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R Recensione

7/10

Future of the Left

The Plot Against Common Sense

Il nome del gruppo sembra il tema di uno di uno di quei simposi pomposi che proliferano soprattutto a metà estate, quando non si sa mai di cosa parlare ed è difficile concentrarsi sulle cose serie - “il futuro della sinistra”, “oltre la sinistra”, “destra e sinistra non esistono più” e via concionando - ma fortunatamente non lo è. Qui i vari Renzi, Bersani, Vendola e perfino Grillo non hanno voce in capitolo, non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando (anche se questa non è una novità). Non è un corso accelerato per aspiranti Obama e Tony Blair. No. Parliamo, invece, di una delle migliori band post-core del Regno Unito e anche d’oltremanica. Nati nel 2005 in seguito allo split dei McLusky, grande cult di scuola albiniana, fomentata da due giovani veterani del genere come Andy “Falco” Falkous (cantante, chitarrista e band leader) e Jack Egglestone (batteria), i Future Of The Left hanno già all’attivo due album molto apprezzati dalla critica (l’ultimo Travels With Myself And Another del 2009), anche se forse meno noti di quanto meriterebbero al di fuori delle due sponde dell’Atlantico. Rispetto al suono marcio e spartano dei mitici autori di pezzi come “Lightsabre Cocksucking Blues”, la nuova incarnazione ha messo a punto uno stile più aperto e schizoide, inglobando elementi wave (i controtempi sospesi e marziali, l’innesto delle tastiere) e melodici. Quello dei FOTL è un punk postmodernista, a tratti urlato ed anthemico, più spesso chirurgicamente scolpito da escoriazioni noisy, rallentamenti, stop’n’go, fraseggi ipnotici e reiterati. Il nuovo lavoro, The Plot Against The Common Sense, rappresenta un’ulteriore conferma delle loro capacità, abbinate ad una maggiore precisione, ad un notevole controllo espressivo nel dare forma compiuta al surreale e catastrofico universo sonoro che titolo e copertina già delineano. Passati da power trio a quartetto bello quadrato con l’ingresso in formazione Jimmy Watkins alla seconda chitarra e Julia Ruzicka al basso e alle tastiere (a fronte dell’uscita di uno dei membri fondatori Kelson Mathias, già leader degli Jarcrew), il gruppo di Cardiff acquista, nell’arco di 15 canzoni, una fisionomia più eclettica e variegata, una ferocia immaginifica, potente ed estroversa ma al contempo ricca di acide sfumature cromatiche e puntellata da una buona tecnica di base.

Con umorismo tipicamente gallese (se mai ne esiste uno), “freakettoide” e demenziale, The Plot Against Common Sense tratteggia vignette umoristiche degne di una pellicola di fantascienza su un olocausto termo-nucleare interpretata dai Monthy Python, incendiando schegge frenetiche come il supersingolo “Sheena Is A T-Shirt Salesman”, urticata da chitarre vetrose ed ipercinetiche, l’”innodi-core” di “I Am The Least Of Your Problem”, il fuzz rugginoso-solforico e il ritornello solenne di “Beneath The Waves, An Ocean” (con quell’inciso scandito che ti resta attaccato come una scimmia sulla schiena: “No way/ You’ll never find peace/ You’ll never find peace/ with the name they gave you”), “Goals In Slow Motion” (dei gallesi non potevano non parlare un po’ di calcio) o “Failed Olympic Bid” robotica e glaciale, con qualcosa che ricorda vagamente i primissimi Tool,  nel ripetere ossessivamente lo stesso riff scalando a poco a poco la velocità. Altrove si cimentano in soluzioni più articolate (e spericolate) come il tribalismo spastico e biomeccanico di “A Guide To Men” o “Cosmo’s Ladder”, dove sembrano una cover-band dei Pere Ubu intenta a smontare e seviziare un giro alla “Live And Let Die”, il math-core dai toni heavy e demenziali di “Robocop 4 – Fuck Off Robocop”, il timbro potente e atonale di “Polymers Are Forever” e “Sorry Dad I Was Late For The Riots”, come dei Dead Kennedys più ellittici e con le tastiere/synth nella fondina, l’ipnosi orientaleggiante e mantrica dell’ottima “City Of Exploded Children”, una performance quasi degna dei PIL. Il degno coronamento della prima trilogia per i FOTL, un gruppo che sembra in grado di riportare il genere ai livelli di attenzione che merita.

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motek 7/10

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