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R Recensione

8/10

Isis

Celestial

Celestial”. Mai titolo fu più azzeccato di questo per un album. E, in contemporanea, mai titolo fu meno azzeccato di questo.

Sin dagli esordi, i losangelini Isis (Aaron Turner, chitarra e voce, Jeff Caxide, basso, Chris Mereschuck, tastiera e voce, Aaron Harris, batteria) fanno dunque parlare di sé. Che cos'è quest'album davvero? Perchè è corretto applicare l'aggettivo celestiale a questo lavoro, e perchè invece sarebbe una scelta da evitare?

Di sicuro l'album non si può definire celestiale, nel senso proprio di leggerezza ed eleganza sublime, per quanto riguarda i ritmi e le atmosfere. Tutte le undici tracce, infatti, veleggiano fra sonorità hardcore (o post-core, o addirittura sludge metal, come direbbe qualche critico), tempi e controtempi progressive, sporadiche distorsioni elettroniche ed un vocalism rauco ed estremo, quasi sempre soffocato da una montagna di riff pesanti come macigni. Ma quello che rende davvero celestiale questo cd è la capacità, da parte dei quattro, di amalgamare tutti questi elementi in canzoni dalla media molto lunga (i migliori episodi sfiorano i dieci minuti), riuscendo a non stancare l'ascoltatore pur ipnotizzandolo con melodie ossessive e genialmente monotone, grazie al supporto di qualche brillante inserimento (un cambio di ritmo, un predominio di synth, un rallentamento improvviso come una velocizzazione inaspettata). E tutto ciò, si può certamente definire “Celestial”.

Al primo ascolto, il disco si presenta estremamente stratificato, un vero e proprio pugno nello stomaco, un mattone sonoro quasi impossibile da digerire. Solo smantellandolo ascolto dopo ascolto se ne può capire la natura. E' come una grande torre radio che trasmette proclami dittatoriali per il globo, alternando furia tribale a melodia contorta a sfiancante pesantezza. È come una tirannia serrata ma non sanguinaria, oppressiva ma non omicida, una cappa oscura e magnetica ma non dannosa. I tasti dell'emblematica macchina da scrivere di “Sgnl> 1” risuonano inquietanti per le lucide pareti della memoria: e trovano il loro completamento naturale nella complessa “Celestial (The Tower)”, nove minuti e quarantasei di riff cupi, iracondi ed ambiguamente inquietanti, spezzettati solamente da alte e lontane grida e dall'onnipresente charleston di Harris. Almeno nella prima parte. A metà percorso la canzone, come in un attacco epilettico, cambia totalmente percorso, per andarsi ad inoltrare in quello opposto da cui è stata generata: un falso limbo di accordi accennati e percussioni marziali, con una bella spruzzata di copia/incolla acusticoidi da tutte le parti. Precisi ed illuminati. Ed è solo il preludio alla rabbia industrial della sfuriata “Glisten”, composta di riff lenti ma violentissimi, drumming ottimamente velocizzati e coronata da uno screaming che si rende decisivo in più occasioni. E anche in questa occasione, il ritmo si addolcisce, pur rimanendo greve, dando spazio agli immancabili campionamenti elettronici, per poi esplodere nuovamente, malato e contagioso, in una nenia assurda che ricorda i Nine Inch Nails. La successiva “Swarm Reigns (Down)” è un terribile affresco della pazzia umana: urla acute e spinte all'estremo si uniscono ad accordi che prendono pieno spunto dal thrash metal e a distorsioni elettroniche venefiche. Il rallentamento che avviene, come di consueto, a metà canzone, questa volta si rivela, a ragione, strisciante ed incompleto: lo scream di Turner colpisce come una pallottola diretta al cuore, sconvolgendo il fragile castello di mera tranquillità creatosi in precedenza.

Un altro intermezzo (“Sgnl> 2”), lontano e ambiguo, precede “Deconstructing Towers”. Atmosfere, riff, tempi: tutto sembra partorito dalla geniale mente di Maynard James Keenan, frontman dei Tool. Ma gli Isis riescono ad aggiungere ad una composizione ansiosa e sbilenca quel pizzico di cattiveria e decisione, tipica del post-core, che serve a dare una propria impronta. Senza dimenticare i colpi di genio: l'alternarsi fischio elettronico/riff si rivela essere uno strepitoso binomio che conquista inesorabilmente. Il gorgoglio in stile videogioco di "Sgnl> 3” apre la strada ad una stanca “Collapse And Crush”, retta solamente dalla volontà ferrea del vocalist, che si rivela essere fin troppo ripetitiva negli attacchi e nei ritmi, difettante di ispirazione, pericolosamente uguale a “Celestial (The Tower)”. “C.F.T. (New Circuitry And Continued Evolution)” è invece l'opposto del suo predecessore: l'arpeggio distorto di chitarra che ne forma l'incipit è una dimostrazione di insperata freschezza sonora. Lo strumentale si mantiene su ottimi livelli in tutto il suo incedere, guadagnando col passare dei minuti velocità, lucidità ed ispirazione. Ed è un viaggio in un motore incrostato dal tempo che pulsa violentemente e ritorna in vita con veemenza. Risultato che si rispecchia in “Gentle Time”, un potente rombo che sa di gasolio e cappa di calore, da velleità sonore, monotone ma intelligentemente costruite. Il riff acido ed ossessivo, il controtempo piazzato in mezzo a due accordi, l'urlo che compare dopo un synth o un drumming insperato è il risultato di una potenza espressiva fuori dal comune che, senza troppe parole, riesce a costruire campi e campi di immaginazioni. E la chiusura, come da copione, arriva in sordina: siamo arrivati a quattro, ma questa volta i Nostri fanno capire che è finita qui [“Sgnl> 4 (End Transmission)”]. Un accartocciamento, un brusio, un ribollio. E poi silenzio.

Celestiale o meno, ispirato o meno, un esordio sicuramente folgorante che, a dispetto dell'inesperienza e di qualche ripetitività in troppo, riesce a suonare come un lavoro di una band matura. Promosso a pieni voti.

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Voto degli utenti: 8,8/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio alle 23:08 del 26 febbraio 2007 ha scritto:

celestial

ho ascoltato qualche frammento, mi sembra abbastanza intrigante, mi riservo di approfondire però....

Marco_Biasio, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 14:11 del 27 febbraio 2007 ha scritto:

Fidati

Junio, fidati di me: questo è un lavoro da ascoltare tutto, piano piano... merita