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R Recensione

5/10

Neurosis

Honor Found In Decay

Senza illusioni, senza troppi rimpianti. “Honor Found In Decay”, undicesimo disco in venticinque anni di attività per i Neurosis, è poca roba. Arrivare ad ammetterlo così, serenamente, con sulle spalle il peso stritolante di una Storia Rivoluzionaria – mettiamo le maiuscole, così, solo per sentirci peggio –, una delle ultime e delle più sincere del rock, non è mancanza di rispetto, gratuita iconoclastia. Anzi. È, forse, il troppo amore che impone un passo indietro ed un giudizio calibrato giacché, calati ormai in una certa familiarità, il sentimento da preferirsi rimane pur sempre l’onestà. Il grigio e plumbeo Anno Domini 2012, forse per la prima volta nel lungo percorso degli invincibili cinque di Oakland, California, produce frutti nemmeno avvizziti, ma sicuramente insipidi, peccato mortale che solo contraddistingue la vena artistica destinata – salvo colpi di coda dell’ultimo momento – ad un fisiologico declino.

Lo scarto tra l’epica sofferta, eppur caracollante, dell’ultimo autografo “Given To The Rising” (2007) e gli stanchi rituali del suo successore si avverte già, clear-cut, nel riff di cupa semplicità sabbathiana che regge “We All Rage In Gold”: le anse strumentali si inarcano a comando, didascaliche, sfilando tra synth ed accenni sludge deprivati di ogni possibile tensione interna. “At The Well” è un polittico spogliato da orpelli, patchwork di battaglia dove la complementarietà delle chitarre – giudice di porta un lamentoso Scott Kelly, intelligente invasione di campo di una cornamusa drogata (dronata?) – viene spasmodicamente contratta, ma solo nel finale, in un conatus tribale verso l’aurea forma post metal, con lacrimuccia nostalgica come primo effetto collaterale. L’atmosfera viene coccolata, ancora per un po’, da “My Heart For Deliverance”, che rimedia alle brutte progressioni elettriche (la fantasia di Steve Von Till è, almeno qui, ai minimi storici) con generose immersioni in una psichedelia dai colori tenui, amniotici, pulsanti, primo sintomo del conclusivo, annunciato ispessimento panoramico à la Pelican. La seconda metà di “Bleeding The Pigs”, noise-proggish, si incendia su di un selvaggio substrato di tam tam, finendo per schiantarsi su sample vocali e sovraincisioni ambientali, ma il livello di coinvolgimento torna ben presto ad inabissarsi, tra una stiracchiata “Casting Of The Ages” partorita dal songbook degli A Storm Of Light e gli indolenzimenti blues, portati a collidere con detriti di antesignano post-core, di “All Is Found... In Time”.

Quando, poi, il piglio arcigno di “Raise The Dawn” svela, al suo interno, una toccante anima decadente, folk stonato e novembrino per archi, theremin ed elementi elettroacustici, in un circolo melodico che volutamente rimane incompiuto ed acerbo, si rimpiange per un attimo sull’occasione persa. O forse no. Perché “Honor Found In Decay” è solo una, mediocre, scusante: per riabbracciare, finalmente, i Neurosis dal vivo.

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