Uochi Toki
Cuore, Amore, Errore, Disintegrazione
“Dai cerbiatto, fammi dire le mie stronzate da mago”
“Se qualcosa non vi è chiaro fate domande, non fate discorsi”
Dopo il boom di Libro audio gli Uochi Toki li si aspettava con ansia, perchè in fondo è uno di quei gruppi realmente geniali di cui ti fidi ciecamente, e ritieni impossibile che possano rifilarti una sòla. Quando però vieni a sapere che Napo e Rico hanno realizzato un concept-album sulle donne e sull'amore, è inevitabile che nello stomaco qualcosa cominci ad elaborare un leggero dubbio. Poi ascolti finalmente il fatidico Cuore, amore, errore, disintegrazione. Lo fai ripetutamente, due, tre, cinque volte, e alla fine un'idea te la fai, e cioè che stavolta gli Uochi Toki hanno pisciato un po' fuori dal vasino. Ovvio che il giudizio di fondo sul disco rimanga più che positivo, perchè la genialità intellettuale anarcoide e allo stesso tempo miracolosamente popolareggiante non si cancella da un giorno all'altro (soprattutto quando si continua a rimanere nel mondo dell'underground senza rischiare di “corrompersi” in programmi beceri come X-Factor).
Però è evidente che un bel passo indietro è stato fatto rispetto a Libro audio. Ok, forse quello era un qualcosa di troppo grosso per essere ripetuto, eppure l'impressione è che non solo non si sia riusciti a ribadire il perfetto connubio tra ricerca musicale e testuale, ma che proseguendo sulla logica del concept-album strutturato su pochi lunghi pezzi si sia persa anche quella freschezza e quella dinamicità che caratterizzavano i primi album. Me lo immagino in questo momento lo stesso Napo che si interroga ironicamente su cosa possa essere la freschezza in musica, ma francamente me ne sbatto, perché la verità è che questo album risulta troppo lungo (68 minuti per dieci brani), ridondante testualmente, spesso eccessivamente verboso e musicalmente assai meno eterogeneo e originale del solito.
Cominciamo da quest'ultimo punto: l'approccio scelto è molto più ancorato del solito ad un breakcore e hip-hop basato su campionamenti e suoni digitalizzati (di Rico) non sempre all'altezza di accompagnare virtuosamente e incisivamente il cantato (è questo il caso ad esempio del glitch quasi invisibile di Appena risalito dall'abisso), o incapaci di sfuggire da quell'elettronica “convulsa e frammentaria” spesso tinta di strutture industrial, ambientazioni noise e alienazioni robotiche. Ciò ovviamente non vuol dire che tale ricetta non dia luogo a momenti musicali notevoli, come ad esempio nelle esplosioni sonore orgiastiche che seguono il litigio con la ragazza del treno in Violando le conseguenza che la violazione dei sacri limiti tra due persone comporta... , o nell'eleganza degli accompagnamenti di Mi basta udire delle voci lontane per sentirmi a casa ovunque, .
In realtà gli unici momenti in cui si riesce a variare notevolmente il registro stilistico è quando compiono gli ospiti musicali del disco: il sitar di Alessio Bertucci (Claus and Candy) conferisce un'aura orientale e misticheggiante al brano Mi sveglio da straniero in un luogo mai visto prima, tuttavia, con il risultato di pervenire all'inedito risultato di una breakcore psichedelica.
Da inquadrare magistralmente però è soprattutto Gettandomi in ambigue immedesimazioni non richieste ma richieste, in cui il contrabbasso di Lucio Corenzi (Luther Blisset) e la batteria di Bruno Dorella (Ovo e Bachi da Pietra) si fiondano in percorsi free jazz lugubri e cupi in cui Rico si getta con sapienza aggiungendo un'effettistica perfetta. E' questa fase centrale del disco (le tracce 6 e 7) il momento più alto dell'opera, con una ventina di minuti (13 la prima, 8 la seconda) in cui si raggiungono apici di surrealismo verboso e sfacelo musicale. Sono questi i punti in cui il “mago” Napo riesce a raggiungere un livello narrativo e dialogico davvero visionario e sublime, tra sprazzi di sincera autoironia (“sparo solo cazzate per sostenere questa conversazione”), giudizi sociali tranchants su temi scottanti (“ci sono scelte che si fanno al di fuori della collettività, senza coscienza identitaria, senza tradizione rivoluzionaria, e l'aborto è una di queste”) e momenti di spettacolare ilarità (la lunga parentesi polemica sull'intuito femminile).
Elementi che si ritrovano ovviamente anche negli altri brani, anche se con una minore capacità d'impatto e in maniera più dispersa e casuale: Mi sveglio da straniero in un luogo mai visto prima, tuttavia, racconta di un viaggio a Lubiana e si fa ricordare soprattutto per il surreale abbordaggio ad una ragazza in inglese. Dato che per me è naturale trovarmi spaesato nei non-luoghi, sfotte le diciassettenni conformi di cui viene svolto un ritratto esemplare (“pantaloni, maglietta, capigliatura perfetta. Indistinguibile da un'altra. Uno stereotipo vivente viene al nostro cospetto!”) mentre Permettendomi artifici spontanei, e Dando origine al più incomprensibile dei mali si permettono di penetrare il campo religioso (la seconda in realtà in un'impostazione che comprende anche riflessioni metafisiche e teologiche spicciole) ridicolizzando la visione della Chiesa sulla diversità sessuale (“la persona omosessuale è un'invenzione cattolica che inscatolava dei comportamenti normali per gli essere umani per poter dare un'identità al male ed arrostire dei poveri cristi che oggi chiedono diritti come tutti”, da notare l'uso squisito della parola “cristi” nel contesto) o prendendo bellamente per il culo i testimoni di Geova (non è un caso che compaiano durante un tragico momento di sofferenza di una donna alle prese con il ciclo mestruale), smontandone i dogmi con facilità quasi imbarazzante (“tenere l'etica in un libro mi fa abbastanza schifo”, “fate proseliti spargendo ques'idea di male retorica e rudimentale”, “tutto ciò che rendo incompleto ora ha un nesso: Dio”).
Questo e molto altro offrono gli Uochi Toki con Cuore, amore, errore, disintegrazione, e c'è da sperare che il saluto finale (“siamo giunti al limite di questa cosa ma non al limite delle persone che ve la propongono”) sia veritiero, perché anche un disco incompiuto e imperfetto come questo resta uno di quei viaggi che valgono mille delle altre robe inutili che avete in mente di ascoltare nel resto della vostra giornata.
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