Caparezza
Museica
Questo è lalbum che non vedi lora di sentire |
soprattutto tu che non vedi lora di dissentire!
In coda al museo della musica, leggo questo slogan a caratteri cubitali sotto un poster dal sapore daliniano.
Come sempre, le domande prima di entrare in un museo darte contemporanea, ma questa volta moltiplicate dalla combinazione arte + musica: sarà allaltezza? Che innovazioni proporrà?
La preview, Cover, mi aveva lasciato un retrogusto amaro, vedendo uninnovazione più nelle basi che nei testi, non eccezionali, e scivolati nel peccato di un facile ipercitazionismo.
Ora so di aver preso un gigantesco granchio (più dei Prodigy).
O Grande Capa, perdonami.
Canzone allentrata mi accoglie nel foyer di questo Guggenheim che lartista ha creato: frizzante, tagliente, ironica, è un manifesto surrealista di ciò che mi aspetterà in questa visita.
Faccio per andare a comprare un biglietto, ma Non me lo posso permettere; in questi tempi di crisi, larte subisce un ostracismo a favore dei beni primari.
Un benefattore mi paga lingresso, probabilmente è uno dei tanti Figli darte che non crea per paura di subire la sassaiola della critica, che lo accuserà sempre di vivere allombra del padre.
Prima sala, quadri di periodi e avanguardie differenti.
Mica Van Gogh è una comparazione serrata con la gioventù dei giorni nostri, dalla quale esce vincitore il pittore: troppi stereotipi rovinano le giovani menti. Per quanto parta da un assunto errato (molto probabilmente il pittore non era pazzo), resta uno dei picchi di Museica. In quanto a riferimenti, mi sento di comparare questa canzone a Comunque Dada e Giotto Beat, la cui formula è simile e costante.
Sono un po depistato, in architetture di questo tipo non si sa mai dove proseguire, perché non cè un vero e proprio percorso. Approdo a China Town, geniale prova di amalgama metrica, lirica e musicale. Va a braccetto, a livello tematico, con Kitaro.
Canzone a metà mi accoglie nellascensore tra un piano e laltro, uno stacco davvero brillante, per luso sperimentale di parole e giochi che a ogni riascolto si rivelano sempre in misura maggiore.
Giro langolo e mi ritrovo nella stanza del Guernica: Troppo politico, Sfogati (sfigato) e Fai da tela (con la collaborazione di un semi-naufragato Diego Perrone) sono la triade rivoluzionaria, il cuore pulsante dellesposizione. In effetti, questa sala pullula di ignoranti che si improvvisano critici darte, dando aria alla bocca.
Tiro fuori lo smartphone per fare una foto, ma mi rendo conto che È tardi: un avviso invita tutti i visitatori ad abbandonare la mostra.
Ancora frastornato dalla spirale psichedelica di visioni, mi avvio verso luscita con una canzone in sottofondo ma non Compro horror alla boutique onnipresente al termine delle installazioni, che vuole ricordare che larte oggigiorno altro non è che una forma di mercato.
So per certo di essermi perso qualcosa nel mentre, ma fa parte del gioco: in unopera così monumentale può capitare di perdersi dettagli strada facendo.
Un dubbio mi assale, e temo che Caparezza si sia preso gioco anche di me con le sue provocazioni, come ha fatto con "Le teste di Modì", io come un critico darte che si ritrovi a dover valutare un falso dautore.
Il sentore globale che percepisco a caldo è che Rezza Capa sia tuttaltro che passato di moda, e con questo concept ha svelato un nuovo, incredibile tassello del suo ingegno. In tempi di crisi per la musica e larte italiana in generale, si percepisce la ventata di innovazione che questo artista è in grado di donare ad ogni sua nuova opera, a discapito delletà avanzante.
Essendo un genere a parte, non posso che usare le sue stesse parole per descrivere questo processo dinvecchiamento:
Venghino, signori, che qui cè il vino buono!
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