R Recensione

7/10

Propagandhi

Supporting Caste

Parafrasando un noto slogan femminista si potrebbe intonare: «Signori, tremate / le A cerchiate son tornate!». Dopo quattro anni di silenzio, tornano infatti i Propagandhi col loro potente quinto album di inediti, pubblicato per un'etichetta appositamente fondata e dal nome quantomeno ironico. Il disco non delude le attese che la band canadese alimenta nel circuito punk-hardcore, riuscendo a competere col loro capolavoro “Today’s Empires, Tomorrow’s Ashes” (2001) e sfoderando un carisma ancora in grado di infiammare gli animi alla riflessione critica su temi attuali quali la guerra, lo sfruttamento, il razzismo.

Insomma, il risultato è frutto di una ricetta consolidata, nella quale le modifiche sono state poche, ma sensibili. La sensazione è quella di un certo rallentamento nei ritmi indiavolati degli album precedenti e di una cura maggiore nelle linee musicali, più melodiche che in passato. Si tratta comunque di lievi modifiche ed il marchio di fabbrica rimane invariato, frenetico fin dalla prima canzone, la tiratissima “Night Letters” urlata da Todd Kowalski, probabilmente la migliore del disco, tra sortite thrash e passaggi quasi prog assieme disorientanti e taglienti. Le tre tracce ‘strillate’ dal bassista del gruppo (oltre alla prima, “This Is Your Life” e “Incalculable Effects”) rappresentano l’anima hardcore della raccolta, tre stilettate in perfetto stile old school che strizza l’occhio ai Minor Threat e, anche per il testo, ai compianti 88 Fingers Louie.

Decisamente più melodiche sono altre canzoni, da “Dear Coach’s Cornes”, in forma di lettera al noto telecronista sportivo canadese Ron MacLean, a “The Banger’s Embrace” e a “Potemkin City Limits”, che riprende letteralmente il titolo dell’album precedente. Suona molto divertente “Human(e) Meat (The Flensing of Sandor Katz)”, inno al veganesimo esposto in una ironica chiave cannibalista, mentre stupisce il contrasto in “The Funeral Procession” tra la prima parte sopraritmo e la seconda introflessa verso il dark folk. Nel booklet, sempre concepito come una parte essenziale dell’intero package, seguono una lunga riflessione sul tema da parte del cantante Chris Hannah, con tanto di bibliografia e sitografia dedicata, ed un inquietante (e visionario!) quadro di Todd. Ad essere rappresentati sono i componenti della band, intenti a «torturare, uccidere, cucinare e mangiare parti di esseri umani post-vegetarian».

La testimonianza dell’impegno sociale (come la campagna per la riunificazione familiare dei rifugiati in territorio canadese o la solidarietà al movimento di indipendenza Haitiano) emerge non solo dalle lunghe note e riflessioni riportate nel booklet, ma anche e soprattutto dai testi delle canzoni, come da tradizione molto lunghi, senza refrain e cantati ignorando spesso la punteggiatura, a sottolineare la preminenza del messaggio sulla melodia e a confermare l’incedere destrutturato delle canzoni. Tuttavia l’album, a differenza dei precedenti, appare percorso da un sottile senso di disillusione, quasi un venir meno del consueto spirito battagliero di fronte allo svolgimento degli eventi, nei quali la maggior parte delle persone ha «storicamente vissuto in una forma di abietta servitù», non a caso uno dei temi centrali dell’album nelle sue varie forme.

A dispetto di queste sensazioni e di un richiamo alla fine - anche come morte - che è costante lungo tutta la seconda, intimista, parte del disco, l’appello conclusivo dei Propagandhi è rivolto proprio agli accidiosi, agli ignavi, a chi crede di dover solo sopravvivere, perché c’è bisogno dell’impegno di ognuno per uscire da questo stato di impotenza collettiva. In una parola, "Supporting Caste” costituisce una vitalistica boccata d’ossigeno in salsa punk-core, un inno alla ribellione ad una società vicina al collasso, ma ancora padrona.

V Voti

Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 5 voti.
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sandsk8 10/10
krikka 4/10
REBBY 4/10

C Commenti

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fgodzilla (ha votato 8 questo disco) alle 16:50 del 14 aprile 2009 ha scritto:

Mi piaciono propio

fabfabfab alle 14:21 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Non sono un profondo conoscitore del genere, quindi non commento il disco. La recensione, però, è davvero ben fatta.

post, autore, alle 21:53 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Lusingato; ti ringrazio. Vorrà dire che i consigli di mio fratello Francesco sono valsi a qualcosa

Dr.Paul alle 22:22 del 15 aprile 2009 ha scritto:

carramba, co...co...cosa significa spiegatemi! sei fratello di francesco il mitico brittologo?

fabfabfab alle 22:48 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Secondo me sei 20 centimetri più su di tuo fratello. Si intuisce già dal nome ...

target alle 23:19 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Eh, facile allearsi col fratello più grande, fab, facile, facile... No, un grazie al brotha per essersi dedicato alla recensione, compensazione, direi, di anni in cui questo punk lo ha sparato sullo stereo di casa mentre io cercavo di rispondergli invano con colpi brittofili decisamente meno rumorosi. In compenso, questo "Supporting caste" me lo sono anche ascoltato. Ora tocca a lui ascoltarsi il nuovo di Jarvis Cocker.

fabfabfab alle 23:25 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Ma davero? Tua fratello ascolta questa musica da anni? Ma va in giro libero o ha l'obbligo di guinzaglio e museruola? Non oso pensare le botte assurde che ti sei beccato da ragazzino Fra! Tu con la maglietta dei Pulp e lui con quella dei Bad Brains!!!

fabfabfab alle 23:25 del 15 aprile 2009 ha scritto:

Sto a scherzà, ovviamente...

post, autore, alle 15:33 del 16 aprile 2009 ha scritto:

Dr. Paul, avrei voluto far finta di essere Francesco, ma mi ha dissuaso dal farlo. Evidentemente non ha voluto correre il rischio che gli venisse ritirata la patente di "brittologo" a causa di una recensione punk. Ah quanta amarezza dover constatare di aver rotto inutilmente i timpani a tutto il vicinato senza ottenere alcun risultato nemmeno con i fratelli minori...

Del resto, come dicono i britannici, "The gustibus non est sputtanandum".

post, autore, alle 15:47 del 16 aprile 2009 ha scritto:

Fabio: mamma mia cosa mi estrai dal cilindro, i Bad Brains! quelle sì erano legnate (almeno secondo alcuni racconti semileggendari).

Quanto alle botte con mio fratello, secondo un ben noto codice cavalleresco, sarebbe disdicevole picchiare donne, bambini, ragazzi occhialuti e/o con magliette dei Pulp.

loson alle 17:06 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE:

"sarebbe disdicevole picchiare donne, bambini, ragazzi occhialuti e/o con magliette dei Pulp"... Cavaliere, lui! ;D Bella recensione comunque, davvero. E Target, hai il mio appoggio: avere un fratello maggiore punk è una disgrazia, peggio di dover convivere con un fanatico di Star Trek o che dispone della collezione completa in dvd di "George & Mildred" o "Tre Cuori In Affitto"... (qui scherzo, se non si fosse capito)

simone coacci alle 17:09 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE:

Ma i Bad Brains, non erano poi così cattivi, dai, piuttosto, afroidi, funkettoni, rastafariani. C'era ben di peggio, no? Tipo, Suicidal Tendencies.

loson alle 17:15 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE: RE:

Beh, "Rock For Light" è bello cattivo, dai (e un capolavoro, per quel che mi riguarda). Magari si sono "addomesticati" da "I Against I" in poi, approfondendo gli aspetti più afro e funk del loro sound.

simone coacci alle 17:21 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE: RE: RE:

Si, a livello di sound, si, hai ragione, erano tostissimi e quel disco in particolare è stupendo, il mio discorso era più a livello di attitudine/immagine/seguito, dove ce n'erano di ceffi più violenti e casinisti.

loson alle 17:23 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

Ah sì, su questo hai ragionissima. Se paragonati ai Crass, i BB erano delle pecorelle rastafariane.

post, autore, alle 15:55 del 16 aprile 2009 ha scritto:

Target: con Jacko non mi andrebbe poi malaccio, almeno a confronto con certe note melense o, peggio, "tedesche" (che vedo recensite pochissimo...)

post, autore, alle 18:18 del 16 aprile 2009 ha scritto:

Potere della suggestione. Da giovincello mi si raccontò di cose turche durante i concerti dei primi anni e da allora mi è rimasto il cruccio di non avervi assistito.

Per l'angolo "Who cares?", un gruppo davvero devastante dal vivo sono stati i Good Riddance, a livello di corso accellerato di sopravvivenza...

Marco_Biasio alle 23:02 del 16 aprile 2009 ha scritto:

RE:

Be' Fabio, oltre a darti il benvenuto e a complimentarmi per lo scritto, se cominci a farmi una serie di recensioni sull'hardcore degli anni '80 mi prostro ai tuoi piedi. Segui/ti piace anche quella che era la scena italiana? Nabat, Nerorgasmo, Negazione, Cripple Bastards, i primi Fluxus? Se sì dò a tuo fratello una cassa di vodka e te la faccio recapitare a casa

post, autore, alle 10:23 del 17 aprile 2009 ha scritto:

Grazie Marco e complimenti a te per l'immagine profilo

Quanto alla scena harcore italiana, le mie conoscenze si limitano a qualche ascolto datato e sporadico, nonostante fosse - in alcuni casi - di caratura e seguito internazionali (vedi ad esempio i Negazione. Per una buona recensione su di loro rivolgiti a Neffa, no?).