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6/10

Kodiak

Kodiak

Un caleidoscopio nero: una camera davvero oscura. L'involucro e gli strati muscolari esterni di questa musica densissima incutono timore e silenzio. Sembrano fatti appositamente per testare la tempra di chi si avvicina a questo intenso scrutare nel buio. Bisognerà attraversare corridoi avvolti da un "bible black" e sollevare diversi spessissimi drappi neri prima che la materia sonora si riveli nella propria intima (e scarsamente illuminata) essenza.

Si tratta tuttavia di alcuni flash, capaci però di permettere alle menti e agli occhi in allerta di cogliere la fisionomia del panorama prima che questo ritorni ad essere risucchiato dalla notte più profonda. Il senso di oppressione da un crepuscolo infinito è caricato da ansiogeni e pesanti riff di chitarre solenni e da funeree marce ritmiche ma, qualora si riesca a superare l'indicibile paura a cui queste atmosfere inducono, ognuna di queste lunghissime composizioni elevate al culto di una musica strumentale priva di compromessi si dischiude verso un godimento sensoriale depurato da illusioni e da falsità. Certamente i Kodiak sono una emanazione di quel  “drone-metal” che ha tanti ammiratori quanti detrattori.

Scorrono nel cervello, come in parata, Isis, Sunno))), Godspeed You Black Emperor, Omega Massif, Earth: ognuna di queste realtà si manifesta e si sussegue all'altra, per poi scomparire nel baratro da cui proviene, lasciando comunque ampio margine all'espressione della creatività di cui è portatrice la formazione tedesca. Il doppio cd in questione, accoglie sul primo dei due supporti l'omonimo debut album dei Kodiak arricchito del nuovo pezzo By The Sea (superba sintesi del “Kodiak-pensiero”), mentre il secondo include tanto i brani tratti dagli split in combutta con Black Shape Of Nexus e Nadja, quanto quelli inseriti nel recentissimo lavoro realizzato insieme all'artista che si cela dietro la sigla N (al secolo, Hellmuth Neidhart). Ma di fatto si tratta di un continuum coerente e indivisibile di due ore che non lascia intravedere fratture o giunzioni posticce. Il range offerto ovviamente spazia tra i due estremi, dalle sezioni più classicamente post-metal (integrate nei primi tre pezzi del CD1), agli esperimenti di rarefazione ambientale di Ranon e Xenon, ossia le songs create con Neidhart.

Quello che richiede questo opus eponimo è un ascolto impervio che non ammette distrazioni o pause (requisito che d'altro canto dovrebbe imporre ogni musica). Eppure fra lunghe reiterazioni molto si muove, come in una lenta marea nera che trascina enormi quantità di detriti alluvionali. Pezzi come Town Of Machine non mancheranno di ripagare attese che, a seconda degli stati d'animo, potranno sembrare brevi o eterne. I 21 minuti di eclissi emozionale di MCCCXLIX The Rising End paiono condurre le facoltà percettive in un'altra dimensione del possibile. Ma in generale, che si rimanga con i piedi in apparenti acque statiche, sia che si venga trascinati via dall'inquietudine di una apocalisse imminente, non viene svelato il mistero dello spaesamento di cui i Kodiak sono artefici. Alcuni li chiamano già i nuovi maestri di questo diafano genere.

Di certo varrà la pena attendere cosa accadrà all'uscita della trilogia (!!!) di concept album attualmente in fase di scrittura. Per ora ci troviamo ancora a fare i conti questo disco mesmerico, un magnete che attrae e che respinge. Che ha intrinseco nella sua materia il valore irrisolto di un monolito nero. E che pare condurre nel cuore di una immensa tenebra.

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