R Recensione

8/10

Aesop Rock

None Shall Pass

¡No pasarán!, come ebbe a dire Dolores Ibárruri (che alcuni ricorderanno soprattutto per essere nella toponomastica degli Offlaga Disco Pax) in un suo noto discorso in difesa della Repubbica Spagnola. Nessuno passerà. None shall pass.

Aesop Rock attraversa gli Stati Uniti da costa (New York) a costa (San Francisco, dove si è trasferito) per consegnare al mondo questo suo nuovo lavoro, denso scuro e negativo come da tradizione. Messo il piede nei trenta il nostro Ian Matthias Bavitz non mostra il minimo accenno di cedimento.

Occore però fare subito un'utile premessa: se non avete passato almeno un paio di anni della vostra vita in qualche sobborgo di qualche metropoli americana o se non avete l'intenzione di ascoltare questo disco almeno una cinquantina di volte, allora questo combattivo None Shall Pass perderà almeno il 57,3% (variabile di cinque punti percentuali a seconda dell'ascoltatore) della sua ragion d'essere, considerando che molti anglofoni sono tutt'ora intenti a farsi fondere le orecchie da questo magma di rime nell'illusorio tentativo di decifrare il groviglio di parole che AR riversa nel microfono. Rare impennate, nessun isterismo vocale, ma un incedere costante e inarrestabile e totalmente alieno alla messe hip hip che riempie di videoclip sempre uguali la scaletta di MTV.

Non che Bavitz sia una sorta di fenomeno oscuro o un profeta piombato sulla terra a redimerci dalla schiavitù del mercato: tre LP su Def Jux, un disco strumentale commissionato dalla Nike su misura per i suoi joggers, un seguito da vero divo underground, una linea di magliette e felpe a corredo dell'uscita di quest'ultimo lavoro e piazzate in bella mostra come avatar del suo myspace. AesRock va però apprezzato (e non solo nella cerchia hip hop) per la profondità che conserva nello snocciolare tutto un dizionario di parole, per la ricercatezza dei tessuti musicali che combinano beats solidissimi a notevoli trovate ritmiche, o alle invenzioni strumentali che scombinano il passo fermo della musica targata AR - e dove c'è spesso lo zampino del fidatissimo Blockhead -, per la volontà d'innovare ma di non tradire mai la naturale inclinazione hip hop e perciò la preminenza e l'urgenza dell'MCing. Se gradite anche per il suo sputare fiele con fare biblico ("On the day you were judged by the funhouse cast/ And I will rejoice in your fall from grace/ With a cane to the sky like none shall pass").

Ma soprattutto per un disco ch'è un monumento alla scena bianca della Grande Mela, che in gran parte vuol dire Def Jux: intervengono difatti El-P (co-fondatore della label oltre che dei Company Flow, altra colonna inamovibile dell'hip hop indipendente newyorkese) e i compagni di scuderia Rob Sonic e Cage. E il primo in uno dei vertici dell'album, che forse può suonare più suo che di Aes, ma quando i risultati raggiungo la vischiosa densità di Gun For The Whole Family non c'è da cavillare tanto. Abbiamo poi - in ordine sparso - il vortice storto di fiati alla Kid Koala a introdurre l'acido gorgo di Citronella, la cupa ed obliqua No City con tanto di citazione di William Shakespeare ("For want of a nail the shoe was lost...") e il suo avanzare da morto vivente tra gli sgocciolii delle tastiere e i violini sanguinanti, tra le sirene della polizia e le suonerie dei cellulari. Poi ancora Getaway Car - che rimane la mia preferita - in collaborazione con Cage e Breeze Brewin: scratch che stridono come i freni di una Plymouth Fury sull'asfalto del saliscendi di Frisco e un'epicità degna del miglior Dj Shadow.

E dopo una stranita pausa caffè in combutta col folksinger John Darnielle (ovvero Mr. Mountain Goats), è il turno di una ghost track semplicemente da applausi. Una chiusura che tenta la strada d'una più evidente sperimentazione, e sarebbe da impacchettare e spedire a quei fratellini chimici che si sono messi a flirtare coi gruppi più à la page in un mash-up di generi davvero indigesto per far loro capire che non c'è bisogno di questo o quellaltro ma basta un tizio sghembo di Bloomington che si sente Donna Summer o una semplice sporca scheletrica chitarra blues colorata di clapclap. E Aes riesce comunque nel miracolo di rimanere fedele alla propria idea musicale.

Davvero uno dei personaggi più solidi in circolazione.

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 3 voti.
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REBBY 5/10
Suicida 10/10

C Commenti

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Suicida (ha votato 10 questo disco) alle 10:50 del 8 novembre 2011 ha scritto:

Solo due voti su un disco del genere? Il rap è davvero sottovalutato su storia xD Beat "suonati" con cura meticolosa e un flow assassino che più nero non si può: Bavitz è il Clapton del sottobosco hip hop.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 18:40 del 8 novembre 2011 ha scritto:

Hai ragione in effetti. Basterebbe solo il brano finale con John Darnielle (Mountain Goats) per spingerlo alle soglie dell'eccellenza: "We don't need no walkie-talkie! No, no walkie talkie!".