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R Recensione

7,5/10

Young Fathers

Dead

L'hip hop del Regno Unito non mi ha mai convinto del tutto. Sì, questi britannici sono bravini, ma sembrano privi di quella relazione autentica e organica (banalizzo: la strada, il ghetto) che risulta necessaria per vivere questa musica, per immergersi a pieno nel suo linguaggio ruvido e urgente.

Gli inglesi in genere eccellono quando britannizzano, e l’hip hop non fa eccezione. Per dire qualcosa, devono creare qualcosa di autenticamente europeo e british: Massive Attack, Tricky, una larga parte della scena elettronica-underground di Londra, qualche isolato paroliere di lusso tipo Mike Skinner.

Eccoci al punto: gli Young Brothers (un trio: due ragazzi di origine africana e un britannico) sono bravissimi perché il loro hip hop non si rinchiude nel regno del prosaico-made in usa, ma osa. Il risultato è indefinibile e decisamente personale, ma soprattutto parecchio britannico. Anzi, nel loro caso, la casa madre è la Scozia, e più precisamente Edimburgo.

Dead” è la terza fatica del gruppo, ma confesso che si tratta del primo disco che mi gusto a pieno, e quindi vedrò di evitare paragoni e raffronti con il passato che non sono in grado di elaborare.

Gli Young Fathers sono quasi cantautori prestati all’euforia avanguardistica dell’hip-hop alternativo. Un’euforia fluida e inarrestabile, tanto che pare di vedere una maschera di Rorschach: un flusso continuo di idee, immagini, intuizioni. Un puzzle di genialate mutuate anche dal meglio che l’hip-hop astratto (e non) ha fatto germogliare nell’ultimo periodo: Kanye West (le frequenze bassissime di “Yeezus”), per dire, è onnipresente, anche se qui il tono è decisamente meno tronfio e più riflessivo, quasi che il suo egocentrismo si fosse trasformato in una sorta di filosofia di vita, acquisendo profondità e coscienza.

War” (splendida e stratificata) in effetti è quasi un featuring con il genio di Chicago, mentre i cerchi concentrici che rinascono di continuo durante “Am I Not Your Boy” sembrano proprio usciti da “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”. In altri luoghi spunta invece la furia motorizzata e atroce dei Death Grips: rumore che squarcia il cielo in due, disumano, quasi a-musicale (“No Way” è una versione soft della loro parete invalicabile).

Il bello degli Young Fathers sta però anche e soprattutto nella capacità di mixare le idee partorite dall’hip-hop con una lunga tradizione che profuma di british da due miglia di distanza: per dire, “I Heard” sembra quasi un brano IDM virato in direzione Bristol (con i Massive Attack furtivi nell’ombra: soul angelico a sorvolare le tastiere), mentre “Dip” è un ragga tribale e solitario, quasi alieno, tanto che io parlerei di Intelligent Hip Hop, per contrapporre questa policromatica ricchezza di sound alla grossa poltiglia che MTV e compagnia ci rovesciano addosso da quasi quindici anni. “Low” pulsa come un metronomo e suona quasi come un incrocio fra Mike Skinner (la splendida voce narrante) e un anticon sound con il dono della concretezza, mentre “Get Up” mi ricorda (assurdo?) quasi i Soft Cell, con quello spunto incredibile del ritornello e la tastiera che luccica.

Gli Young Fathers arricchiscono la ricetta alternativa con una miriade di riferimenti e di idee che lasciano a bocca aperta: questo è hip modernissimo e riverniciato praticamente da tutto lo scibile umano.

Mo’ posso affermarlo con una certa sicurezza: dopo qualche anno meno brillante, l’hip-hop sta recuperando il ruolo centrale che ha ricoperto per diversi anni, specie all’inizio dello scorso decennio, nell’universo della musica alternativa. E questa volta riesce nell’impresa anche dalle parti delle Highlands.

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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Cas alle 15:38 del 31 ottobre 2014 ha scritto:

... che vanno a vincere il Mercury Prize, tra una cosa e l'altra.

Franz Bungaro (ha votato 7 questo disco) alle 11:50 del 5 novembre 2014 ha scritto:

...a testimoniare il fatto che quest'anno, nel Regno Unito, poca roba (anche perchè questo è realmente il miglior album della shortlist finale)

Cas alle 10:35 del 6 novembre 2014 ha scritto:

be' in gara non c'era una grande scelta (fatta eccezione per FKA twigs), soprattutto se si fa un confronto con il 2013. però di grandi dischi il regno unito ne ha sfornati anche quest'anno (horrors, heartbreaks, jaws, arthur beatrice, adult jazz...). detto questo il disco in questione non mi ha convinto appieno. però ha riscosso ottimi responsi di critica. diciamo che quest'anno ha vinto la contaminazione...