R Recensione

7,5/10

The Glad Husbands

God Bless The Stormy Weather

Di God Bless The Stormy Weather si può solo dire tutto il bene possibile perché è chiaro che se non lo facciamo almeno noi webzine, che sponsorizziamo con onestà solo la qualità, non lo farà nessun altro in un paese di caciaroni come l'Italia.

The Glad Husbands è l'ennesimo gruppo della florida scena post-core di Cuneo e circondario (Fuh, Ruggine, Io Monade Stanca, per fare qualche nome) che riesce a sorprendere per la capacità di catturare l'essenza di un genere d'altri tempi e d'altri luoghi.

Io non lo so come cazzo viva la gente a Cuneo e dintorni, ma diamine, si deve stare davvero male se una serie così cospicua di gruppi è capace di tirar fuori una rabbia così viva e frustrata, in grado di accendere cuori e animi.

Inutile descrivere nel dettaglio le otto tracce che compongono il breve (ma non troppo: mezz'ora) album. Se avete presente quel sound degli anni '80 forgiato dal metallo di Steve Albini e dai suoi Shellac, accompagnati da frastuoni math roboanti di gente come Jesus Lizard e dagli sprazzi geometrici dei Don Caballero, allora avete già capito tutto. Se non li avete presente fatevi un giro qui e poi ci risentiamo tra qualche mese, magari.

Fuori tempo massimo di vent'anni, è vero. Ma di primo acchitto sentire brani come The day he made up his mind fa pensare che si siano ritrovati in una cantina sgangherata delle vecchie registrazioni di avanguardia noise-core del 1988 o giù di lì. Quando l'hardcore era già centrifugato a dovere e veniva strizzato a dovere in ogni direzione possibile, pur mantenendo quella volontà linfatica di odio e rancore per il mondo circostante. Nota di merito anche per la chiusura sotto la pioggia di Wyoming: un'intensità epica degna dei Metallica di And the justice for all.

Applauso per The Glad Husbands.

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