The Weeknd
House of Balloons
E' la voce l'unico piccolo ostacolo da superare, il timbro da teenager Mtvitiano di Abel Tesfaye (uno-tutto per The Weeknd) che, in seno a un vocoder in pompa magna, rischia inizialmente di farci perdere d'orecchio la materia prima di "House of Balloons", esordio del canadese. Abituati presto al timbro della voce questione di un paio d'ascolti ci accorgiamo che quella di Abel è un'entrata per nulla in punta di piedi in una scena sconfinata, peraltro già dominata nei suoi versanti minimal dal principe azzurro del dubstep James Blake. In questo universo di suoni e bozzetti fonetici più che di melodie vere e proprie, The Weeknd riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo, sostituendo alle nuove contaminazioni soul, terra di conquista di Blake quanto del prossimo Jamie Woon, altre più vicine all'r'n'b del sottosuolo e al dream-pop per campionamenti.
Quello che ci attende dietro ogni angolo, è bene dirlo prima, è una sequela di apostrofi sporche e paradigmi oscuri, fil rouge di monologhi verbosi (quasi mantrico il ritornello spendaccione di "The Morning") in cui vengono affrontate esplicitamente questioni di sesso, droga e oscenità varie. Ma è una centrifuga di porcherie che non vede alcuna sfacciataggine o arroganza di sorta, piuttosto un descrittivismo quasi cronistico alle grazie di un vivissimo affresco notturno-metropolitano. E nel mezzo, dentro e fuori, sono le basi elettroniche a incoronare l'album, tra tonfi metallici che frammentano battiti lontani in segmenti lenti e pesanti, tutti immersi in uno spettacolo testuale a luci rosse ("High For This"), tenebrose ballate costruite su pochi ipnotici accordi di chitarra ("Wicked Games") e carillion dub-r'n'b che fondono insieme le atmosfere deep di Dj Sprinkles e la coralità pulsante di Burial ("What You Need").
I capolavori di turno non tardano ad arrivare, e portano con sè una scia di citazioni incantevoli: dai Beach House della splendida "Master of None" ("The Party And The After Party"), diviso simmetricamente tra un'agitazione danceable iniziale e la stanca sovrapposizione ritmico-vocale che segue, ai Siouxsie And The Banshees di "Happy House" ("House Of Balloons - Glass Table Girls"), perla prima per The Weeknd, e anch'essa separata idealmente in una prima parte di missaggio dei samples e una seconda dominata da poliritmie ossessive e un'alternanza tra voce gutturale e bianca. Finito il tour tra case d'ogni tipo, comincia a girare il vortice della catatonia attraverso voci spezzate e distorsioni dream ("Coming Down"), drum kit dentellati in ripetizione e riff sonnecchianti ("The Morning"). "Sogno o son desto" poco importa, non si fa in tempo a stabilizzare le percezioni che già The Weeknd ci cattura per l'ennesima volta con un r'n'b movimentato e frastagliatissimo, poi assorbito a sua volta in un downtempo acquoso e deforme che omaggia ancora i Beach House, questa volta di "Gila", e che sul finire culla ogni vibrazione nel liquido amniotico ("Loft Music").
E' così che capita d'imbattersi in un disco davvero notevole, che applica la qualità delle idee alla quantità degli intenti, e che sorprende non tanto per la cura dei dettagli o per la ricerca di un affascinante mix sui generi(s) in dubstep-credo, quanto perché emozionante e pieno di una passione senza freni. La strada per il capolavoro è spianata.
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