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R Recensione

6/10

Municipal Waste

Slime And Punishment

Perché mai, nell’anno domini 2017, uno dovrebbe perdere (poco) tempo ad ascoltare un disco thrash? Non death-thrash, black-thrash, heavy thrash o centinaia di altre futuristiche commistioni garantiteci dalla contemporaneità: thrash. Puro. Semplice. Ignorante. Straight to the point. La risposta non è semplice, specialmente se ponderiamo quanto lo stile sia diventato sterile ed autoreferenziale negli ultimi anni o, peggio, se ripercorriamo gli innumerevoli fallimenti inanellati sia dalle giovani promesse che dalle istituzioni storiche. A metà strada fra le due categorie, ancora oggi, si pongono i Municipal Waste che, sebbene già da un pezzo non siano più novellini, non sembrano essere ancora del tutto pronti per calarsi nei panni delle istituzioni del genere: colpa di un ultimo disco davvero scialbo (“The Fatal Feast”, 2012) e di un irrefrenabile moltiplicarsi di side projects (Iron Reagan in testa, arrivati con il “Crossover Ministry” di quest’anno già al terzo full length) che ne hanno rallentato considerevolmente l’attività.

Slime And Punishment” non è un ritorno agli apici del mai troppo glorificato “Waste ‘Em All” (2003) e nemmeno a quelli dell’apprezzabile “Massive Aggressive” (2009), ma rappresenta comunque un bel passo in avanti rispetto al recente passato. Merito, anzitutto, di un suono meno monocromatico (in formazione si è da poco aggiunta un’altra chitarra, quella di Nick Poulos, già in Bat e Volture), di una maggiore cura per i dettagli (il reiterarsi ossessivo dello stesso riff, in calando, negli ultimi quarantacinque secondi di “Shrednecks”), di un songwriting più curato (le scansioni slayeriane di “Under The Waste Command” neutralizzate in uno scambio chitarristico dal respiro quasi Megadeth, la costruzione NWOBHM che racchiude l’infuriare hardcore di “Think Fast”) e di qualche sparuto episodio che, tra autoironia (“Amateur Sketch”) e assoluto divertimento (“Breathe Grease”), concede limitate variazioni su tema (lo speed di “Low Tolerance”, la discreta gestione dei quasi tre minuti di “Death Proof”).

Ciò detto, “Slime And Punishment” è la risposta alla domanda di inizio recensione? Probabilmente no, ma rimane comunque un buon disco: il che, visti i tempi che corrono, non è poco.

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