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R Recensione

7,5/10

Slayer

South of Heaven

A causa della fama enorme raggiunta dal suo predecessore, il celeberrimo “Reign In Blood” (1986), autentica pietra miliare del metal degli anni ottanta, il qui recensito “South Of Heaven”, uscito due anni dopo, è sempre stato messo in penombra. Effettivamente, ripetere il successo planetario di un album perfetto come quello era davvero difficile, se non impossibile, per gli Slayer, i quali hanno deciso di non produrre un album-fotocopia, che sarebbe stata la via più facile. Al contrario, i nostri quattro devastatori sonici capitanati da Tom Araya hanno deciso di cambiare rotta, sperimentando con ritmiche ed atmosfere differenti e mettendo un po’ in secondo piano la furia annichilente ed estrema di “Reign In Blood”. Come quasi sempre accade, quando un gruppo decide di cambiare rotta, il risultato finale non è mai uno dei migliori, e così accade anche a “South Of Heaven”, il quale, sebbene sia un ottimo album, presenta qualche episodio non all’altezza dei livelli qualitativi raggiunti dai nostri. I fan più oltranzisti degli Slayer, inoltre, hanno sempre messo l’album in cattiva luce, criticandolo proprio per il suo eccessivo indugiare su tempi medio-lenti, più groovy e meno convulsi rispetto a “Reign In Blood”, ma com’è noto gli ascoltatori di heavy metal più conservatori non sono mai molto aperti verso i cambi di rotta e le sperimentazioni.

Ma andiamo con ordine. Il quarto capitolo della carriera del gruppo di Los Angeles presenta 10 episodi che mostrano una certa evoluzione dal punto di vista delle strutture ritmiche e chitarristiche rispetto al passato. I brani si fanno più articolati e complessi, nonché anche leggermente più lunghi rispetto a “Reign In Blood”, e lasciano più spazio al lato atmosferico del loro sound, come si evince dall’introduzione della bellissima title-track, mid-tempo che cresce d’intensità col passare dei minuti, o dall’arpeggio spettrale e suggestivo della conclusiva “Spill The Blood”. Il tutto, però, senza tradire l’attitudine distruttiva e selvaggia che da sempre contraddistingue la musica degli Slayer. Brani come “Silent Scream” e “Ghosts Of War” sono infatti autentiche schegge di violenza thrash metal che pochi gruppi possono vantare nel proprio repertorio musicale.

Altri brani, invece, indugiano più su tempi medi e groovy come la tetra “Mandatory Suicide”, la già menzionata “Spill The Blood” o la più cadenzata “Live Undead” (che esplode nel finale in un tiratissimo up-tempo degno delle sferzate ritmiche del recente passato). Troviamo anche una cover dei Judas Priest, “Dissident Aggressor”, reinterpretata in maniera assolutamente personale e convincente.

Non tutti i brani però si lasciano ricordare a lungo andare: in alcuni episodi (“Read Between The Lies” e “Cleanse The Soul” in particolare) manca quel riff, quel passaggio semplice ma efficace che s’imprime nella mente, risultando così anonimi pur essendo efferati e distruttivi al punto giusto. Il difetto principale di “South Of Heaven” è la presenza di alcuni pezzi di troppo che sanno di riempitivo. Forse sarebbe stato meglio ridurre la durata del cd, di per sé già non elevatissima (37 minuti scarsi), e selezionare solo i brani davvero validi. Tralasciando questa pecca, la qualità del disco resta comunque piuttosto elevata; la tensione e il senso di angoscia e paura che da sempre emerge dalle composizioni degli Slayer ci sono tutti. L’album sa regalare momenti di grande emozione, e si lascia ascoltare e riascoltare più volte, senza mai annoiare.

In definitiva, si potrebbe definire “South Of Heaven” come il disco “dimenticato” degli Slayer. Un lavoro da riscoprire per tutti i seguaci di Tom Araya e compagni, per gli altri un ascolto è d’obbligo. Un album che, seppur non sia il migliore della band, costituisce una tappa fondamentale del loro processo evolutivo che li porterà ad episodi come “Seasons In The Abyss” e “Divine Intervention”, del tutto diversi rispetto ai loro primi grezzi lavori.

 

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 14 voti.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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ozzy(d) (ha votato 8 questo disco) alle 14:08 del 31 agosto 2010 ha scritto:

Il disco è il loro migliore dietro l'inarrivabile "Reign in blood". Purtroppo questa svolta verso terreni più torbidi e cadenzati fu poco capita dai fan e fu rinnegata da Aray e soci stessi per non venire superati dai nascenti gruppi death, grind e dall'evoluzione del thrash coi Sepultura, ma non avrebbero più ritrovato questo smalto se non in qualche sporadico episodio ( i dischi post South of Heaven furono in sostanza rielaborazioni della classica formula slayeriana ).

ufodictator74 (ha votato 10 questo disco) alle 9:57 del 3 ottobre 2012 ha scritto:

forse perchè lo comprai in vinile proprio quando uscì è il mio disco preferito degli slayer (anche se fra i primi 4 è davvero dura) però a me piace tantissimo anche show no mercy