R Recensione

8/10

Clutchy Hopkins

Walking Backwards

E va bene. Partecipiamo anche noi al giochino. La domanda è questa: “Who is Clutchy Hopkins?”. Se lo chiedono un po’ tutti, soprattutto i bloggers trendy, espressione priva di significato ma utile ad identificare quei signori che trascorrono le giornate in rete a caccia di news, tormentoni e fenomeni da postare nella loro paginetta.

I dati ufficiali raccontano un mare di simpatiche idiozie: Clutchy Hopkins sarebbe un nomade che ha imparato i ritmi del silenzio in Giappone, le relazioni tra musica e movimenti muscolari in India e l’uso delle percussioni in Africa. Dopo questo giro del mondo sarebbe poi tornato negli Stati Uniti e avrebbe lavorato come produttore e musicista in centinaia di pubblicazioni discografiche, comparendo sempre sotto falso nome. Attualmente, Hopkins vivrebbe in una caverna sotterranea nel mezzo del deserto del Mojave.

Di Clutchy Hopkins si parlò già due anni fa, quando uscì l’album d'esordio “The Life of Clutchy Hopkins”, composto da dodici brevi tracce senza titolo e distribuito in esclusiva in venticinque (!) negozi in tutto il mondo, con un bizzarro bonus cd allegato, nel quale alcune tracce strumentali di Hopkins venivano sovrapposte ad altrettanti a-cappella di MF Doom.

Tutto molto bello e interessante, ma stiamo evitando la domanda. Chi è questo Clutchy Hopkins? È inutile che proviate a digitare “Clutchy Hopkins” su Google: troverete solo pagine che si chiedono “Who is Clutchy Hopkins?”. Nient’altro. Neanche due righe su Wikipedia. Strano, per uno che ha già pubblicato almeno tre dischi: il già citato “The Life of Clutchy Hopkins” del 2006, “Peoples Market” del 2005 (a nome Clutchy Hopkins and Misled Children) e questo “Walking Backwards”.

Allora, probabilmente, Clutchy Hopkins non esiste.

Secondo alcuni Clutchy Hopkins sarebbe solo un alias dietro il quale sarebbero nascosti i Beasty Boys. In realtà l’unico collegamento risiederebbe nel fatto che due video presenti sul Myspace di Clutchy sarebbero opera del regista Spike Jonze. Un po’ poco. Più verosimile l’accostamento con D.j. Shadow, sia per le sonorità jazzy e downtempo che per l’approccio black dato ai brevi frammenti hip-hop e soul che caratterizzano “Walking Backwards”. Altri ancora, effettuando lunge e complesse indagini sui contatti presenti sul Myspace di Hopkins sostengono come questi sia in realtà il Dj Cut Chemist. Anche in questo caso qualche similitudine c’è, quanto meno per il sound old-style presente negli album di entrambi gli artisti.

Walking Backwards” è la colonna sonora dei film che Sergio Leone non può più dirigere, con quella volontà morriconiana di stupire ed incantare, con quella pienezza melodica stesa su semplicità ritmiche, con quella ricchezza nell’utilizzo degli strumenti più disparati (flauti, clarinetti, percussioni, chitarre, banjo, violini, xilofoni e molti strumenti auto-costruiti) al servizio del racconto, del corpo unico dell’opera.

Ci sono vaghi rimandi alla folktronica codificata da gente come Four Tet (“Sound of the ghost”), rari momenti cantati carichi di soul nero (“Love of a Woman”, cantata da Darondo, voce degli anni ’70 con una storia ancora più strana di quella di Hopkins stesso …), tracce di coolness-jazz adatte a cocktail-party per miliardari (“3rd element”), brevi mantra dub (“Para los Ninos”), hip-hop in battuta lenta sorretti da flauti e ottoni (“Horny Tickle”) oppure da chitarre (“Alla Oscar”, bellissima), digressioni funky morbide e psichedeliche (“Swat meet me at the corner”) e alcuni cedimenti esotici (“Last time for your mind”). C’è anche un pezzo straordinario, morbidamente percussivo, fatto di chitarre circolari e tesi sottofondi orchestrali: si intitola “Song for Wolfie”, e il dubbio è che il lupo del titolo (che ulula nel finale) sia proprio Clutchy.

Già, ma non abbiamo ancora risposto alla domanda. Chi è Clutchy Hopkins?

Secondo me, Clutchy Hopkins è Babbo Natale, e “Walking Backwards” è il mio regalo per il 2008.

Beh, caro vecchio ciccione rincoglionito, lasciatelo dire: quest’anno ci hai proprio azzeccato.

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Alessandro Pascale alle 14:43 del 22 dicembre 2008 ha scritto:

ahah splendido il finale

cmq sì il disco non è niente male e se ne è parlato molto in giro. A me non non mi ha preso del tutto nonostante ne abbia intravisto il valore in alcuni ascolti un pò troppo distratti. Non avevo idea cmq del mistero che aleggiava l'autore. Bravo Fabio, una ricerca ben accurata