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R Recensione

9/10

Nas

Illmatic

1994.

Il mondo respira da poco la caduta dell'URSS e l'entrata in una nuova dimensione. Le cose sono cambiate: è finita un'era, quella della guerra fredda, quella delle tensioni politiche, quella della paura costante.

Le cose sono cambiate, è vero.

Ma nei ghetti di New York non se ne sono accorti.

Figli di una realtà abbandonata e razzista, i ragazzi nelle zone povere di New York conducono una vita di pericoli, stenti e tristezza.

Ma è ben noto quanto, dal letame, spesso nascano incredibili fiori.

Illmatic di Nas è un classico senza tempo, uno dei momenti più alti dell'hip hop e della musica in generale: la chiave artistica per comprendere con ampia velocità la realtà di un popolo. New York è rappresentata, in un grandissimo atto di poesia, nei suoi angoli più oscuri.

New York non è solo un agglomerato di palazzi, non è solo cinema, non è solo degrado: New York è uno stato della mente.

Così come Petrarca descriveva la poesia del Canzoniere come “una cosa da poco, un errore giovanile”, Nas inizia la sua odissea rivoluzionaria come un bambino che non sa pesare l'incredibile perfezione dei versi che sta per decantare:

"I don't know how to start this shit, yo” (Non ho idea di come cominciare questa merda, yo)

Il rapper si divincola su campionamenti tra il jazz e il funk perfettamente costruiti e, sopra la costanza di questi, racconta dei mostri in ogni angolo della città, del potere delle parole e del sapore di New York, il tutto con un flow metricamente incastrato come poche magie nella storia del genere. Ogni parola diventa emblema del movimento e classico nella sua massima espressione. Per un giovane ragazzo di quartiere, la realtà è il caos e non permette mai di abbassare la guardia. Il senso profondo dell'intero album è rinchiuso in tre dei versi più potenti mai scritti nella storia della musica, che appaiono prima del ritornello di N.Y. State of Mind (secondo brano in ordine di tracklist):

I never sleep, cause sleep is the cousin of death

Beyond the walls of intelligence, life is defined

I think of crime when I'm in a New York state of mind”

(Non dormo mai, perché il sonno è cugino della morte

Al di là dei muri dell'intelligenza, la vita è definita

Penso al crimine quando sono nello state mentale new yorkese)

Non c'è un momento dell'intera tracklist che non serva a porre delle basi per i futuri cliché del genere: ogni volta che in un album hip hop si sente parlare di rappresentanza lo si deve a un pezzo come Represent; le ricerche stilistiche nell'autocelebrazione di It ain't Hard to Tell (“Nas rap should be closed in a cell / it ain't hard to tell” / “Il rap di Nas dovrebbe essere rinchiuso in una cella/Non è difficile a dirsi”) sono ancora oggi probabilmente insuperabili; la forza con cui la mentalità del ghetto viene descritta nei versi (rappati da AZ) di Life's a Bitch (“And my mentality is, money orientated / I'm destined to live the dream for all my peeps who never made it” / ”La mia mentalità è orientata verso soldi / Sono destinato a vivere il sogno per tutta la mia gente che non ce l'ha mai fatta”) sono talmente iconici che lasciano intendere con rapidità perché l'intero movimento "doppia h" abbia raggiunto l'ossessione più assoluta verso soldi e mondanità.

Ogni brano è carico di rime dal sapore lirico unico che potrebbero essere interpretate e studiate per ore.

Nasty Nas è il poeta di New York e del ghetto: in Illmatic sono inscritti i punti cardinali  del movimento afroamericano degli anni '90 (nel suo momento più gangsta e ghetto di sempre) e di quello che li ha preceduti (attraverso il rapporto con il funk e il jazz nella costruzione dei beat).

Che Nas abbia rinchiuso anche il futuro nella forza di 10 brani come questi?

Ai posteri (e a voi ascoltatori) l'ardua sentenza.

V Voti

Voto degli utenti: 8,7/10 in media su 8 voti.
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fabfabfab 8,5/10
zagor 8/10

C Commenti

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Franz Bungaro (ha votato 9 questo disco) alle 14:48 del 11 dicembre 2014 ha scritto:

Uno dei dishi hip hop della categoria "fondamentali". Bene questa riscoperta dei classici del rap. Credo che quest'anno sia uscita un'edizione speciale per il ventennale, che non ho ancora ascoltato. Fondamentale. Bravo Gianluca! Adesso devi andare nella discussione del forum sull'Hip Hop e recensire tutti i dischi ivi citati! Daje!

johnpfl, autore, alle 19:18 del 12 dicembre 2014 ha scritto:

Grazie, passerò presto nella sezione!

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:27 del 12 dicembre 2014 ha scritto:

Un disco hip-hop forse per puristi del genere, rispetto ad altre uscite clamorose dell'epoca, ma non mancano i momenti notevoli. Su tutti, ovviamente, la fantastica New York State of Mind, feroce eppure traboccante di intelligenza e di commozione malcelate.

johnpfl, autore, alle 19:21 del 12 dicembre 2014 ha scritto:

Quando giudico un disco non guardo se è o meno per puristi. Come ho cercato di scrivere nella recensione, l'importanza storica dell'album è incredibile e anche il messaggio che trasporta. Quello per cui credo sia un capolavoro, al di là del fatto che non c'è rima buttata a caso o inferiore, è il fatto che ogni pezzo ha influenzato in maniera grandissima tutto ciò che c'è stato dopo. Da One love, diventata espressione diallettale nella scena, a The world is yours, canzone di speranza.

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 8:44 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

SI beh neanche io, dico solo che questo è hip-hop magari meno sfavillante e coraggioso di altri in termini di basi e di idee musicali (penso a Tribe Called Quest, Pubic Enemy etc...), ma resta un pugno nello stomaco per la combinazione di flow, testi e architettura complessiva. E ci sono diversi pezzi molto belli.

fabfabfab (ha votato 8,5 questo disco) alle 9:35 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

Bomba! Bravo Gianluca!

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 10:30 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

Gran disco, tutto perfetto: testi, il team di produttori ( su tutti Q-tip in "One Love"), la ritmica della voce che gioca coi silenzi, lo scenario da apocalisse urbana..... Jay-z gli deve anche le mutande.