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R Recensione

8/10

Electric Wizard

Witchcult Today

Nel Medioevo la Chiesa tendeva ad identificare e processare alcune donne, spesso erboriste o esperte in medicina, in qualità di streghe, accusandole di riunirsi nelle notti di luna piena per festeggiare, con orge, baccanali e riti messianici, la loro totale devozione al demonio. La fine di queste poverette, ovviamente incolpevoli, si consumava su una pira incandescente o, peggio ancora, al patibolo. Stessa sorte toccava ai cosiddetti “maghi” e alle loro strane pozioni, spesso nient’altro che distillati naturali per curare malattie, o decotti medicamentosi.

Più di mille anni dopo, siamo ancora qui a parlare di tisane inebrianti e maghi occulti. Ma questa volta non siamo di fronte ad un Tribunale dell’Inquisizione, né stiamo osservando le fiamme di un rogo che lambiscono le vesti di una condannata a morte. Qui si parla di stoner metal, qui si parla di Electric Wizard.

Per gli aficionados o, comunque, gli interessati, il nome del gruppo, rivelandosi in tutto il suo valore, potrebbe già chiudere la recensione. Per chi, invece, non avesse ancora ben inquadrato di cosa si sta parlando, vediamo di fare un po’ di chiarezza –caratteristica che, fra le spire di questa musica, non è molto diffusa-: gli Electric Wizard, nati per iniziativa del leader Jus Oborn nel 1993, rappresentano quanto di più vicino, pesante, diretto e fedele –Kyuss docent- possa rappresentare, nel Nuovo Millennio, l’archetipo del nuovo sound à la Black Sabbath. Stoner metal, dicevamo: un po’ di stonerrock come base, soffocato da zampilli di lentissimo e massiccio doom, con o senza psichedelia, a piacere. E poi droga, tanta: la comprensione totale di questo genere può arrivare, infatti, solamente attraverso un uso coscienzioso ed oculato di certi stupefacenti, il cui utilizzo sembra venire incoraggiato dalle stesse band –esperienza personale?-. Basterebbero due nomi per fare annichilire qualsiasi pagano dello stoner, e convertirlo all’istante: le tetre encicliche claustrofobiche di “Dopethrone” (2000, imprescindibile capolavoro), o i fumosi schiacciasassi di “We Live” (2004). Come dire, bibbie.

Ma i maghi elettrici non sono morti e, anzi, continuano a macinare trame nell’ombra. Dopo tre anni ritornano, più forti che mai, con otto nuovi viaggi, un rinnovato esilio di cinquantotto minuti, a raccontarci il culto odierno delle streghe. Che vive nell’oscurità, si nutre di mistero, viene alimentato a sua volta da quella particolare psicotropia artificiale, del cui abuso venivano accusati i presunti progenitori sopraccitati.

Questa volta, non c’è la disperazione e la nerissima teatralità di “Dopethrone”. Non ci sono nemmeno troppi vocalizzi urlati. Non ci sono i giri a vuoto degli ultimi episodi. Non ci sono ritmiche veloci e martellanti. Con “Witchcult Today”, Oborn e soci optano per un totale accentramento su un suono meno pesante del solito, ugualmente oppressivo, ma molto più dilatato e psichedelico, in certi frangenti vagamente orecchiabile, che pesca a piene mani dalle stralunate isometrie degli anni ’70. Non solo: il leader del quartetto decide finalmente di provare a cantare, e il risultato è una continua nenia cantilenata, biascicata a fatica (la title-track posta in apertura, sommersa di dissonanze allucinate e allucinogene), oppure masticata confusamente fra i denti, tra barricate di chitarre distorte e feedback strascicati a fatica (l’interessante “Dunwich”, col suo pseudo-refrain ossessivo ed avvincente).

Quello che però piace veramente del nuovo lavoro degli Electric Wizard è una nuova, consapevole capacità evocativa, anch’essa diretta conseguente dei Seventies, che si scontra con la ferma volontà di sempre di accumulare riff su riff, accordo dopo accordo, quasi a vedere quanto tempo possa resistere l’ascoltatore. Vengono aumentati gli spazi dedicati alle pause, non c’è più la necessità di schiacciare rabbiosamente i timpani dell’ascoltatore con pile di watt: conta la quantità, non la forza. La breve strumentale “Raptus” e il meraviglioso spegnersi –si fa per dire- di “The Chosen Few” (una delle più valide dell’intero lotto, nonostante il motivo centrale spiacevolmente simile a quello della title-track) sono dei veri e propri distillati di psichedelia nera, densa, appiccicosa, pesante, tra i primi Pink Floyd, i Red Crayola e gli onnipresenti sabba neri.

La conclusiva “Saturnine”, poi, è veramente mostruosa: dodici minuti di navigazione in un iperspazio astratto, tra flussi elettrici e volute di fumo grigio, con i ritmi percussivi che assumono cadenze tribali e i wah wah delle chitarre che rimbombano nell’infinito.

Sono tornati, più forti che mai. E richiedono la vostra anima.

Vive le rock.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 5 voti.
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REBBY 6/10

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simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 19:00 del 5 gennaio 2008 ha scritto:

Disturbante, feroce, accerchiante. Non c'è scampo se si affronta in campo aperto "l'esercito di spettri" evocato dai Maghi Elettrici: colate di distorsioni "a zanzara", barricate di riff lenti e inesorabili come la macina del mulino del diavolo, lamenti penitenziali che richiamano i supplizi di vittime innocenti, il basso melmoso e gorgogliante, la batteria che sfracella il ritmo senza ricorrere a trucchetti da metallari d'antan (doppi pedali et similia). Troppo ciclico e paludoso per lo stoner, troppo esteso, ambientale e rarefatto persino per il doom, troppo roccioso e pervicacemente metal per il post (rock, core, sludge quello che volete voi): psichedelia elisabettiana scolpita con impassibile ferocia siderurgica. D'altronde l'erede di un Osbourne non poteva essere che un altro Osbourne (passando per l'Osbourne di mezzo, Buzz, quello dei Melvins). Nomen omen, predicavano i nostri avi.

Bravo Bisio, ottimo lavoro, se una recensione così non smuove almeno un po' di consenso, comincerò davvero a disperare per le sorti di questro nostro paese "radicalfighettocentrico chic".

Scherzo, ovviamente, però su una cosa sono tremendamente serio: ASCOLTATELO!

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 19:02 del 5 gennaio 2008 ha scritto:

Tremate, tremate, le streghe son tornate!!!

Ivor the engine driver (ha votato 8 questo disco) alle 11:12 del 18 gennaio 2008 ha scritto:

simone mi sa che si chiama Oborn....non volevo rovinarti il parallelo. Devo dire che mi piace assaje sto disco, sicuramente perchè è + facile del resto della produzione, cantato meno urlato e slabbrato, code lisergiche molto kyussiane, meno suoni metallosi. Per ora insieme a Supercoven e Let Us Prey il + pissichedelico degli Wizard.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 15:47 del 18 gennaio 2008 ha scritto:

Scherzi, sono offessissimo. Quasi mi metterei a piangere. ihihih. Confesso che qualche dubbio m'era venuto anche perchè su "Rumore" ad esempio lo chiamano Osborne. Vacci a capire!

ThirdEye (ha votato 8 questo disco) alle 21:26 del 26 ottobre 2008 ha scritto:

Bello, ma...

Nulla a che vedere con l'inarrivabile Come my fanatics.....Comunque sempre ottimi....

Marco_Biasio, autore, alle 23:36 del 11 settembre 2009 ha scritto:

Persa, con tante bestemmie, la data padovana dei maghi elettrici - mi dicono essere stata, aldilà della disorganizzazione del posto, autentiga figata, ragione in più per continuare il mio rosario - mi sono ributtato a risentire 'sto disco. A due anni di distanza, porcoboia, non ha perso un grammo di autenticità, potenza e valore. Soffocante e tetro, ma soprattutto bellissimo.