R Recensione

7/10

Daisy Chains

Monsters & Pills

I Daisy Chains sono un gruppo di ragazzotti che abitano tra Bergamo e Lecco. E non si sa come, ma di fatto sono quanto di più vicino ai Clash il nostro paese abbia mai sfornato dalla preistoria ad oggi. Forse anche troppo vicini ai Clash, eppure nonostante tutto non c’è niente di male, e se lo dicono da soli: “Ci potete sentire quello che volete, oppure semplicemente divertirvi, gustandovi undici pezzi da non più di tre minuti l’uno che arrivano dritti uno via l’altro, senza trucchi, come usavano fare i gruppi con le pezze al culo al CBGB’s.

Mi piacciono questi Daisy Chains, perché sanno quello che fanno e non pretendono di essere altro da quel che sono. Sanno benissimo di pescare a piene mani dalla stagione aurea del wave-punk e lo esplicitano fieramente, chiedendo soltanto di ascoltare canzoni che sono sì derivative, ma fatte con grande onestà e passione (disco autoprodotto tra l’altro). Non cercano di darsi arie da grezzoni o da duri con giubbotti di pelle nera e pettinature improponibili. L’anima e l’attitudine sono tipiche della modestia del mondo indie, fatto di ragazzi che esulano dall’immagine della rockstar trasgressiva.

Gente con i piedi per terra insomma, che suona per divertire e soprattutto per divertirsi, cercando di recuperare l’attitudine originaria del rock’n’roll. Così troviamo sfrenati punk-rock in cui emergono la spensieratezza degli Strokes (Disappear), ballatone che partono morbide per poi dare sfogo ad un genuino spirito rock’n’roll espresso con notevole talento (Bad habits) e soprattutto passaggi in cui sembra di sentire i Clash al cento per cento (Monsters&Pills, Pay me, Lalalala su tutte).

Non mancano d’altronde brani più “irregolari”, che mostrano talora di saper conciliare i sapori elettro-british dei Kasabian con la ruvida personalità di Lou Reed (Bad habits), talora di ancorare il post-punk british marcato Psychedelic Furs al viscidume storto dei Libertines (Pick up a song). Non mancano a dir la verità anche un po’ d’ingenuità e canzoni un po’ troppo spontanee ed elementari: ad esempio non si capisce bene perché inserire il punk-pop in italiano di Fretta quando l’intero disco è cantato in inglese; Take me away (you) risente anch’essa del difetto tipico degli italiani che biascicano la lingua inglese reinventandone gli accenti a loro piacimento.

C’è un altro fattore però da sottolineare: lo spirito profondamente pop del linguaggio sonoro pur vibrante del gruppo, che come abbiamo già detto spazia tra garage, punk e rock’n’roll. Distanti da estetiche low-fi o finto-grezzone, brani come Kill my brain e Cindy testimoniano come sia possibile rimanere fedeli allo spirito del rock pur mantenendo una facciata esteriore che strizza l’occhio ad una produzione sonora assai ben curata e lustrata, in grado di tenere viva la scorza di sincera asperità nel primo pezzo, di far rivivere la tradizione punk-pop dei Jam nel secondo. Mica male per un gruppo di ragazzotti dell’alta Lombardia…  

Myspace - http://www.myspace.com/daisychainsband  

Video:

Disappear - http://www.youtube.com/watch?v=IcElTH7Q4qI

Take me away(you) / LaLaLaLaLa (live) - http://www.youtube.com/watch?v=gQaP7kRUEiM

Bad habits - http://www.youtube.com/watch?v=JJczxwx4DWQ&feature=related  

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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