R Recensione

7/10

Odd Nosdam

Level Live Wires

La trasversalità di un'etichetta come la Anticon è ormai fatto assodato: impossibile da imbrigliare anche nelle maglie larghe di definizioni sfumate come hip hop astratto o hip hop underground. Questo perchè la componente hip hop è sempre di più un lato della medaglia, e non necessariamente il più importante, nelle produzioni degli artisti che rimpinguano l'elitario rooster dell'etichetta.

Perchè se di hip hop, seppure sui generis, si può ancora parlare a proposito delle uscite di gente come Sage Francis, Buck 65 e Pedestrian, di tutt'altra materia si compongono le avventure discografiche uscite sotto i nomi Bracken e 13&God (il progetto nato dalla collaborazione tra Themselves e Notwist).

A metà strada tra le due anime della label, quella più marcatamente hip hop e quella più trasversalmente ambientale, si collocano le uscite legate al gruppo cLOUDDEAD. Quando sono insieme, i tre danno vita ad un hip hop avveniristico e avventuroso, quando operano autonomamente plasmano progetti che portano alle estreme conseguenze la trasversalità dell'etichetta . Si prenda ad esempio l'indie pop dadaista dell'ultimo, stratosferico, Why?, oppure questo Level Live Wires, quarta uscita sulla lunga distanza di Odd Nosdam (all'anagrafe David Madson) .

Un disco troppo ambientale per poter rientrare nella categoria di hip hop astratto, nonostante la morbida battuta spezzata, la profusione di sample e la sporadica comparsa di scratch e troppo compiuto e solido per rientrare in quella dell'ambient. Immaginate una sorta di ipotetico, impossibile punto di incontro tra le pagine più eteree di Dj Shadow e RJD2 e le atmosfere stregate dei Boards Of Canada e dei The Field, passate attraverso quell'inconfondibile senso di caos sonoro tenuto sotto controllo che è da sempre marchio di fabbrica Anticon e che Odd Nosdam stesso, produttore fiducia di casa, ha contribuito a creare.

On: si accendono le macchine e parte una battuta pigra e spezzata, sovrastata da un pulviscolo sonoro dub sporco e sulfureo. Stiamo già preparandoci a calarci in qualche oscuro anfratto infernale quando subentra l'arpa celestiale di Kill Tone, a sfidare un drone minaccioso: la lotta va avanti per circa due minuti ma alla fine l'arpa ha la meglio: il pezzo magicamente si solleva, crepitando celestiale su un beat ormai fattosi innocuo, fino alla fine.

Sono i primi passi di un disco che cambia umore di continuo, che si dissolve etereo in una sorta di rilettura techno ambient dei Sigur Ròs (Freakout 3) e sposa i Cocteau Twins con la battuta bassa (Fat Hooks), che aggiorna al nuovo millennio i Massive Attack meno umbratili (The Kill Tone Two), che gioca coi loop alla maniera delle produzioni Ninja Tune dei tempi d'oro (Up In Flames), e che azzarda colonne sonore glitch per pellicole immaginate (Slight Return).

Quando, tra le sature coltri sonore della minacciosa Burner, si fa largo Chris Adams degli Hood per un attimo il pensiero va a We Know About The Need , altra uscita di spessore del catalogo Anticon: disco con cui questo Level Live Wires condivide alcuni spunti e alcune assonanze.

Non è comunque un album che ama troppo i paragoni e chiede di essere sfogliato, pagina dopo pagina, mollando gli ormeggi dal mondo circostante: condizione necessaria per potere apprezzare appieno l'aura aliena, e allo stesso tempo così familiare, che sprigiona.

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