più maturo ed elaborato, finalizzato a scavare uno spazio dentro, rimanendo nel limbo condiviso di una generazione nascosta, di ragazzi incazzati ed introversi, passivi, dominati dagli eventi; quei ragazzi che non spaccano il mondo, ma che rimangono chiusi in universi sofferenti, aspettando la fine, il crollo di una società nichilista.
Sebbene il disco abbia ricevuto notevoli critiche, è inopinabile il lavoro della band, che in poco tempo elabora un prodotto uscito bene, che prende lascoltatore e i fans, ergendo un inno di speranza per continuare a reagire: rifiutando, lottando e continuando a sognare.
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