Frankie HI-NRG MC
Verba manent
La critica musicale italiana, fondamentalmente, si divide quasi sempre in due filoni quando si tratta di recensire un prodotto nostrano: da una parte cè chi tende a disprezzare qualsiasi cosa provenga dal Bel Paese, con la convinzione che lerba del vicino sia sempre più verde, colto da uninguaribile forma di esterofilia; dallaltra abbiamo chi spinge a più non posso la band/artista di turno vedendolo come il salvatore del panorama musicale nazionale, spesso sopravvalutando il tutto. Il terzo filone esiste, e teoricamente sarebbe il migliore da seguire: giudicare un prodotto per quello che è, indipendentemente da chi lo rilascia e da dove proviene, anche se tutto ciò spesso e volentieri non collima perfettamente con le preferenze e il gusto di chi batte le dita sulla tastiera del pc e ha il compito di dire la sua sul disco di turno. Questalbum di Frankie HI-NRG, è il genere di disco capace di far accapponare la pelle a quelli del primo filone, esaltare quelli del secondo, e compiacere quelli del terzo.
Il disco in questione è bello perché piace (come direbbe il buon Immanuel Kant), e soprattutto perché frutto di un terreno musicale da sempre arido in Italia. Prima di Verba Manent lhip hop italiano non aveva mai trovato la propria bussola, sia per mancanza di veri talenti, sia perché lo sguardo era sempre rivolto allAmerica dove in quel periodo iniziava a prendere forma la faida tra East e West Coast. I due album imprescindibili di quegli anni erano sicuramente Doggystyle (1993) di Snoop Dogg, e The Chronic (1992) del futuro magnate del rap mondiale, Dr.Dre.
Il colpo di genio di Frankie vede la luce proprio a cavallo tra queste due pietre miliari. Verba Volant Scripta Manent. Le parole volano, gli scritti restano. Verba Manent. Le parole restano. Già dal titolo, creato con un semplice gioco di parole di un famoso proverbio latino, Frankie HI-NRG esprime un concetto tagliente come la lama di un rasoio: anche la parola, da tanti vista come qualcosa di vaporoso, che va scomparendo già un secondo dopo essere pronunciata, ha il suo valore. Eccome se ce lha. Lintero album è unode alla parola, vista come un formidabile e devastante mezzo comunicativo sociale.
Entro è linizio: uno skit composto da una voce che chiarisce sin da subito la natura del disco, e cioè un documento. Si ha la sensazione di salire su una nave, e di affrontare un viaggio breve ma quanto mai burrascoso e pieno di onde alte e pericolose. I 51 minuti di navigazione scorrono rapidissimi: in Faccio la mia cosa il rapper parla del suo concetto di musica, un pugno nellocchio verso i soliti sapientoni che criticano a priori lentrata nel mainstream, vista da Frankie come una concreta possibilità di render piu' accessibile il messaggio al largo pubblico, a quell'utenza in astinenza di concetti costruttivi la cui assenza crea effetti negativi. Il sound del disco è molto sobrio, coadiuvato dal preciso e mai banale, per quanto a tratti semplicistico lavoro di Dj Stile, e confrontato ai lavori degli MC moderni, infarciti di synth e basi tamarre, sembra passata uneternità.
E invece era solo il 1993. I temi dellalbum sono duri e diretti, e la vera fortuna di Verba Manent è sicuramente questa: testi che arrivano allo stomaco senza filtro alcuno, il tempo di assimilare il tutto non cè, è una scarica diretta di fulmini a ciel sereno: Fight da faida, col tempo diventato uno dei cavalli di battaglia di Frankie, è una cruda quanto reale denuncia verso il sistema corrotto mosso come una qualsiasi marionetta dalla piovra mafiosa e camorristica: è la vigilia di una rivoluzione/ alla voce del Padrino, ma don Vito Corleone oggi è molto più vicino/ sta seduto in Parlamento!, il tutto accompagnato dal particolarissimo suono del marranzano, uno scacciapensieri.
Come detto in precedenza la forza dellalbum è tutta nei testi, e Frankie con le parole è uno che ci sa davvero fare. Il fulcro e significato dellintera fatica studio è riassumibile nella dodicesima traccia Potere alla parola, in cui a sorpresa troviamo anche un campionamento del brano Elephant Talk dei King Crimson : il silenzio è dei perdenti/ muti e sorridenti/ immunodeficienti agli attacchi dei potenti.
Chiarissimo, no? Libri di sangue (di cui è presente anche una versione remix nella terzultima traccia) è lennesimo tema scottante tra sfruttamento delle donne e razzismo, nel quale troviamo anche una citazione su Rodney King, tassista afroamericano passato alle cronache del 1991 per essere stato pestato da alcuni agenti di polizia dopo essere stato fermato per eccesso di velocità, e colpevole del crimine di esser nato nero nella buia capitale dell'impero del denaro. La canzone è preceduta da Il bianco e nero, che contiene un discorso contro il razzismo del presidente Sandro Pertini.
Lalbum è da considerare assolutamente una pietra miliare del genere, sia perché in Italia ancora oggi è difficile trovare album di una certa caratura, con testi tanto sofisticati ma allo stesso tempo concisi. In più, Verba Manent anticipa di ben tre anni il capolavoro dei Colle der Fomento Odio Pieno, e di sei anni Dio Lodato, album di un altro grandissimo come Joe Cassano. Come detto in precedenza, paragonare un album del genere ai lavori dellhip hop moderno è riduttivo quanto inutile: nel lavoro di Frankie non cè spazio per storielle su sparatorie tra gangster, donne facili e collane doro, che invece tanta fortuna trovano nei testi dei vari Club Dogo (tranne negli ottimi Penna Capitale e Mi Fist), Marracash, e chi più ne ha più ne metta.
Cè spazio solo per il ritratto di una società vista sullorlo di un inevitabile collasso, ma che può salvarsi solo con la forza dellinformazione e della parola, vista come un essere invincibile, se solo si vuole. Quattro anni dopo arriverà il successo grazie al singolo Quelli che benpensano, lennesima denuncia sociale del rapper torinese, contenuta nellottimo la La morte dei miracoli, ma lo splendido percorso e lintoccabile qualità di Verba Manent non vedranno più seguito. Il disco conclude il suo giro con lultimo skit Esco, dove viene mandata in loop la frase mi sembra daver capito che tra dieci secondi avremo il silenzio proprio a farci comprendere che il viaggio è finito, ed è ora di scendere dalla nave. Ma dopo un viaggio del genere, proprio come un capitano innamorato del suo veliero, non si scende più, almeno con la mente.
Tweet