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R Recensione

8/10

System Of A Down

Mezmerize

Grazie all'Armenia: paesino dell'area caucasica, è tristemente noto per aver subito nel 1917 il genocidio religioso da parte della confinante Turchia. La capitale Erevan è un esempio di come la tradizione montanara riesca a mantenersi viva nonostante il passare del tempo: le case moderne vengono arricchite sovente da decorazioni tipicamente contadine.

Grazie ai casi fortuiti: un caso fortuito ha fatto la fortuna della band in questione.

Grazie alle poesie lasciate sbadatamente nei cassetti: un ringraziamento particolare va a Victims Of A Down, dimenticata quasi per errore nel cassetto di un lontano armadio in casa Malakian e divenuto il simbolo della band, nonché l'ispirazione di Serj Tankian.

Grazie all'American Columbia e alla sua bandiera americana rovesciata: se l'America di questi tempi è rappresentata da George W. Bush, tanto vale rinnegarla da subito.

Grazie alle tracce di “Mezmerize”: ce ne sono per tutti.

Grazie per le introduzioni, sia quelle letterarie, sia quelle filosofiche, sia quelle musicali. Il ritmo lento del minuto e tre di “Soldier Side - Intro” rappresenta ciò che i System Of A Down vogliono dirci: la quiete prima della tempesta.

Grazie per la tempesta, un tipo di precipitazione atmosferica dall'incedere violento e tumultuoso. In questo caso, grazie a Bring Your Own Bombs, volgarmente chiamata “B.Y.O.B.”. L'incipit è angoscioso, lo svolgimento è roccioso nella sua pesantezza, il ritornello è uno spiraglio simil-pop soffocato da una montagna di riff orientaleggianti, la parte centrale è incazzatissima, a dimostrare che la tempesta non può essere una pioggerellina. E che non si è mai troppo al sicuro. Lega per la Protezione del Timpano.

Grazie alle vendette e vendettine generali: “Revenga” ne è un esempio. Chi potrebbe emozionare con una cavalcata metal, riff epici, assoli in stile black metal, la scena di un cavaliere in fuga già davanti ai nostri occhi, facendo i coretti a due voci con un bel “Poisoning a drink / Bleeding in a sink / Choking with a link / Killing with a stink / Just your mother's" intervallato talvolta da un “Ho” e talvolta da un esasperato “My sweet Clementine”? E chi se non i Nostri potrebbe permettersi di chiudere tre minuti e quarantanove di suspence con un ritmico, quasi rappato, “Shoulda been coulda been / Shoulda been coulda been you”? Grazie anche di questo.

Grazie agli agricoltori, che ogni giorno si alzano alle sei di mattina per andare nei campi, trattore antistante, ad arare e seminare. Che dopo questi contadini siano alle dipendenze della Barilla, è un altro discorso.

E grazie ai galli dei contadini: chi è un contadino senza gallo? È come dire Pamela Anderson senza tre chili di silicone. Voi ce la vedreste? Quindi, di conseguenza, grazie ai quattro che, aprendo “Cigaro” con un riffone granitico, affermano con disinvoltura che "My cock is much bigger than yours". Eccerto. Grazie della modestia. E della serietà.

Grazie alle telecomunicazioni: fondamentali per la nostra vita quotidiana, ma che talvolta possono rivelarsi, nelle mani sbagliate e/o inesperte, delle armi micidiali di superficialità e consumismo. E quindi ben venga “Radio/Video”: interessante lo spunto folk (che però i SOAD avevano già anticipato sei anni prima nella stupenda “Peephole”), interessante il messaggio del testo, interessante l'improvvisa sferzata di rabbia, giunta come la manna nel deserto in un punto morto della canzone. Grazie infine della cavalcata folk intrapresa del sempre più coraggioso Daron.

Grazie ai titoli lunghi e/o impronunciabili: Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, ad esempio, è il nome di un quieto e pacifico villaggio situato nel nord del Galles, che vanta il record mondiale di essere il toponimo più lungo d'Europa e il terzo nel mondo. Apperò: mica da poco. E i poveri abitanti? Quando si sentono chiedere “ma tu, da dove vieni?” che cosa fanno? Si dirigono verso la vetrina delle armi per cercare un bel revolverone stile 1860 ottimo per tutti i tipi di tempia? Può anche essere. Nel frattempo, gli armeno-losangelini si sono accontentati di un più modesto “This Cocaine Makes Me Feel Like I'm On This Song”: canzone dai ritmi coinvolgenti, dai riff semplici ma diretti, dai ritmi crudi. Grazie per la modestia.

Grazie per i numeri perfetti: nell'antichità, erano tenuti in particolare considerazione il tre, il sette e il dieci. E il numero perfetto fra i perfetti? Quello che sta in mezzo: viva il sette. Grazie per il rap di “Violent Pornography”, aperto da un giro di basso che rimanda ad atmosfere orientali e seguito da un ritornellone farcito di tanta denuncia e buona volontà. Grazie perchè non avevamo capito che "It's a non-stop disco / Bet you it's Nabisco". Grazie per la fine dei problemi e/o dei vizi: grazie per non averci tenuti in ignoranza.

Grazie per l'angoscia, il timore, la paura nascosta fra gli anfratti della mente umana: grazie per le domande retoriche, che si aprono sanguinanti come tante piaghe sulla pelle di un lebbroso. Grazie per le illusioni che sfuggono alla razionalità: grazie per le belle favole, grazie per le menzogne che ci propinano i potenti, grazie per i paraocchi. Grazie per le nacchere: strumento predominante nella gioiosa danza iberica denominata flamenco, che talvolta possono segnare con un preciso ticchettio lo scorrere dell'idiozia umana e dei cupi perché. Grazie per averci dimostrato che nulla è reale, che nulla rimane costante a distanza di tempo: grazie per gli imperativi, quasi d'obbligo nella traccia n°8 (“Question!”, sentenziano i Nostri) per capire davvero cosa ci rimane. Grazie per l'incipit nervoso accompagnato da una montagna di riff al tritolo, con il timer ormai esaurito sotto la voce “pazienza”. Grazie per il ritornello pesante nella sua complessità. Grazie per la comprensione mostrataci, per l'esibizione dei sentimenti: certe volte le parole mancano e nulla è meglio di un urlo animalesco, straziante, doloroso, che interrompe una nenia ipnotizzante per scuotere la mente dell'ascoltatore. Grazie per la condivisione: nulla è più toccante del chiedersi assieme “Do we / Do we know / When we fly? / When we / When we go / Do we die?”. Grazie per aver confermato il detto “pochi ma buoni”: tre minuti e venti di intensità politica e sociale, scanditi dalle grida selvagge di Daron Malakian, dai ritmi di Shavarsh Odadjan, dalla voce celestiale del trentanovenne Serj Tankian che si sa trasformare, ancora una volta, in acuto romanticismo, anche nei coretti schiumanti di rabbia di “la-la-la-la-la-la-la-la-la-la-la-la”.

Grazie per la pesantezza, per i coretti fragili sotto l'incedere della chitarra, per la quiete temporanea annientata da sei impotenti corde. Sad Statue racchiude alla perfezione ciò che l'album vuole comunicare: “You and me / We'll all go down in history / With a sad statue of liberty / And a generation that didn't agree”. Grazie per una voce soffusa che si sa malleare senza problemi in un feroce growl. E grazie per i riferimenti alla realtà giovanile, purtroppo non confortante.

Grazie per le innovazioni: non sarebbe giusto, nè tantomeno corretto, fossilizzarsi inutilmente in uno schema ripetitivo, che alla lunga provoca nausea e dolori di stomaco (e a poco servirebbe la Cibalgina). Ben vengano quindi le sperimentazioni elettroniche di “Old School Hollywood”, presenti sin dall'inizio della (breve) composizione. Sarebbe da evitare però l'accostamento con il parlato acuto di Daron Malakian, che spesso provoca contrasti non indifferenti: solo Serj Tankian riesce a risollevare la situazione nel ritornello. Grazie, comunque vada, anche alle imperfezioni: il perfetto è noioso. E privo di sorprese.

Grazie a Roma: patria di numerosi eroi, generatrice di un quarto della storia mondiale umana, inventrice di quel latino che a scuola fa rodere il fegato e in altri posti sa affascinare. Grazie al dulcis in fundo, tradotto in italiano con lo squallido ciliegina sulla torta: grazie allo squallore che si inchina al bello. Grazie alle ballate intelligenti: non quelle per gusci insensibili in stile Blu-Lii Raian-Gessi MecCartnei-Dancan Jeims e simili. Grazie alla celebrazione dello squallore: “All you bitches put your hands in the air / And wave them like you just don't care”. Grazie ai perdenti, nati per essere sconfitti, che vivono per vincere. Grazie per le melodie strappalacrime che si sanno traformare in poesia mediante un processo di assimilazione. Grazie per gli sputtanamenti: grazie per averci detto finalmente che non è tutto oro quello che luccica, prima con le “bitches”, poi con un lapidario (ma veritiero) “You should've never trusted Hollywood”. Grazie per chi tira fuori la voce zittendo i paraculi. In breve, grazie per “Lost In Hollywood”.

Grazie per le valutazioni finali, che fanno capire davvero il reale valore del materiale esaminato. Grazie per l'imponente lavoro svolto dai System Of A Down: loro sì, che si fanno il culo per farci capire la reale percentuale di merda contenuta nel geoide chiamato Terra. Che si siano imbolsiti o meno: che si siano addolciti o meno; che si siano commercializzati o meno; che si siano rammolliti o meno; loro rimangono nel gruppetto dei migliori, ora e sempre (nei secoli dei secoli). Grazie per le celebrazioni religiose cattoliche, che si concludono con uno speranzoso “Amen”.

Grazie per tutto, Serj, Daron, Shavarsh e John. Grazie di esistere e di offrire spunti per riflettere.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 19 voti.
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Sor90 9/10
Lux 6/10
Cas 7/10
gi4ndo 6/10
Lelling 7,5/10
Dengler 6,5/10

C Commenti

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Cas (ha votato 7 questo disco) alle 10:38 del 10 agosto 2007 ha scritto:

non me lo sarei aspettato un album così, dopo quello spiacevole terzo lavoro del gruppo in questione. eppure ce l'hanno fatta, dando vita a questo apprezzabile e vario mezmerize. pero dopo hypnotize è meglio che si facciano da parte, la loro parte di storia l'hanno scritta...7,5!

Neu! (ha votato 5 questo disco) alle 13:42 del 10 novembre 2007 ha scritto:

indifferenza assoluta

nell'ascoltarli

Neu! (ha votato 5 questo disco) alle 21:07 del 19 novembre 2007 ha scritto:

comunque B.Y.O.B è un capolavoro, e anche qualcun'altra si salva... nel complesso però non è nulla di che. comunque è il meno peggio dei System

Lux (ha votato 6 questo disco) alle 19:33 del 10 aprile 2008 ha scritto:

Migliore del cuginetto Easy Pop hypnotize

ma i primi due non si battono.

fabfabfab (ha votato 5 questo disco) alle 14:48 del 30 giugno 2008 ha scritto:

finti

TomooTaniguchi (ha votato 10 questo disco) alle 3:15 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

Forse esagero, ma...

...ho un amore incondizionato per questo disco come per il successivo. Un amore pari allo stesso che ho per i primi due dischi. Speriamo solo che non si sputtanino del tutto, in caso di ritorno.

TomooTaniguchi (ha votato 10 questo disco) alle 3:25 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

(ovviamente parlavo dei SOAD)

Giuliano Frizzo (ha votato 7 questo disco) alle 17:51 del 9 dicembre 2012 ha scritto:

Veramente bello, la mia preferita: Revenga, il top del top di questo gruppone, senza dubbio tra i gruppi più rappresentativi dell'ultima decade, secondo me il loro Toxicity è un po' il Nevermind dei 2000'

Utente non più registrat (ha votato 7 questo disco) alle 14:32 del 20 ottobre 2018 ha scritto:

Lavoro più variegato di Toxicity e secondo me migliore dell'esordio, quello troppo aggressivo talvolta senza i risultati sperati. Questo contiene brani di qualità e aggiorna bene il repertorio, il mio preferito è Question!.

Menzione a parte per la splendida a dir poco recensione