R Recensione

9/10

Crystal Antlers

Tentacles

Ci ho messo mesi a decidermi definitivamente sui Crystal Antlers. Capolavoro o disco mediocre? Davvero innovativo o la solita pappa? Quesiti apparentemente semplici per un seppur modesto fruitore di musica come il sottoscritto. Eppure ci ho messo davvero un sacco di tempo a “leggere” tra le righe di Tentacles, lp d’esordio di un gruppo che si era fatto conoscere un anno prima con un ep (prodotto da Ikie Owens dei Mars Volta) in cui si faceva largo la monumentale Parting song for the torn sky, neo-psichedelia noise devastatrice allo stato puro. Una roba talmente fica da generare importanti attese nel sottoscritto (e non solo, visto l’hype presente nel web).

Quando infine esce questo Tentacles lo ascolti e rimani un po’ spiazzato perché ti aspettavi qualcosa in simil-Liars e decisamente più indirizzato nella direzione fatta intravedere nell’ep. Senti che è una cosa che richiede attenzione, gliela dai, fai scorrere il tempo, concedi ascolti su ascolti, e alla fine capisci che il disco è un fottuto capolavoro. Una di quelle pietre vitali che ciclicamente da ormai cinquanta e passa anni riescono a portare il rock ad uno stadio ulteriore, smentendo in continuazione quelli che ogni tre per due danno il genere morto e sepolto. Certo, ovvio che ogni volta che si avanza verso l’ignoto ci si sposta un po’ di più dalla base di partenza, e infatti un disco come Tentacles ha ben poco di quello che può evocare la parola rock. Ma è per questo che amiamo etichettare tutto con termini nuovi come post, new, e trattini vari a collegare i generi più disparati.

E allora eccoci qua, a parlare di un disco eccezionale che pur guardando molto al passato appare sorprendentemente orientato verso il futuro.

Si è detto in giro che i Crystal Antlers sono nient’altro che dei nuovi Mars Volta, oppure sono l’ennesima riproposizione un po’ più energica del robusto garage psichedelico dei ‘70s.

Ovviamente smentiamo sia l’una che l’altra proposizione. Oddio in realtà c’è un fondo di verità in queste due affermazioni, ma sembra più corretto dire che i Crystal Antlers sono quello che i Mars Volta avrebbero potuto essere se si fossero rivolti a un suono più ordinato e melodico (guardando per l’appunto anche al garage-psichedelico di una volta) invece di lanciarsi verso abissi di tecnicismo prolisso e sterile. Eppure è netta la sensazione che si vada molto oltre. Lo si capisce fin da subito con l’apertura strumentale Painless sleep, una fulminante esplosione sonica tra post-punk e psichedelia alla Oneida.

È con Dust però che troviamo bene elencate le caratteristiche principali del gruppo: hammond in primo piano, cantato appassionato, strozzato, tragico e un mix stilistico che poggia sostanzialmente su un post-core iper-tecnico ma contemporaneamente epilettico e casinaro. Come se la sofferenza dei Cursive si mischiasse al furore dei primi Mars Volta e alla voglia di far caciare di Human Eye o Comets on Fire.

Il punto è che non c’è uno schema fisso e difficilmente ci si ritrova con due brani uguali. Così già Tentacles è un hardcore per certi versi talmente post da diventare prog con le continue variazioni di tema che propone (e qui davvero sembra di sentire esclusivamente i Mars Volta).

C’è poi la componente post-punk che si ritrova nelle strutture ipnotico-circolari dominate dalle tastiere della memorabile Memorized (siamo qui dalle parte dei Mae Shi) o nel calderone Time erased, in cui si ritrovano incestuosi raccordi tra psycho-prog, math-rock e noise urlato.

Ci sono poi le sublimi “ballateAndrew, Until the sun dies (part 1) e Swollen sky. La prima recupera schemi hard-rock ‘70s impastandoli di low-fi e tastiere tra splendide alternanze di pieni/vuoti ritmici e acustici. La seconda è un “lento” completamente seppellito dalle tastiere richiamanti le atmosfere floydiane tipiche di E. Wright. In entrambi i casi emerge un sublime senso del romantico che degenera nel secondo brano in un turbinio space squisitamente decadente. Swollen sky sfrutta una maggiore libertà compositiva ed esecutiva e merita il pallino d’oro di qualità per il finale impetuoso e sovrastante.

Il resto sono pillole sparse che vanno ad arricchire un sublime dipinto: lo shoegaze cosmico (in stile No Age o My Bloody Valentine, a scelta) di Vapor trail; lo schizzo free di Your spears; e quella Glacier che spogliata delle asprezze noise sembrerebbe quasi un brano dei Genesis più concreti…

Infine Several tongues che riprende loop elettro-cosmici da cui emerge progressivamente l’ennesimo gran bordello noise in un finale che puzza di evidente omaggio alla L.A.Blues degli Stooges.

E quindi? Quindi niente, solo un altro fottuto capolavoro tirato su da sei ragazzi della California. E vogliamo concludere questa recensione soltanto con i loro nomi, pensando che un giorno saranno famosi (o forse no, chi lo sa? In ogni caso se lo meritano): Kevin Stuart (batteria), Damian Edwards (percussioni), Andrew king (chitarra), Johnny Bell (basso, voce), Victor Rodriguez (organo) e Errol Davis (chitarra).

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 8 voti.
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REBBY 4/10
krikka 8/10

C Commenti

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Uallarotto (ha votato 5 questo disco) alle 8:45 del 6 luglio 2009 ha scritto:

2,5 dato di manica larga. Canzoni tutte uguale, nessuno spunto interessante, nessuna melodia che ti rimanga impressa e in più quella tastiera che è ovunque... OVUNQUE.

Alessandro Pascale, autore, alle 9:42 del 6 luglio 2009 ha scritto:

beh sulla tastiera ovunque posso anche capire e ci sta ma per il resto mi paiono critiche infondate o perlomeno moooolto soggettive. Non si può però a mio avviso affermare che siano tutte canzoni uguali tra loro...

Uallarotto (ha votato 5 questo disco) alle 9:51 del 6 luglio 2009 ha scritto:

Certo che sono critiche molto soggettive. Pure la tua recensione è moooolto soggettiva (basta pensare che a questo dai 4,5 e a Raw Power 4), come è giusto che sia e senza il bisogno di specificare. Di oggettivo, per quanto mi riguarda, non esiste nulla... eccetto il fatto che in questo disco le tastiere sono praticamente ovunque

Ivor the engine driver alle 10:31 del 6 luglio 2009 ha scritto:

L'ep mi piaciucchiò per un periodo lo scorso anno e aspettavo questo disco, che invece non mi ha detto nulla. L'ho trovato ancora meno interessante dell'EP perchè ne riprende la formula ma senza le canzoni. E pure io ho notato la tastierona del messicano un po' troppo in primo piano. Vabbè è il loro marchio di fabbrica ma dopo un po' mi ha stancato. Ad ogni modo esce talmente tanta roba che magari se lo risentirò fra un paio di anni con la dovuta calma magari mi ricredo!

tarantula (ha votato 8 questo disco) alle 12:47 del 6 luglio 2009 ha scritto:

Ragazzi, il recensore l'ha detto chiaramente: è un disco che ha bisogno di tempo per essere assimilato e mi rendo conto che esce troppa musica per ascoltare un disco più di 3-4 volte ma, se gli date tempo, vedrete che le canzoni usciranno fuori e non sembreranno affatto tutte uguali: .....e che canzoni!!!

Alessandro Pascale, autore, alle 20:19 del 8 luglio 2009 ha scritto:

la mia recensione è molto soggettiva è vero, ma lo è soprattutto in un'ottica di oggettività. mi spiego meglio: non dò i 9 ad cazzum a tutti i dischi che mi piaccioni, pur alla follia, ma per dare un voto del genere credo che il disco sia particolarmente importante anche per un discorso "storico". E infatti credo che sia un mirabile incrocio tra post-core, garage psichedelico 70s e post-punk. Per quanto ricordo una cosa del genere non l'ho mai sentita...

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 20:42 del 8 luglio 2009 ha scritto:

Come profetizzai tempo addietro (cfr recensione MI AMI - "Watersports") sentiremo parlare a lungo di questi Crystal Antlers. Le motivazioni le trovate tutte nella recensione (e nei commenti) di Alessandro.

Ivor the engine driver alle 10:48 del 9 luglio 2009 ha scritto:

adesso l'ho letta con calma alessandro, e non capisco il nesso coi Mars Volta. Cioè qualcuno ci ha scorto veramente dei paralleli coi Mars Volta? Boh misteri della fede... Fai bene a scrivere il raffronto coi Comets On Fire (nell'EP molto di +), e col garage, ma quello 60 non 70 (anche perchè Flaming Groovies a parte nei 70 il garage era morto e sepolto da un pezzo). Cmq alla fine mi hai fatto venir voglia di riascoltarlo!

Alessandro Pascale, autore, alle 11:05 del 9 luglio 2009 ha scritto:

a me sembra evidente un nesso con i mars volta...

specie in confronto con i primi, quelli di de-loused in the comatorium.

Sul garage va bene, 60s, 70s, poco cambia, era più che altro un modo per esprimere un'attitudine sonora e definire un atteggiamento non più adolescenziale ma già maturo e rude, lontano dal garage melodico dei primi nuggets

Uallarotto (ha votato 5 questo disco) alle 22:51 del 9 luglio 2009 ha scritto:

Concordo sul fatto che le premesse erano delle migliori e che il connubio tra post-Hardcore e psichedelia mi incuriosiva/mi incuriosisce molto (in Italia l'hanno fatto gli Afraid! con il disco di quest'anno... secondo me meglio di questo), però, almeno per me, per il momento, rimane solo un miraggio. L'ho ascoltato tantissime volte, mi sono sforzato pure... niente: io e Tentacles non andiamo d'accordo. Preferisco l'Ep del 2008.