99 Posse
Cattivi Guagliuni
Dopo dieci anni di assenza, i 99 Posse hanno sentito lesigenza di tornare a raccontare il nostro paese da un punto di vista diverso da quello che quotidianamente ci raccontano i grandi mezzi di comunicazione. Prima una serie di concerti, poi il ritrovarsi insieme in sala di registrazione e scoprire di avere ancora molte cose in comune, e molte cose da dire. Il risultato è questo Cattivi Guagliuni, un disco in cui cè molto dellItalia di questi ultimi dieci anni.
Un disco che colpisce per la solita grande capacità di Luca Zulu Persico di giocare con le parole, e la sua abilità tecnica nel rappare, ma che soprattutto sorprende per le scelte musicali, evidenziate da subito dal brano di apertura, University of Secondigliano, brano molto fresco, con suoni nuovi e molta elettronica, e un bel featuring di Clementino, uno dei nomi più interessanti della nuova scena rap italiana. Chi si aspettava un ritorno al passato, ai tempi di Curre curre guaglio rimarrà sorpreso. Sorpreso ma non deluso. Questi sono dei 99 Posse nuovi, attuali, dal forte impatto sonoro, e che in perfetto stile rap rivendicano la loro appartenenza.
Lelettronica domina in molti brani del disco, come nella tirata Vilipendio, che nasce dai continui processi subiti dalla band, da cui sono sempre usciti con lassoluzione, e in Confusione Totale. In alcuni casi, i brani tendono addirittura a trasformarsi: Mo basta corre ai mille allora, diventando un hard dance che sconfina con la techno, mentre in Antifa 2.0 sembra quasi di arrivare al jazz rock. Anche qui, per i suoni non si potrebbe essere più lontani dai canoni classici del rap italiano di oggi.
Suoni perfetti e convincenti anche quando il ritmo rallenta, come nelle ballate Cattivi Guagliuni (che gode di un video provocatorio ed estremo, scritto e diretto dal grande regista Abel Ferrara) e Morire tutti i giorni, con lapporto di Daniele Sepe (clarino e flauto) e di Valerio Jovine alla voce.
E sempre presente anche lanima più raggamuffin, e la troviamo nel racconto autobiografico di Canto pe dispietto dove i suoni mediterranei della Nuova Compagnia di Canto Popolare si incrociano a quelli elettronici, nel reggae veloce di Tarantelle pe campà, con il featuring di Caparezza, per un brano che parla di Mirafiori e Termini Imerese, quanto di più attuale ci possa essere, e nella finale Penso che non me ne andrò, ospiti ancora Jovine e un ritrovato Speaker Cenzou.
Come sempre i testi colpiscono sui punti dolenti del nostro paese: la precarietà nel quasi rock de La paranza di San Precario, gli scontri di Genova e la morte di Carlo Giuliani in Mai più sarò saggio (non è certo il primo brano scritto sul tema, anzi, lennesimo di una lunga serie, ma sicuramente molto intenso e sentito, che tocca vertici lirici inaspettati), lamara vicenda di Vittorio Arrigoni nella recitata Resto Umano, omaggio al cooperante italiano ucciso in Palestina, che compare con tanto di voce campionata, i 150 anni dellunità del nostro paese in Italia Spa, lironia feroce sullopposizione politica allitaliana in Yes Weekend.
Un lavoro senza dubbio molto coraggioso per i suoni, ancora più che per i testi, come sempre molto combattivi e diretti, con cui i 99 Posse ci raccontano di un paese in cui gli eroi sono la parte debole della società, gli operai di Termini Imerese, i lavoratori precari, i ragazzini che vivono nei quartieri dove è più forte il disagio sociale (come si fa a ritagliare un angolo di felicità in mezzo a questa miseria), i cooperanti che rischiano (e a volte, purtroppo, perdono) la vita in Palestina. Un gran bel ritorno, di cui in effetti si sentiva il bisogno.
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