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R Recensione

6,5/10

Indicative

III: Awake/Existence/Decline

La consolidata tradizione dell’underground italiano che, a partire dalle scorie radioattive dell’America rumorosa degli anni ’90, dà loro continuità autoctona in dischi tematici di buona tenuta e discreto spessore, trova un’altra punta di diamante nei palermitani Indicative, una tra le innumerevoli ottime band di una scena in movimento cui – almeno a livello nazionale – non ci si è ancora peritati di concedere sufficiente attenzione. Torniamo allora a parlarne in occasione dell’uscita di “III: Awake/Existence/Decline”, terza prova studio del quartetto siciliano, a otto anni dall’omonimo esordio lungo e a quattro dal più breve “5 Shots // Yellow Sky”: un concept in nove fluidi movimenti che, prendendo ispirazione dai diciotto canti della Bhagavadgītā (la sezione religiosa del Mahābhārata, uno dei poemi epici indiani in sanscrito più celebri), intende raffigurare tutta la fatuità delle sanguinarie ambizioni umane sullo sfondo dell’imperscrutabile ciclo naturale dell’universo.

Il tema, di per sé importante e significativo, viene svolto con precisione ed esaltato dalle ottime capacità strumentali del quartetto: le due chitarre di Emanuele Grassadonia e Giancarlo Pirrone, come consuetudine di molto post metal, lavorano fianco a fianco in assoluta sintonia, elaborando la maggior parte degli spunti melodici propriamente detti e lasciando al basso di Alberto Pezzati e alla batteria di Pietro Pitingaro l’incombenza di sparigliare le carte in tavola. Sempre sul sottile crinale che conduce dritto tra le fauci della geometria astratta (a lungo corteggiata, ad esempio, dal plastico riffaggio metallico che infrange la ticchettante quiete di “Decadence”), non alieno a certe logiche formali di alternanza pieno-vuoto (l’onirico montare chitarristico di “Human Consciousness” che cozza su un poderoso frangiflutti di noise acido) o distonia-armonia (math-core formato Megadeth per la virtuosistica “And The Sky Turned Red”), collocato all’inevitabile intersezione fra i Tool più industriali (“Dawn”), il post-core di prima generazione (che, in “We Get What We Deserve”, è ben infiorettato dall’elettronica e dallo screaming di Meddi dei concittadini Your Noisy Neighbors) e i Giardini di Mirò di “Rapsodia Satanica” (“Dissolution”), il disco scivola via con eleganza, ma senza particolari sussulti. Solo in coda, con le ossessive sincopi crossover di “Collapse Pt. I” e l’abrasività hc new school di “Collapse Pt. II”, il mood sembra farsi meno ricercato e più fisico: ma è una vampa che si esaurisce all’istante senza alcun effetto collaterale.

Anche senza vocina maligna, in verità, non si fa fatica a riconoscere che sempre dei soliti noti in fondo si tratta, e che un disco come “III: Awake/Existence/Decline” lo si è ascoltato molte altre volte negli ultimi anni: finché i risultati sono questi, tuttavia, possiamo anche soprassedere. Ottima testimonianza dell’intrinseca vitalità artistica di Palermo e buon biglietto da visita per le esibizioni live del gruppo.

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