R Recensione

8/10

Dargen D'Amico

Di Vizi Di Forma Virtù

Il rap per me è dire cose in cui non credi su una musica non tua (Dargen D’Amico)

L’ hip hop. Non come fine ma come mezzo. Se ne parlava un paio di settimane fa su queste colonne (vedi: The Streets). E l’Italia non fa eccezione: il rap “mogoliano” degli Amari, quello sperticato e camuffato del primo Bugo, quello da commedia all’italiana degli Inquilini, ad esempio.

Ma questo è un caso a parte. Dargen, al secolo Jacopo, D’amico se da un lato ha legami più solidi con la nobile arte dei quattro elementi (storico freestyler, militanza nelle Sacre Scuole, importante realtà della nuova scuola milanese, a fianco dei futuri Club Dogo, partecipazione a compilation di genere come Salvation Army parte 1), dall’altro se ne sta su un’isola tutta sua: troppo camaleontico e cosmopolita per essere solo un rapper (“faccio musica marginale/ perché sono nato emarginato/ sono troppo cerebrale/ per uscirne arricchito e celebrato”), troppo freak e foto fobico per essere pop (“ e se dico che scrivo perché sono un fallito/ diranno che voglio diventare un antidivo/ Kurt Cobain redivivo…”), troppo elettronico e sintetico per essere un cantautore (“non sarà un disco a cambiare il mondo/ e soprattutto non sarà il mio/ se non l’ha cambiato Dalla con Com’è profondo…”).

Il risultato è un kolossal senza precedenti, almeno nel nostro paese. Due volumi, 35 pezzi, sei produttori, addirittura. Un’arnia di musica elettronica che racchiude modanature dub, sciabolate electro-pop, armonie synth wave, scampoli di “spaghetti funk”, scrosci cyber dance alla Daft Punk,che veicola un’ imago mundis in cui la precarietà  - pandemia del nostro tempo, virus silenzioso di un occidente che si espande a vista d’occhio ben oltre il suo punto cardinale (“chi non vede non ha sete di conquista/ il possesso occidentale è limitato dalla vista”)- da sacrificio individuale diviene parabola cristologica, invocazione laica sempre in bilico fra salvezza e suicidio (in un interessante parallelismo sotteso con Amen dei Baustelle).

E poi c’è il Dargen poeta che intreccia verità e finzione (Pubblicittà), acidi flash sul presente (Low Cash, Il Cielo dei Ricchi) e candidi ricordi d’infanzia (Arrivi, Stai Scomodo, Te ne vai, Ci Ricamo Sopra, Al Meccano), riflessioni metalinguistiche sull’essenza e la tecnica della scrittura in metrica (Il Rap Per Me, La Divisione del Lavoro, Come l’Italia e San Marino), squarci d’umorismo surreale e slanci metafisici (Limitato Dal Poeta).

Un impetuoso e disarcionante rodeo in cui il flow metropolitano incontra la canzone d’autore ( nel solco dei grandi clochard della lirica, del cabaret esistenziale, da Piero Ciampi a Enzo Jannacci), il grottesco corteggia il ridicolo, il sublime il banale, la speranza la rassegnazione. Una coincidenza di opposti, un gioco di specchi in cui, fra immagini reali, divertissement concettuali, confessioni e fantasia, si riflette un’intera la generazione (Dargen, come chi vi scrive, è classe 1980) prigioniera dell’incertezza, costretta nella ragnatela di un futuro che “anche se dite no, so che si può”. Costretti a difendere giorno per giorno il nostro diritto di esistere, come scrisse tanti anni fa Luigi Tenco.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 12 voti.
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rael 7/10
REBBY 5/10
krikka 5/10
F-000 7/10
gull 8/10
Giz91 8/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 14:33 del 23 dicembre 2008 ha scritto:

Recuperato anche questo. E anche il precedente. Eccellenti. Non capisco perchè non abbia intasato le pagine della stampa musicale italiana.

loson alle 14:57 del 23 dicembre 2008 ha scritto:

Come no? Blow Up gli ha dedicato pure la copertina, se non è amore questo...

simone coacci, autore, alle 15:20 del 23 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

Mai quanto il mio però. Gli ho scritto non una ma due recensioni estasiate e ho segnalato il disco a tutti quelli che conosco. Se la prossima volta che lo vado a vedere dal vivo non mi offre da bere, sò cazzi sua! ahahahah

"Lo dici a me che nei pantoloni ho sghei/ solo quando quei/ pantaloni non sono i miei!"

Baldaduke (ha votato 9 questo disco) alle 15:41 del 23 dicembre 2008 ha scritto:

Ue Simo ma non era "il rap per me è dire cose che non credi su una musica non tua"? Grande recensione come sempre.

simone coacci, autore, alle 15:50 del 23 dicembre 2008 ha scritto:

Hai ragione. Quando ho scritto 'sta cosa non ero tanto in me. Ho sbagliato tutte le citazioni. Le altre le avevo fatte correggere. Questa m'è sfuggita. Imperdonabile. Vado a rompere le scatole a Doop, per porvi rimedio.

Wasted Jack (ha votato 10 questo disco) alle 0:50 del 24 dicembre 2008 ha scritto:

Grandissima recensione per la migliore sorpresa italiana di questo decennio

gull (ha votato 8 questo disco) alle 18:36 del 14 febbraio 2011 ha scritto:

Wow che tipo Dargen D'Amico.

Lo sto ascoltando in questi giorni e, pur non capendo nulla di rap, hip-hop e simili, mi piace davvero molto. La sua voce (o meglio, il suo modo di cantare, la sua particolare inflessione) mi emoziona molto. Poi attacca "quando decidi di farla finita non sono certo i soldi che ti attaccano alla vita, e non dirmi che mi stimi lo stesso che sono solo un pò solo e un pò depresso, la depressione che vivi è coi numeri negativi, io voglio lo zero e lo voglio adesso, lo spazio bianco ......" e sono brividi assoluti.

gull (ha votato 8 questo disco) alle 17:14 del 14 marzo 2011 ha scritto:

Ascoltato a fondo.

Lavoro mastodontico. Come sempre capita in questi casi, qualcosa di dispensabile c'è. Ma sono inezie rispetto alla massa immensa di pezzoni.

Gran bel sentire, davvero.

braian-ino (ha votato 10 questo disco) alle 19:00 del 7 gennaio 2013 ha scritto:

Un disco da portare ovunque.

Un disco difficile da digerire.

Spigoloso,maestoso e a differenza dell'80% dei dischi rap (e non solo), colto.