Gazebo Penguins
Legna
Si fa sempre in tempo a cogliere l’attimo. Come quando osservi una vecchia polaroid, e mentre distogli lo sguardo noti nell’angolino quella pulce del tuo fratello minore – figlio infame degli anni ’90, ça va sans dire – sbrindellare il pupazzo preferito della tua infanzia, che tua madre ha poi fatto opportunamente sparire per evitare la giusta vendetta che avresti esercitato nei suoi confronti con cattiveria inaudita. Oggi sei grande, e le maniere forti non ti servono più, anche perché la pulce del tuo consanguineo si è gonfiata a dismisura in palestra mentre tu ti trastullavi in salotto coi tuoi cd o arrancavi nella corte spietata a una ragazza d’altri tempi (le ragazze a quei tempi erano tutte d’altri tempi). Ma l’angolino di quella polaroid ti fa ribollire il sangue, e c’è solo una cosa da fare, oggi, adesso: accendere lo stereo e stordire il laido fratello a forza di legnate. Magari mentre coltiva il suo orto su facebook, o videochatta coi pantaloni sbottonati. Se non ti sei ancora procurato Legna, può bastare una riga sulla moto che tiene in garage accanto alla tua vespa. Oh si, si fa sempre in tempo a cogliere l’attimo.
Che poi io nemmeno ce l’ho un fratello minore, ma ascoltando gli otto pezzi che compongono Legna, i loro sanguinosi tellurici epiloghi, il loro evocare immagini sbiadite che si risolvono quasi sempre in stritolanti sfuriate, beh, giuro che lo vorrei, per vendicarmi a scudisciate hardcore e trascinarlo ai concerti dei Gazebo Penguins.
C’è una sorta di consapevole frizione tra forma e sostanza della band emiliana. Provenienti dalla provincia modenese-reggiana, tra Zocca e Correggio (vi ricorda qualcosa?), i tre Pinguini del Gazebo possiedono una ragione sociale lucidamente ridicola, adottano nomi d’arte non da meno (Capra, Piter, Sollo), si prendono tacitamente in giro in prima di copertina, e stampano un lungimirante “Lascia l’ascia Accetta l’accetta” su seconda e terza. Se non bastasse, il packaging (artigianale, numerato, e bellissimo) contiene un poster a foggia di locandina cinematografica che ritrae i nostri eroi nel bosco, abbigliati da taglialegna, con tanto di motosega, barbe finte, camicie di flanella. Superate le apparenze, il contenuto nudo e crudo di Legna è tutt’altro che giocoso: al di là di una folgorante miscela di post-hardcore, screamo e sprazzi di math-rock, il contenuto delle liriche – in italiano, dopo gli esordi in un inglese, parole loro, maccheronico – è una continua straziante apologia del ricordo, un inno sbavato di malinconia lacerante e di pallidi ricordi bruciati nel camino.
Un urlo raggelante dopo aver perso il Tram Delle Sei, la cacofonia martellante e insofferente della velocissima Dettato (un testo che alcuni di noi dovrebbero mandare a memoria, eheh), la nostalgica, anthemica Senza Di Te, in cui un tappeto di distorsioni è impreziosito dalla voce più unica che rara di Jacopo Lietti (Fine Before You Came), un’istituzione che è già leggenda in questi territori. A me potrebbe bastare. E invece in questi bollenti ventitre minuti, registrati magistralmente da un enorme Francesco Burro Donadello (Giardini di Mirò), c’è spazio per molto altro. Le contaminazioni quasi funky di Frate Indovino, un impossibile connubio tra i Primus e i Beastie Boys che si capovolge in un finale di sciabolate ai limiti del prog metal, lo sfarfallio elettrico e il drumming incosciente di Troppo Facile, le geometrie sghembe di Ci Mancherà, i due minuti di bombardamento nucleare di Cinghiale, violentissima, ossessiva e a suo modo geniale. 300 Lire, infine, chiude il disco, giusta e sbiadita come la polaroid di cui si diceva all’inizio, fumosa eppure indelebile, un ricordo che non torna nemmeno se evocato.
Legna è disponibile in cd pregevolmente confezionato e in free download, dunque non ci sono più scuse: se non avete un fratello, inventatevelo. E vendicate il pupazzo sbrindellato urlandogli il vostro disappunto mentre brandite birra calda in un bicchiere di carta. Lui se ne fregherà, e voi mortificati premerete repeat sul telecomando, continuando a distogliere lo sguardo dall'angolino scolorito che vi fa andare avanti, e vi riempie la vita.
Tweet