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R Recensione

6,5/10

Gone Is Gone

Gone Is Gone [EP]

Ci si può mettere tutta la buona volontà di questo mondo, per carità. Ma pensare a pezzi di Queens Of The Stone Age, Mastodon (o Today Is The Day, per rimediare all’ucronia, toh) e At The Drive-In che, vent’anni fa, uniscono le forze per un unico obiettivo è assai improbabile: che senso avrebbe avuto, commercialmente e artisticamente parlando? Allora v’erano giovinezza, virtù, ingenuità, eccitazione: la frenesia cieca dei debutti, la convinzione incrollabile dei primi passi, la maturità addavenire. Tutto questo è oggi andato, volato via, e per sempre. C’est la vie, baby, le proprie vite da condurre, le famiglie da mantenere, il pubblico da soddisfare… In un’epoca in cui fare e disfare coincidono sul piano spaziotemporale, l’annuncio di mirabolanti nuove formazioni sottende, oramai, una sistematica tendenza ad arraffare l’arraffabile, a plasmare un pubblico-Frankenstein generalista composto dalla somma imperfetta delle relative audience di riferimento. Qualche volta va bene: probabilmente dei Palms non si ricorda già più nessuno, ma all’epoca il gioco funzionò. Qualche volta va male: nessuno ha ancora capito, ad esempio, che farsene dei Killer Be Killed che, pare, siano addirittura intenzionati a scrivere un seguito dell’orrendo esordio di un paio d’anni fa. Cosa non si fa per unire l’utile e il dilettevole…

Voce e basso di quel crocchio di (vecchie?) glorie dell’alt metal era ed è Troy Sanders, chiamato all’ultimo momento da Tony Hajjar e dal polistrumentista Mike Zarin per unirsi ad un progetto, Gone Is Gone, dapprima sigla-fantoccio per il loro lavoro di sonorizzazione di film e videogiochi e poi, con l’avvento dell’iperattivo Troy Van Leeuwen, allargatosi a gruppo vero e proprio. Formicolate dalla curiosità di sapere come potrebbe suonare un mix del genere? I primi due brani dell’omonimo EP uscito a giugno (ma è davvero possibile chiamare EP un lavoro di otto pezzi e di oltre mezz’ora?) ve ne daranno un’idea più che esaustiva. “Violescent” è un massiccio alt-stoner con seghettature chitarristiche canoniche, ma non banali: come i Queens Of The Stone Age di “My God Is The Sun” mixati agli A Perfect Circle di “The Outsider” (e un assolo minimalistico di Van Leeuwen, non a caso già sei corde di entrambi i gruppi summenzionati, che trafora i timpani: garantito). “Starlight” balugina su di un oceano di suoni fluttuanti, gli stessi incorporati a loro tempo nel dna dei Deftones: anche se la performance vocale di Sanders manca della giusta profondità, l’interplay strumentale, una shibboleth new wave che veleggia sostenuta per plumbee lande quasi post rock, è ricchissimo di ombreggiature, di grigi intermedi. Si tratta della prima elaborazione di un concetto estrinsecato a meraviglia nella conclusiva “This Chapter”: chitarre twang ricche di riverbero, slanci romantici allineati su di un’epica metallica mai fastosa, un tumultuoso crescendo post-core che esplode nel feedback.

Sembrerebbe, insomma, di avere di fronte tutto, tranne che un progetto collaterale di poco conto. Anche nei suoi frangenti più deboli (l’innocua “Stolen From Me”), l’intesa fra i musicisti e la volontà – solo parzialmente rispettata, a dire il vero – di interagire su soluzioni differenti rispetto a quelle del recente passato producono frutti assolutamente degni di considerazione: abbiamo in mente il puntinismo esasperato di “Praying From The Danger” (che si apre ad un ritornello di inusitata grazia) ancor prima di “One Divided”, dove le strofe agiscono come catalizzatori di tensione ed elettricità (c’è un che degli ultimissimi Kayo Dot nella volumetria dei suoni) per la spianata chitarristica dell’interludio. Il corpo in caduta immortalato sulla copertina, così, pur mantenendosi rigido (è da dieci anni che Sanders si incaponisce a cantare: decisamente non è il suo mestiere), mantiene una sua certa, elegante flessuosità: nella foresta umana e virtuale che ci circonda, ci giunge solo una debolissima eco dell’albero abbattuto.

L’antipasto, piuttosto corposo, mette l’acquolina in bocca. E adesso, cosa succederà? Pare che i Mastodon stiano scrivendo non uno, ma ben due dischi inediti: dei Killer Be Killed si è detto; gli At The Drive-In, tra un problema e l’altro, portano avanti il loro tour, con la speranza di poter riprendere anche l’attività in studio (Omar Rodríguez-López ed Antemasque permettendo); e persino i QOTSA hanno fatto il punto, positivo, della situazione, a tre anni di distanza da “…Like Clockwork”. L’agenda, come da copione, è insomma abbastanza folta. I prossimi mesi ci diranno se i Gone Is Gone siano destinati a finire nel dimenticatoio, come i fantomatici Seagullmen, o se verrà loro garantita una certa autonomia d’azione. Quant’è bella giovinezza…

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