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R Recensione

8/10

Volcano!

Piñata

L’opinione pubblica ricomincia a parlare di illustri discese in campo, e noi pure. Di “Beautiful Seizure”, e lo ricordo ancora oggi come se fosse ieri, stordito adolescente non ancora quattordicenne, veniva persino troppo facile prevederne l’eccezionalità ontica, la trasbordante ispirazione, la schizofrenica genialità: nulla, dalla copertina in avanti, veniva lasciato troppo al caso in merito… Ecco, senza dilungarci oltre su uno dei dischi più travolgenti e colossali del Nuovo Millennio, già tre anni più tardi la decrittazione, con “Paperwork”, si faceva più infida: parzialmente smarrita per strada l’appariscenza anarcoide delle cacofonie accumulative del debut, la minore tensione esplosiva del suono e la maggiore densità distributiva delle sfumature costringevano ad un’accettazione più profonda, accentuata di quella che era, a latere, la prima svolta stilistica di un certo peso in seno al gruppo. Il gruppo, già, che sbadato… Ma dov’erano finiti, questi diavoli dei volcano!, in questi quattro lunghissimi anni che ci stanno traghettando dentro l’apocalisse piramidale dello spread? Chi lo sa vince un mappamondo, poco ma sicuro. Vince un mappamondo anche chi riesce ad assorbire entro i dieci ascolti l’albero della cuccagna, ops, la “Piñata” più aguzza e stratificata degli ultimi centocinquant’anni.

In questi quattro anni, Aaron Smith, Mark Cartwright e Sam Scranton (mi piace, per l’ennesima volta, nominarli uno per uno, ché la stupefacente coincidenza di tre teste così pensanti nello stesso gruppo è roba da calende greche), insomma, i volcano!, potevano fare di tutto: darsi al giardinaggio, scrivere hit per Rihanna, suggerire le dichiarazioni ufficiali a Lars Von Trier, collaborare con Nigella Lawson per un ricettario di junk food a quattro mani… Macché: fil de rouge as the way of life. Ed allora dritti, incuranti del morbo mediatico per cui la morte pubblica per mancanza di interazione sociale avviene nel giro di (riempire le parentesi) mesi, verso un processo di popolarizzazione che ha, come effetto collaterale fortemente voluto, un proporzionale aumento del coefficiente di difficoltà concettuale. Ripensandoci accuratamente, era stato così già anche nel salto che aveva portato l’eruzione materica di “Beautiful Seizure” a stemperarsi nell’estro esotico di “Paperwork”: meno esteriorità palese, più lavorio interno su ingranaggi di carico/scarico incomprensibili dall’esterno. Oggi, lo stesso: finiscono riposte nel cassetto anche le ultime velleità crudamente “noise”, ricoperte ora da una sontuosa patina di arrangiamento “altro” che non dimezza i problemi ma, anzi, beefheartianamente, li moltiplica.

Su “Piñata”, man mano che avanzo con gli ascolti, mi rendo conto che si potrebbe scrivere un trattato. Un trattato di composizione, di metamorfosi, di adattamento, di vera e propria ingegneria musicale. Sarebbe interessante farlo, con qualche competenza in più, ma né il tempo né lo spazio ce lo permettono. Ed allora, sinteticamente: sebbene abbia sempre fatto schifo, nessuna etichetta più di art pop rende meglio l’idea dei volcano! versione 2012. Art, badate bene, non solo nella concezione vetusta di canzone ribaltata dall’alto verso il basso nel trionfo del surrealismo e della sperimentazione, ma anche nell’abilità teatrale di camuffare le proprie reali intenzioni dietro un’apparenza, formale, troppo facilmente distinguibile sin dal primo impatto, troppo diversa da quanto stato in passato. Malevolissima la title-track, che – trucco, mi ci gioco il conto in banca o ciò che ne rimane, coscientemente studiato – fa rimpiangere i volcano! del passato, con quel suo incedere bonario, placido, spruzzato di acidità sintetica nel refrain e strumentalmente coccolato dall’inizio alla fine. Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Le scaglie dell’anomalia penetrano a fondo, pian piano, senza passare per l’irruenza zappiana degli esordi: il che, a conti fatti, significa essere anche più zappiani del consueto. Accenti vocali su cui batte in controtempo la batteria, la chitarra scomposta in segmenti di sbozzato funk rugginoso, cambi di ritmo e rilassatezze, stonature e vuoti elettronici: e chi l’avrebbe mai individuata, questa miriade di dettagli?

I volcano!, insomma, sono sempre loro. Sempre più volcano!. Se lo meritano, questo nome, fino in fondo. Non si può provare altro che ammirazione nel constatare come la coerenza del trio inglese si consolidi, inviolabile ed imperforabile, di cambiamento in cambiamento. “Beautiful Seizure” sconvolse totalmente, all’epoca, le concezioni basilari che avevo della musica come organismo in sé stesso: “Piñata”, tanti anni dopo, tanti dischi assimilati in più, riesce ancora a stupirmi. “So Many Lemons” sembrano gli XTC a spasso nella savana omaggiati da Thom Yorke, con un andamento seghettato in 5/4 ed un riff di fondo che più math di così non si può. “Child Star” accenna timidamente alla voce come strepito ed isteria aggiuntiva, in ricordo dei tempi andati, ma il brano va poi in tutt’altra direzione, verso un complesso modellismo afro-wave che esplode in un grande momento orchestrale conclusivo, con la chitarra di With in solipsismo, a calcare sulle melodie cantate. “Fighter” raccoglie, dopo “Tension Loop”, l’importante eredità di “$40.000 Plus Interest” (sarà riuscito, poi, a restituire ‘sti soldi al college?), concertando uno spaccato di grande sospensione emotiva e minimizzando la pur riuscitissima controparte strumentale con un intenso tambureggiare ritmico, rigorosamente controllato nelle tentazioni di deflagrazione. E così via, all’infinito.

Piñata” è, almeno formalmente, un disco cantabile. Tutto vi verrà in mente, fuorché di cantarlo, in particolar modo quando vi appresterete a partire per la caccia al particolarismo. “Supply And Demand” riesce ad inoculare, in perfetti schemi da strofa/ritornello, pura anarchia timbrica e weirdismo sonoro, dove le chitarre stonano e armonizzano al contempo, la voce ringhia, latra e carezza, i sintetizzatori calano ombre dark e sparigliano gli umori verso coloratissimi andanti afrobeat. Ogni corsa è una nuova scoperta, come in “Long Gone”, fantastica cavalcata exotic-prog come le girandole degli Architecture In Helsinki periodo “In Case We Die” (bel periodo, quindi…) letteralmente silurata da un assolo (?) che è fil di ferro siderurgico, spericolato e dissonante, avvoltolato attorno agli sconnessi ritmi del brano. Come può non tornare il sorriso? Un po’ come in “Platebreaker”, che inizia quasi in medias res e fa riassaggiare, per via sintetica e nevrastenica, parte dei tizzoni della caldera di “Beautiful Seizure”.

Beautiful Seizure”, proprio. Che ce ne saremmo fatti di una sua pedissequa riproposizione, con un “Piñata” così formidabile sull’altro piatto della bilancia? Aspettiamo i volcano! nel 2015, per festeggiare con il botto il primo ciclo decennale di una favola già entrata nella leggenda.

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Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 9 voti.
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ciccio 8/10
motek 7/10
BC_U11 7/10
hiperwlt 6,5/10
REBBY 8/10

C Commenti

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Voltaire (ha votato 8 questo disco) alle 11:31 del 13 luglio 2012 ha scritto:

Guarda chi spunta di nuovo! Bene..

simone coacci alle 19:29 del 15 luglio 2012 ha scritto:

Pezzo strepitoso la title-track!

paolo gazzola (ha votato 8 questo disco) alle 20:26 del 15 luglio 2012 ha scritto:

In loop da un paio di settimane, la prima cosa certa è che non vinco il mappamondo. Ha ragione Marco, serve molto tempo per assimilarlo, anche se i tre sono diventati molto più diligenti e, ehm, ordinati. Al punto che all'inizio ho avuto l'impressione di un lavoro sì, al solito, schizofrenico e genialoide, ma stavolta forse un po' noioso. Mica vero, più si ascolta e più ci si meraviglia dei mille dettagli. Title track e Long Gone (i volcano! versione funk assomigliano misteriosamente ai Talking Heads...) per ora tra le preferite. Fighter forse la più bella canzone ascoltata quest'anno. Recensione al solito da fuoriclasse che condivido in tutto e per tutto. Stavolta, però, almeno un attimo ti sei distratto e un appunto riesco finalmente a fartelo: sono ammmericani!

Marco_Biasio, autore, alle 21:37 del 15 luglio 2012 ha scritto:

Hai ragione! Si vede che avevo in testa un mappamondo...

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 8:13 del 24 maggio 2013 ha scritto:

straquoto

Voltaire (ha votato 8 questo disco) alle 12:17 del 26 agosto 2012 ha scritto:

Secondo me migliore di Paperwork ma non ai livelli di Beatiful Seizure (disco unico. A volte quando lo riascolto rimango sorpreso dalla genialità del disco)..

Preso in pre order da quando mi è arrivato gira puntalmente ogni giorno sul turn table...